martedì 22 agosto 2017

Libertà per i compagni in carcere per il G20 di Amburgo - lettera dal carcere di un compagno francese

NoG20 Hamburg:


Riportiamo questa corrispondenza da uno dei circa 30 internazionali ancora in carcere senza processo per i fatti del G20 di inizio luglio. Gli italiani in stato di reclusione sono ancora cinque.


AMBURGO ESTATE 2017: CI SONO, CI RESTO!
Lettera di un detenuto del G20 del giorno 14.08.2017,
dal carcere di Billwerder ad Amburgo.
È passato quasi un mese e mezzo da quando sono stato arrestato durante il dodicesimo vertice del G20, ad Amburgo, in una città assediata e presa in ostaggio dalle forze dell'ordine, ma che ha anche visto nascere per l'occasione una contestazione locale e popolare molto importante.
Decine di migliaia di persone, se non di più, affluendo da tutta l'Europa, se non da più lontano, si sono incontrate, organizzate e si sono trovate insieme a discutere, sfilare per più giorni in un grande slancio di solidarietà e coscienti di poter subire in ogni momento la violenza e la repressione della polizia. Per l'occasione è stato costruito, addirittura, un immenso tribunale di polizia, in un prefabbricato, allo scopo di sanzionare nel più breve tempo possibile ogni tipo di contestazione contro questo vertice internazionale.
Il mio arresto, come quello di molti/e compagni/e, si basa solo sulla sacrosanta parola della polizia, quella di una brigata addestrata per infiltrarsi, osservare e pedinare "le sue prede" (quarantacinque minuti nel mio caso, per un supposto lancio di oggetti), finché una volta isolate, trovano la possibilità di arrestarle mandando colleghi che intervengono velocemente, violentemente, senza lasciare nessuna scappatoia.
Eccomi quindi rinchiuso in questo luogo primordiale per il buon funzionamento di un ordine sociale globale, utilizzato come strumento di controllo e di gestione della miseria, essenziale per il mantenimento della loro "pace sociale". Il carcere agisce come spada di Damocle al di sopra di ogni individuo cosicché sia pietrificato davanti all'idea di trasgredire le regole e al diktat di un ordine stabilito "metro, lavoro, consuma, dormi", al quale nessun dominato dovrebbe sfuggire per così essere alienato dalla propria vita, sempre in orario, senza mai battere ciglio. Così anche durante il secondo turno delle presidenziali, nel corso delle quali si aspettavano da noi che stessimo "En Marche" oppure che morissimo, preferibilmente in maniera lenta e silenziosa.
Il diritto non avendo vocazione ad assicurare il bene generale e nemmeno a essere neutro è l'espressione di una dominazione sempre più aggressiva, istituita dai potenti per garantire loro proprietà e sicurezza e quindi paralizzare, sanzionare, emarginare chi non vede le cose allo stesso modo o chi non si piega.
Al di là dei casi di militanti/e detenuti/e, in genere abbastanza sostenuti/e e messi/e in primo piano in queste situazioni, perdurano anche e sopratutto i casi di uomini e donne abbandonati/e alla brutalità e alla crudeltà della reclusione carceraria.
Qui il lavoro è retribuito un euro all'ora, di cui la metà è percepibile solo una volta liberati/e. Nella mia sezione i detenuti in detenzione provvisoria o per pene brevi (dai sei mesi ai quattro anni) sono principalmente rinchiusi per un motivo solo: la loro condizione e origine sociale. A parte il personale, pochissimi provengono dal paese ospite, tutti sono stranieri, rifugiati e/o precari, poveri, indeboliti dalla vita. Il loro crimine: non sottomettersi alle "loro" regole del gioco, nella maggioranza dei casi rivolgendosi alla vendita di stupefacenti o commettendo scippi, truffe, in solitaria o in gruppi organizzati a diversi livelli.
La reclusione è un pilastro primordiale di questo sistema e non si può criticarla senza attaccare la società che la produce. Il carcere, non funzionando in autarchia, è il tassello perfetto di una società basata sullo sfruttamento, la dominazione e la divisione sotto svariate forme.
"Il lavoro e la prigione sono due pilastri essenziali del controllo sociale, il lavoro essendo la migliore delle polizie e il reinserimento, un ricatto permanente."
Un pensiero per i compagni/e italiani/e colpiti/e da un'ennesima ondata repressiva, in particolare agli imputati nell'indagine sull'"ordigno esplosivo" innescato davanti a una libreria legata a Casapound. L'estrema destra così utile e complementare agli Stati che si nutrono delle sue aspirazioni, dei suoi deliri securitari e dell'incessante stigma dello "straniero" deve essere affrontata con una risposta organizzata, popolare e offensiva.
Un pensiero anche ai compagni che a settembre affronteranno il processo relativo all’episodio avvenuto il diciotto maggio dello scorso anno in cui una macchina degli sbirri è stata bruciata, a Parigi, durante il movimento sociale contro la "loi travail". Molte persone sono passate dal carcere e tuttora due sono ancora dentro. Forza a loro!
Ringraziamenti ai compagni di qui che a volte organizzano presidi davanti al nostro carcere, iniziative molto apprezzate, che spezzano la routine e lo stato di letargia al quale siamo costretti. Ringraziamenti anche a tutti/e quelli/e che, da vicino o da lontano, ci sostengono.
Per i Bro’, 161, MFC, OVBT, jeunes sauvages, quelli che BLF e altri/e amic(he)i...
Compagni, forza !
Liberiamo i/le detenuti/e del G20 e tutti/e gli/le altri/e!
Non siamo soli!
Un detenuto tra tanti altri,

