venerdì 15 luglio 2016

50° Anniversario della GRCP - DISCORSO SULLA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE A SHANGHAI (12 febbraio 1967)


La Comune popolare di Shanghai fu istituita il 5 febbraio 1967; essa fu il prodotto della Rivoluzione di gennaio. La sua esistenza durò fino al 24 febbraio dello stesso anno. Essa cambiò poi nome, diventò Comitato rivoluzionario della città di Shanghai e servì da modello ai nuovi organi del potere, ai Comitati rivoluzionari basati sulla triplice alleanza tra militari, quadri rivoluzionari e rappresentanti delle masse. Due importanti membri del Gruppo del Comitato centrale della Rivoluzione culturale, Chang Chung-chiao e Yao WenYuan, diressero il Comitato provvisorio della Comune

Il periodo che va da febbraio ad aprile è decisivo nella grande Rivoluzione culturale proletaria. Durante questi tre mesi si delineeranno chiaramente gli indirizzi della grande Rivoluzione culturale. 
Il lavoro effettuato a Shanghai è da giudicare molto fruttuoso, visto nel complesso; non erano forse soltanto mille o duemila gli operai di Shanghai che si mossero per la prima volta durante gli avvenimenti Anting? Ormai sono già più di un milione! Ciò dimostra che la mobilitazione degli operai di Shanghai ha avuto un buon successo. La nostra attuale rivoluzione, la grande Rivoluzione culturale proletaria, è una rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, l’abbiamo iniziata noi stessi. Essa è necessaria perché una parte dell’apparato amministrativo della nostra dittatura del proletariato è stata usurpata, questa parte non appartiene al proletariato, bensì alla borghesia; per questo dobbiamo fare la rivoluzione. Su questo deve riflettere una buona volta il Gruppo del Comitato centrale per la Rivoluzione culturale, deve scrivere un saggio proprio con il titolo “rivoluzione sotto la dittatura del proletariato”. Questa è una questione teorica molto significativa. Abbiamo bisogno in ogni caso della triplice alleanza. I problemi nel Fukien non sono molto grandi e neanche i problemi nello Kweichow. Anche il problema della Mongolia interna non è grande; se ci sarà del caos, comunque ce ne sarà poco. Attualmente nella provincia dello Shanhsi il 53 per cento delle masse, il 27 per cento delle truppe e il 20 per cento dei quadri degli uffici pubblici partecipano alla rivoluzione. Shanghai dovrebbe imparare da loro. La rivoluzione di gennaio ha vinto, ma i mesi di febbraio, marzo, aprile sono ancora più decisivi, ancora più significativi. Il motto “dubitare di tutto, abbattere tutto” è reazionario. Coloro che dubitano di tutto e abbattono tutto subiranno sicuramente un ribaltamento nell’opposto, saranno certamente abbattuti dalla gente e riusciranno difficilmente a tenersi a galla per qualche giorno. Qui abbiamo delle singole unità che non vogliono ammettere nemmeno un vicedirettore di reparto. Gente di questo stampo, che non vuole ammettere nemmeno un vicedirettore di reparto, riuscirà difficilmente a tenersi a galla per qualche giorno. 

