domenica 9 ottobre 2011
Sul ruolo dei giovani rivoluzionari oggi.
L’estate è appena finita e l’autunno già si preannuncia caldo, anzi caldissimo. Già dal primo giorno di scuola gli studenti si scontrano con la dura realtà della scuola italiana, centinaia di strutture fatiscenti, classi sovraffollate, nuovi licei con meno docenti e lavoratori, meno qualità a maggiori spese per le famiglie degli studenti. Continua la battaglia No Tav in Val Susa, lo stato di polizia prova a intimidire arrestando compagni e compagne, ma il movimento compatto non cede.
Anche il governo italiano vuol fare pagare l’attuale crisi di sovrapproduzione capitalista, che inizialmente ha preso le forme di crisi finanziaria, iniziata nel 2007 ai lavoratori e al popolo in generale, nel contesto internazionale la crisi ha provocato anche nodi di resistenze che hanno animato conflitti sociali. L’altra sponda del mediterraneo è ancora teatro di rivolta, i protagonisti sono le masse popolari stanche di continuare a subire le angherie e la miseria provocata dalla classe dominante. Ma anche al di qua del mare la classe lavoratrice greca, supportata dai giovani ribelli e dal popolo in generale, continua a resistere e a controattaccare rispondendo colpo su colpo al nuovo governo dell’austerity stavolta targato centrosinistra così come più recentemente in Spagna gli indignados hanno animato e inspirato anche oltre oceano un ampio movimento di massa con richieste prettamente democratiche.
Il sistema imperialista in periodo di crisi economica spreme più sul fronte interno e moltiplica le aggressioni armate in questo caso in Libia, dove sfrutta la contraddizione aperta dalla giusta rivolta tra popolo e regime e ne minaccia di nuove in stati con condizioni simili come in Siria, latenti come in Iran o assenti ma pur sempre stati canaglia dal punto di vista dell’imperialismo U.S.A. come in Nord Corea.
La finanziaria di lacrime e sangue per lavoratori e masse popolari fa da contraltare alle ricchezze ostentate senza ritegno dalla classe dominante e dai suoi rappresentanti politici in parlamento da destra a “sinistra”, una classe parassitaria che aumenta i propri privilegi.
In questa nuova fase di austerity i diritti conquistati in decenni di lotte continuano ad essere oggetto di attacco da parte dei padroni. Alle lotte dei lavoratori che rischiano il posto o la cassa integrazione cosi come dei ceti popolari che richiedono diritti fondamentali come la casa, il lavoro e la sanità ormai sono abituati ad assistere alla stessa scena: l’arrivo della celere in divisa pronta a brandire manganelli e scudi, tutti bardati come robot senza cervello, qual è il ruolo che ricoprono nello stato di polizia che avanza a tappe forzate verso il moderno fascismo.
In questo contesto l’anno di lotta appena concluso ha visto un movimento reale di opposizione contro il governo incarnatosi nel movimento operaio (dal no operaio di Pomigliano al piano Marchionne fino alle lotte in altri stabilimenti fiat come alla Sata o alla Ficantieri di Genova e Castellamare di Stabia e così come in tante altre aziende), nel movimento studentesco che durante il 14 dicembre a Roma ha dimostrato la capacità di mettere in rotta l’apparato militare del governo grazie alla propria rabbia che si è fatta forza dalla giustezza delle proprie ragioni fino alla grande battaglia in Val di Susa, le proteste dei migranti da Lampedusa a Manduria e Bari e in tutte le altre grandi e piccole lotte di vario tipo.
Torniamo alla grande battaglia del 14 dicembre.
Se nel 2008 il riflusso del movimento studentesco è avvenuto, a nostro parere, in seguito alla ratifica, durante la 3 giorni svoltasi all’università La Sapienza di Roma, di posizioni concilianti e riformiste sotto il nome di “autoriforma”, l’anno appena trascorso ha visto il movimento spegnersi lentamente dopo il 14 dicembre, tra alti e bassi in alcune città (vedi Palermo il 22 dove c’e stato una sorta di prosecuzione del 14 dicembre per l’intera giornata), ma con l’ingresso del 2011 tutto si è normalizzato.
È mancato un momento assembleare, a mo di stati generali del movimento com’è avvenuto 2 anni prima, dove i protagonisti attivi del movimento, i singoli studenti e i collettivi organizzati avrebbero potuto confrontarsi in base alle proprie esperienze di lotta e provare a trovare la soluzione al problema, ma nessuno, o quasi, ha voluto lavorare per questa assemblea nazionale.
I mesi sono passati e com’era prevedibile in assenza di una risposta/prosecuzione cosciente e organizzata la borghesia ha fatto il suo lavoro con tranquillità dormendo sogni tranquilli superato l’incubo del 14 dicembre. L’episodio più eclatante è stato imbastire a livello mediatico l’operazione “antiterrorismo” contro i compagni e studenti di Firenze, prendendo di mira l’area politica gravitante intorno al centro sociale 400 Colpi ma non solo. In un contesto in cui il movimento studentesco già non era più nelle piazze da mesi non è stato facile contrastare l’azione repressiva nonostante tutta la buona volontà e l’impegno dei compagni delle realtà organizzate, in primis di Firenze.
La seconda occasione perduta.