Carcere di Billwerder, Amburgo.
14.08.2017

giovedì 17 agosto 2017

LA REPRESSONE DI QUESTO STATO NON FERMERA' LA GIUSTA RIBELLIONE CONTRO LA VETRINA DELL'IMPERIALISMO - FOGLI DI VIA POST G7 DI TAORMINA



Sono in arrivo i primi fogli di via dal Comune di Taormina e da quello di Giardini Naxos a seguito della manifestazione contro il G7 tenutasi proprio a Taormina il 27 Maggio.
Sono compagni e compagne di Palermo i primi a ricevere le notifiche che vietano agli interessati di recarsi, per i prossimi due anni, nelle località che hanno ospitato il vertice dei sette capi di Stato e di Governo più influenti al mondo.

venerdì 11 agosto 2017

MARIA E' LIBERA! ORA LIBERI ANCHE TUTTI GLI ALTRI ARRESTATI AL G20 DI AMBURGO!

G20 Hamburg: Maria è libera

È di poco fa la notizia ufficiale della liberazione di Maria Rocco, detenuta da un mese nel carcere di Billwerder ed arrestata nel corso delle mobilitazioni contro il G20 tenutosi ad Amburgo.


Nell’unirci alla sua gioia, a quella dei suoi compagn* e dei suoi familiari, continuiamo a chiedere con forza la liberazione degli altri 5 italiani e delle altre persone ancora detenute!

giovedì 10 agosto 2017

Verso il G7 di Torino, venendo da Taormina, passando per Amburgo


Anche in Russia iniziative per la libertà dei compagni arrestati al G20 di Amburgo



. À Moscou, une manifestation sauvage a eu lieu devant le Centre allemand des visas. Des rassemblements ont également eu lieu à Moscou devant l’ambassade l’ambassade allemande et à Kaliningrad devant le consulat allemand. Des tags ont été peints à Moscou, Saint-Pétersbourg, Naberezhny Chelny, Chelyabinsk et Irkoutsk. D’autres initiatives solidaires ont eu lieu à Moscou,

Devant le Centre allemand des visas à M

martedì 1 agosto 2017

G20 Amburgo - 《Il sistema rinchiude i nostri corpi, non i nostri cuori》. La lettera di Federico ai detenuti di Amburgo

Osservatorio sulla repressione


Due anni fa, Federico Annibale è stato trattenuto due mesi e mezzo nel carcere di Francoforte, dopo le proteste contro la Bce. Oggi scrive a Alessandro, Emiliano, Orazio, Maria, Fabio e Riccardo detenuti ad Amburgo.
Cari Compagn*, cari Alessandro, Emiliano, Orazio, Maria, Fabio e Riccardo vi scrivo perché so benissimo quello che state provando.
La bruttezza della faccia del secondino che ti chiude la porta in faccia, l’insipidezza di quello che lì in carcere chiamano cibo, la freddezza delle luci dei corridoi, bianche, tristi, una merda, i passi che rimbombano sui muri quando si viene scortati dalle guardie, le lunghe attese chiusi in tristi stanzini, in attesa di essere interrogati, perquisiti, brutalizzati nell’anima.
Lo so bene perché il carcere di Francoforte, più di due anni fa, mi ha trattenuto per due mesi e mezzo dentro le sue anguste e grigie mura.

Come voi, una chiamata europea aveva spinto le nostre anime battagliere a tornare sulle strade, a ribadire ancora una volta, come se ce ne fosse ancora bisogno, che qualcosa nell’ingranaggio del capitalismo, specialmente nella sua forma più recente, più diabolica, il neoliberismo globalizzato, sta andando dannatamente storta; che pochi gozzovigliano, ingrassando ventri farciti d’ingiustizia e tanti smagriscono tagliuzzati dalla forbice sociale.