Dobbiamo avere maggiore fiducia nel 95 per cento delle masse; più del 95 per cento dei quadri ci seguirà; la piccola borghesia cinese è abbastanza numerosa, il numero dei contadini medi molto grande. La piccola borghesia urbana, dai piccoli artigiani fino ai piccoli imprenditori, è relativamente numerosa. Finché sappiamo guidarli ci seguiranno sul cammino da noi indicato. Dobbiamo avere fiducia nella maggioranza. 
Che uno studente o che un neolaureato (alcuni studenti non si sono ancora laureati) amministri una città come Shanghai è difficilmente fattibile. È impossibile, credo, anche che diventi rettore di università. Per il rettore di un’università dirigere è abbastanza complicato, per chi si è appena laureato oppure non si è ancora laureato la direzione di un istituto d’istruzione è una cosa ancora più complicata. Secondo la mia opinione non è fattibile neppure che diventi direttore di un reparto. Il direttore di un reparto ha bisogno, in generale, di un po’ di cultura. La loro cultura però è ancora molto incompleta. Hanno appena preso la laurea universitaria, la loro cultura è ancora scarsa, non hanno esperienza nell’insegnamento, nessuna esperienza nell’amministrazione di un reparto. Abbiamo già consultato una serie di assistenti e docenti perché assumano la funzione di direttori dei reparti. Tra i quadri dirigenti di prima bisogna, in generale, selezionarne alcuni. Non si può nemmeno rifiutare tutta questa vecchia gente. Va bene Chou Ku-cheng? Chou Ku-cheng non può continuare a insegnare?

