A forza di ripetercelo cominciamo ad esserne consapevoli: la
gioventù vuol dire precarietà. Per la scuola, per il lavoro, per l'amore, per
l'alloggio, per la condizione economica, per l’identità, per ogni cosa, in
tutto e per tutto, siamo "precari". Vale a dire, non proprio finiti,
stabilizzati, tranquilli, sicuri. Una specie di fiammifero in una bufera di neve.
E dunque, è per questo che ci compatiscono, ed è in nome di questa decretata
fragilità che parliamo, che prendiamo le nostre difese: con un po' di fortuna e
fatica, dovremmo avere, un giorno il privilegio di diventare adulti, integrati,
lavoratori soddisfatti.
Ed è vero che in un certo modo, siamo fragili, manipolabili,
sfruttabili. A scuola, in realtà non ci hanno insegnato a difenderci, ancor
meno a combattere da soli. Quello che ci hanno insegnato è preparaci a
raccogliere merda tutta la vita col cucchiaino, una vita con le sue piccole
rassegnazioni, i suoi chili di sogni infranti, la sua crudele mancanza di
destino. È vero che molti versano in condizioni precarie. Ma per essere onesti,
la "vita normale" che ci fanno intravedere è tanto entusiasmante quanto
una nuova versione del film Visitatori.
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Siamo davvero al centro di questo paradosso: è perché non
siamo molto per questa società che siamo in qualche modo liberati da essa. Non
abbiamo scommesso una lira su questo mondo, allora non abbiamo bisogno di fare
lo struzzo mentre esso affonda. Se ci pensate: non lottiamo contro la
precarietà, ma a partire dalla precarietà.
Quindi bisognerà dire a tutte queste persone che si
preoccupano di noi o per noi: non abbiamo paura del futuro, è il vostro futuro
che ha paura di noi. Non abbiamo paura della strada, del cambiamento, della
rivolta. Non abbiamo paura di perdere il nostro lavoro o i nostri riferimenti,
i nostri privilegi e il nostro piccolo conforto. Ce ne freghiamo completamente
del vostro mondo, quello che vogliamo è tentare qualcosa, qualcosa di nuovo,
inaudito, inverosimile. E voi non ci farete credere che il risultato potrebbe
essere peggiore del merdaio che ci avete lasciato. "Ma che cosa
proponete?” Ficcatevi al culo questa domanda. Per voi, dovremmo essere non solo
giovani e stupidi, ma anche “giovani con le proposte”. La vita non è un video
per le presidenziali non proponiamo nulla, invitiamo allo sconvolgimento, al
sollevamento, all'insurrezione. Di idee ne abbiamo e ne avremo, e ciò casca a
fagiolo perché morirete ben prima di noi
La questione non è di avere 16, 30 o 77 anni. Dobbiamo
smettere di credere che la gioventù è una fase di transizione. Non si è giovani
e poi, in seguito, vecchi. Non si è vecchi perché si è stati giovani. La
gioventù è l'opposto del lasciarsi andare: è partire all'assalto del mondo,
compreso quando si tratta di rovesciarlo.
La legge El Khomri è forse un pretesto – il pretesto che ci
mancava - per scendere in strada, occupando gli edifici pubblici, incontrarci e
decidere insieme. Sappiamo tutti che se non lo facciamo ora, se manchiamo di
audacia e coraggio, il ritorno alla normalità sarà ancora più brutale: la vita
di merda e le elezioni 2017 di merda. Cerchiamo meno di produrre un movimento
di giovani che di pensare la gioventù del movimento. Vale a dire, dargli la
possibilità di non essere quello che i movimenti precedenti erano. Permettergli
di essere imprevedibile. Diamogli l'opportunità di non ripetere ciò che la
generazione precedente ha fatto. Miriamo alla rivolta. Dai 7 ai 77 anni.
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