Non so bene quello che avete fatto, non se avete partecipato alla sommossa, se siete innocenti, colpevoli, vittime d’ingiustizia. Onestamente m’interessa poco, perché lo Stato che vi ha messo dentro, per molti di noi, non ha alcuna autorità nel tenervi dentro. Si è appropriato della parola giustizia, l’ha acquistata semplicemente con le armi ed il denaro ed oggi forte di questa ingiustizia, vi giudica.
Si preferisce mettere in prigione, piuttosto che ascoltare voci di protesta che da troppo tempo silevano e non s’ascoltano.

Ma voi la vedete la giustizia lì, in quella merda squadrata che è il carcere? Avete l’impressione che l’autorità che ha deciso di mettervi dentro detenga il sacro senso di giustizia per farlo?

Io ricordo quel rumeno che avevano messo dentro per aver rubato una bicicletta, e poi rilasciato un mese e mezzo dopo perché in effetti era il legittimo proprietario della bicicletta.
Ricordo Fatuk, quel marocchino che era dentro per furto, e che continuava a dirmi “Fratello, ma io sono qui dentro perché non ho mai potuto studiare, e perché quel giorno non potevo far altro che rubare”!
Ricordo Angelo, che era dentro perché gli avevano offerto soldi facili, la camorra; gli avevano offerto un lavoretto semplice, doveva solo andare a “ritirare” una macchina a noleggio in Germania, e poi portarla in Italia. Lui lo aveva fatto: “Perché dovevo pagare la piggione Frate, erano 2 mesi che non trovavo lavoro, che dovevo fare?”, ma poi le cose per i poveri cristi vanno sempre storte: il piccolo pesce viene messo dentro, e lo squalo se ne scappa tranquillo.
Ricordo Alexis che era dentro perché era gay, e non è facile essere omosessuale nel nostro mondo, non è facile stare in silenzio di fronte a chi t’insulta per la tua scelta sessuale, e lui aveva picchiato un tizio alla stazione che lo aveva insultato, e così era finito dentro, aveva perso il lavoro, ed aveva provato il suicidio.
Quando io parlavo con tutti loro, non riuscivo a capire cosa fosse la giustizia, come poter credere nel senso di giustizia. Sentivo solo le tristi storie, vedevo le loro lacrime, intercettavo il loro sgomento, la ritmica ansia che li portava con la testa a correre verso il processo. Il dolore che ho condiviso con la gente dentro le carceri, è stato più forte di qualunque senso di giustizia.

Però cari fratelli e sorelle, la rivoluzione non è un pranzo di gala, giusto? Non potete aspettarvi che il sistema che combattiamo con tanto ardore non tenti con tutti i modi di arrestare, ammanettare, rinchiudere il nostro desiderio di ribellione, di costruzione di una società diversa. È sempre lì che ci segue come un cane, sente il nostro odore, e quando può, con qualunque mezzo, è pronto ad azzannare, l’infame. È la nostra sofferenza la sua soddisfazione, il suo ossigeno, è il nostro annichilimento la sua sbobba quotidiana, sono le nostre lacrime la sua acqua.

Non potete farlo vincere due volte. Ha rinchiuso i nostri corpi, ma non potrà, non dovrà, rinchiudere i nostri cuori; fateli vagare, uscire fuori, fateli insinuare fra quelle sbarre, fateli respirare all’aria aperte; perché prima o poi uscirete compagn* e riderete della loro oppressione, della loro malvagità. Perché se due anni fa era Francoforte, e prima ancora Genova, e prima ancora Seattle, la battaglia allora non si ferma, non s’arresta. Stanno provando con ogni mezzo “legale”, “procedurale” a bloccare il dissenso nelle strade; la paura fa diventare l’animale ancora più pericoloso, che reagisce maldestro, rabbioso, come quest’autorità che vi giudica.

È vero, il carcere è una merda, il posto della non-vita, dell’attesa che qualcuno scelga per te le carte del tuo destino.

Ma voi o siete forti o siete forti. Se sbattete la testa contro le mura del carcere, sarete voi a spaccarvi il cranio; prendete quello che state vivendo, fatelo entrare dentro di voi, guardatelo in faccia e ditegli chiaro e tondo: “Noi non molliamo un cazzo!”. E allora sarà lui che avrà paura. Prendete la merda che state vivendo, e come un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia, trasformatela in orgogliosa lotta alla sopravvivenza carceraria.

Fratelli e Sorelle dal carcere s’impara molto, si tocca l’ingiustizia, che non è più una parola sentita, origliata, letta, ma è veramente vissuta. E poi la gente lì con voi: ascoltateli, capite cosa sta andando storto nel mondo dai loro racconti, apprezzate il fatto di essere dentro con gli ultimi, vi servirà.
Leggete, scrivete, fate correre il cervello, fate uscire il cuore, rimanete forti, tenetevi in esercizio. Noi siamo qua, uscirete, riabbraccerete tutti e la vera giustizia trionferà solo nei vostri cuori.

E no, non avete perso; perché perdente è chi è costretto a mettervi in carcere per farvi stare zitti.

Federico