Noi tutti abbiamo affermato che instaurare la Comune di Parigi ha significato creare una nuova forma di potere statale. La Comune di Parigi fu fondata nel 1871, vale a dire novantasei anni fa; se, invece di fallire, la Comune di Parigi avesse trionfato, a mio parere sarebbe certamente finita nelle mani della borghesia, poiché la borghesia francese non avrebbe affatto consentito alla classe lavoratrice francese di tenere il potere politico. Questo fu la Comune di Parigi. 
In Russia, non appena emerse il potere statale dei soviet, Lenin se ne compiacque molto e pensò che fosse una grandiosa creazione di operai, contadini e soldati, una nuova forma della dittatura del proletariato. A quel tempo Lenin non pensò che di una simile forma avrebbero potuto servirsi tanto gli operai, i contadini e i soldati, quanto la borghesia e, alla fine, persino Kruscev. I soviet attuali, infatti, si sono trasformati dai soviet di Lenin nei soviet di Kruscev. L’Inghilterra è una monarchia: non ha forse una regina? L’America ha il sistema presidenziale, ma in fondo è perfettamente lo stesso, l’uno e l’altra sono dittature della borghesia. Il cosiddetto “potere statale” dei fantocci nel Vietnam del Sud è un sistema presidenziale e la vicina Cambogia di Sihanouk un regno; quale dei due, si potrebbe dire che è meglio? Penso che in definitiva sia meglio Sihanouk. L’India ha un sistema presidenziale e il vicino Nepal è una monarchia; quale dei due paesi, nell’attuale situazione, è migliore? È evidente che la monarchia del Nepal è migliore del sistema 165 presidenziale indiano. Per rendersene conto, basta guardare al loro comportamento attuale. Nell’antica Cina vi furono i Tre e Cinque imperatori, nella dinastia Chou1 si parlava del re; dalla dinastia Chin in poi si parlò di imperatore e del primo imperatore dei Chin che assunse, riassumendole in sé, le qualifiche dei Tre e Cinque imperatori. Durante il regno Taiping ci si servì della denominazione re del cielo e, Taitsu2 , imperatore della dinastia Tang, era chiamato anche imperatore del cielo. Vedete quindi come i nomi siano stati mutati qua e là. Noi, però, non badiamo minimamente al mutare dei nomi; il problema per noi non sta nella denominazione, ma nella realtà, non nella forma ma nella sostanza. 
Certo non sarebbe bene mutare troppo spesso le denominazioni; ma a noi non interessa la denominazione bensì la realtà, non il formale bensì il sostanziale. Wang Mang3 , della dinastia Han, si mise con grande entusiasmo a cambiare le denominazioni; non appena divenuto imperatore, cambiò tutti i titoli dei funzionari: non gli piacevano, pressapoco come oggi a molta gente non piace la parola comandante; egli mutò tutto da cima a fondo e rinnovò perfino i nomi di tutti i cantoni dell’intero paese: quasi come le nostre Guardie Rosse, che hanno cambiato i nomi alle strade di Pechino a tal punto che nessuno riesce più a ricordarli, poiché gli vengono sempre in mente solo le vecchie denominazioni. Allorché Wang Mang promulgava un decreto o faceva notificare un’ordinanza, sorgevano continuamente delle difficoltà: il popolo non sapeva nemmeno più che cosa fosse stato mutato. 
Ecco che anche ora nascono seccature non appena s’inviano documenti ufficiali alla base. Il testo in prosa è una forma letteraria che si può adoperare in Cina né più né meno come all’estero; se ne può servire il proletariato così come se ne serve la borghesia. 
Le esperienze fondamentali ce le hanno date la Comune di Parigi e i soviet; potremmo anche immaginarci una Repubblica popolare cinese di cui si servano ambedue le classi. Se noi fossimo rovesciati e prendesse le redini la borghesia, questa, senza stare a mutarla, potrebbe anche continuare a servirsi della denominazione Repubblica popolare cinese. Ciò che conta è quale classe ha in mano il potere statale. Chi detiene il potere: questo è il problema fondamentale, che non ha nulla a che spartire con la denominazione. 
Non dovremmo forse mantenere una maggiore stabilità, senza stare a cambiare continuamente le denominazioni? Poiché in questo modo si pone il problema di un mutamento del sistema di governo, il problema di una forma dello Stato, il problema di come denominare lo Stato. Dovremmo forse mutarne la denominazione in Comune popolare cinese? Il presidente della Repubblica popolare cinese si chiamerebbe allora, poniamo, direttore o dirigente della Comune? Ma non si solleverebbe solo questo problema. Nel caso che si attuasse questa modifica, si dovrebbe porre un’altra questione strettamente connessa alla precedente: i paesi esteri ci riconoscerebbero o non ci riconoscerebbero? Se cambiamo la denominazione del nostro Stato, decadrebbero gli ambasciatori stranieri, si renderebbe necessario un nuovo scambio di ambasciatori; si dovrebbe ricevere di nuovo il riconoscimento diplomatico. Io immagino che l’Unione Sovietica non ci riconoDiscorso sulla grande Rivoluzione culturale a Shanghai Mao Tse-tung - OPERE 166 scerebbe: non potrebbe azzardarsi a farlo, poiché un riconoscimento creerebbe spiacevoli confronti con il loro sistema dei soviet: da dove viene, così d’un tratto, una Comune popolare cinese? Sarebbe assai difficile regolarsi per i russi. Invece i paesi capitalisti forse ci riconoscerebbero. 
Se tutto in Cina si tramutasse in comuni, che ne sarebbe allora del partito? Quale posizione gli spetterebbe? Fra i membri del Comitato della Comune vi sarebbero membri del partito accanto a dei senza partito: quale posizione spetterebbe allora al comitato di partito? In fin dei conti, c’è sempre bisogno di un partito, mi pare! C’è sempre bisogno di un nucleo, poco importa come si chiami, se partito comunista o partito socialdemocratico, se partito socialdemocratico dei lavoratori o Kuomintang o Yikuantao; in ogni caso è indispensabile un partito. Anche le comuni hanno bisogno, in genere, del partito. Può forse la comune sostituire il partito? Io credo che non si debba effettuare un simile mutamento di denominazione, che non si debba adoperare la denominazione comune; se continuiamo a procedere secondo il vecchio sistema, in futuro si dovrà tenere ancora l’Assemblea popolare ed eleggere i comitati popolari. Se queste denominazioni si mutassero in continuazione, sarebbero solo mutamenti formali, che non risolvono le questioni sostanziali. Se ora costituiamo degli organi provvisori di potere, potremmo continuare a chiamarli comitati rivoluzionari? Per le università dobbiamo continuare ad adoperare la denominazione Comitati della Rivoluzione culturale, come è fissato ne I Sedici punti? 
La popolazione di Shanghai è molto affezionata alla comune popolare, è molto attaccata a questa denominazione. Che si può fare? Qualora si dovesse tornare sull’argomento e discutere ancora, non vi sono, in fondo, che poche soluzioni. Una sarebbe non cambiare nulla e continuare a servirsi della denominazione Comune popolare di Shanghai. Il vantaggio di tale soluzione consiste nel poter conservare intatto l’entusiasmo della popolazione di Shanghai, giacché tutti amano questa comune. Lo svantaggio sta nel fatto che in tutto il paese vi sarebbe solo essa: voi di Shanghai non ne risultereste troppo isolati? Per ora non è bene parlare di queste cose nel Quotidiano del popolo altrimenti tutti reclamerebbero la denominazione comune popolare. Se il Centro riconosce la Comune popolare di Shanghai e lo si pubblica sul Quotidiano del popolo, in tutto il paese tutti vorranno la stessa denominazione: “Perché solo a Shanghai deve esser consentito avere questa denominazione? Perché non la si consente anche a noi?”. La faccenda non si può regolar bene così. Il non apportare nessun mutamento presenta vantaggi e svantaggi. La seconda soluzione sarebbe introdurre il mutamento per l’intero paese. Allora si verificherebbe inevitabilmente un mutamento del sistema politico: si dovrebbe cambiare la denominazione della repubblica, ci verrebbe rifiutato il riconoscimento da certi Stati, avremmo un mucchio di fastidi: è una cosa poco sensata e non ha nessun valore reale. 
La terza soluzione consisterebbe nell’apportare un piccolo mutamento. Allora si creerebbe una coerente uniformità nel paese intero. È ovvio che si potrebbe benissimo mutare qualche cosa subito e qualche altra cosa in un secondo tempo; non è assolutamente necessario attuare un mutamento completo e immediato; se 167 tutti ritengono di non essere ancora d’accordo sulla modifica, continuate a chiamarvi ancora per qualche tempo così. Che ne pensate? Si potrà trovare un’intesa a questo proposito? 

Ho letto qualche volta Come diventare un buon comunista di Liu Shao-chi. È uno scritto rivolto contro il marxismo-leninismo. I nostri metodi di lotta devono ora diventare un po’ più abili. Non si devono ripetere continuamente le parole d’ordine “picchiate le loro teste da cane fino a ridurle in poltiglia” o “abbasso X”. Penso che gli studenti dovrebbero esaminare più a fondo lo scritto, scegliere alcuni passaggi e scrivere dei saggi di critica. 
In futuro non si deve usare la parola d’ordine “abbasso gli elementi ostinati che si attengono alla linea borghese reazionaria”, bensì “abbasso le autorità che hanno preso la via capitalista”. 
Per quanto riguarda l’Ordine urgente, con il quale il Gruppo del Comitato centrale per la Rivoluzione culturale ha trattato il problema del comitato Rivoluzione rossa a Shanghai, l’ho letto, è scritto molto bene, ha il temperamento dei ribelli. All’ultimo punto si dice: “si prenderanno le misure necessarie”; se il grande raduno per criticare Chang Chun-chiao dovesse aver luogo, dovranno in ogni caso essere prese le misure necessarie per fare alcuni arresti. 
La Comune popolare di Shanghai ha proceduto con una certa trascuratezza nella questione della lotta alla controrivoluzione; alcune persone si sono lagnate con me, l’ufficio di pubblica sicurezza arresterebbe della gente per farla entrare dalla porta principale e uscire dalla porta posteriore. 
Che cosa fa il primo, il secondo e il terzo corpo dell’esercito? Sono venuti qui e si sono lagnati di voi. 
Gli studenti non sono forse venuti tutti da voi nel porto? Ora questi studenti sono ancora nel porto? [Chang Chun-chiao risponde: sì]. Molto bene, finora il legame tra studenti e operai non è stato veramente soddisfacente, soltanto ora si sono veramente collegati tra di loro. 
Il Wenhuipao è fatto molto bene; con il suo punto di vista sulla questione dei quadri sono pienamente d’accordo, lo sostengo. Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo sistemare dopo.

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