L’altra grande occasione perduta dal movimento rivoluzionario in particolare giovanile è stato il decennale del g8 di Genova. Scriveva proletari comunisti che chi non ricorda le proprie battaglie e non commemora i propri morti non ha memoria storica, dimentica gli insegnamenti e le esperienze passate per avanzare nella lotta in un certo senso. Questo decennale non poteva ne doveva ridursi solo a mera commemorazione come gli anni passati dove giustamente molti compagni (in primis i genovesi) si sono lamentati che il tutto si trasformava in feste di piazza o a preghiere collettive in Piazza Alimonda con i soliti noti celebranti. Quest’anno invece l’obiettivo poteva e doveva essere quello di ricollegare con un filo rosso questi 10 anni che proprio a partire da allora hanno visto l’ingresso di una generazione di giovani ribelli che hanno risposto con coraggio e audacia alle brutalità poliziesche e che adesso chi non è diventato un piccolo-imprenditore nel nord-est o deputato in parlamento anima ancora le lotte in prima linea, dalla Val Susa al movimento antifascista a quello studentesco. Sarebbe stata l’occasione per, come avevamo proposto, organizzare una 3 giorni che partendo da questa memoria storica sfociante nell’azione quotidiana di ognuno di noi rilanciasse con confronti e riflessioni il movimento studentesco di quest’anno, approfondisse le cause e i motivi per i quali in Italia ancora il movimento non riesce a coordinarsi e a rispondere contro la repressione dello stato ma anche nelle singole città anche su questo si coltiva settarismo a spese di un’azione coerente ed efficace, in ultima analisi facendo un favore alla borghesia imperialista, discorso simile per il movimento antifascista a livello nazionale dove in alcune città, anche per questioni storico sociali ci si organizza bene invece in altre no ma in generale a livello nazionale non vi è una riflessione seria su come contrastare in primis le politiche fasciste sfornate dal governo e secondariamente l’ascesa e la penetrazione nei territori di manovalanza fascista finanziata dal governo come Casapound ad esempio.
Intanto la borghesia ha fatto il suo decennale, dalla classe dominante che tramite i vertici della sua polizia ha dettato per filo e per segno ai notabili piccolo borghesi del movimento percorsi di cortei e modalità (per esorcizzare le battaglie da cui è uscita momentaneamente sconfitta come il 14 Dicembre romano o la battaglia di Chiomonte), fino a quest’ultimi che si sono riappropriati, dopo averne perso per ovvi motivi la legittimità in questi ultimi anni, di quelle giornate riconsegnando Carlo alla borghesia come giovane vittima e non come giovane ribelle qual’era fino all’ultimo secondo con l’estintore in mano.
Era doveroso e anche da soli siamo tornati in quei luoghi simbolo (Piazza Alimonda,Via Tolemaide,Scuola Diaz) e abbiamo partecipato criticamente al corteo-sfilata organizzato dalla questura di Genova in collaborazione con ministero dell’interno e i vari Agnoletto.
Pensiamo sia quanto mai attuale riproporre una 3 giorni del movimento antagonista e rivoluzionario per dare forza alle istanze di ribellione e rivolta che nascono spontaneamente dalla situazione oggettiva in questa fase storica di crisi ciclica del capitale, per ripartire con coscienza e rilanciare i risultati raggiunti sul campo nei momenti più alti della lotta di classe nel nostro paese nell’anno appena trascorso in primis dal 14 dicembre e dalla grande battaglia tutt’ora in corso in Val di Susa.
Intanto London Calling…
Avevano incominciato gli studenti che finalmente dopo 30 anni di aumenti continui sulle rette universitarie si sono ribellati contro l’ennesima manovra di austerity, hanno continuato i giovani proletari questa estate nelle “banlieues” inglesi. Infatti le dinamiche della rivolta di Londra (seguita ben presto da altre città inglesi) sono simili a quelle già viste nelle rivolte delle banlieues (l’ultima del 2005) che periodicamente infiammano i quartieri proletari delle cittadelle imperialiste. Da Parigi a Londra fino agli Stati Uniti queste ribellioni scoppiano ogni qual volta i mercenari in divisa della borghesia impunemente uccidono giovani e giovanissimi. In questi quartieri le “forze dell’ordine” sono percepite come vere e proprie truppe d’occupazione, in luoghi in cui la maggior parte è disoccupata e sopravvive a malapena, dove mancano servizi sanitari essenziali, scuole, dove per arrivare nella città vera e propria devi fare un viaggio proibitivo sui mezzi pubblici dove in una parola vivi in un ghetto, le caserme ed i suoi occupanti sono un’offesa alla dignità di chi vive in questi quartieri. L’impunità e l’ostentazione di essa durante la veglia per il giovane ucciso da un poliziotto dove una ragazzina di 15 anni è stata attaccata dalla polizia è stata la scintilla della grandiosa rivolta di Londra.
Migliaia di giovani proletari, inglesi e non, immigrati o di seconda generazione, si sono uniti contro il nemico comune, gang rivali che fino al giorno prima si scontravano in quartieri virtualmente divisi in zone d’influenza hanno unito le forze e fatto tremare la borghesia imperialista inglese.
Come succede sempre in questo tipo di rivolte giustamente i giovani attaccano i simboli del nemico (caserme e palazzi istituzionali) e contemporaneamente in maniera naturale si riappropriano di tutti i beni di consumo pubblicizzati e ostentati da questo sistema ma sempre negati ai proletari. La borghesia tramite i suoi media e i propri intellettuali di regime, sociologi, psicologi ecc demonizza questo concentrato di “illegalità e reato contro la proprietà privata borghese”, si strumentalizzano le lamentele dei piccoli commercianti immigrati ( ma sempre piccoli commercianti preoccupati per i loro negozio come mezzo di scalata sociale all’interno della società piuttosto che delle condizioni di vita generali e del futuro a 360 anche dei propri figli) facendo divisioni tra immigrati integrati e feccia delinquente. Il dato generale che abbiamo appreso dalle rivolte proletarie di questo tipo è che in seguito ad una causa scatenante (solitamente brutalità poliziesca) scoppia una rivolta in un quartiere che in pochi giorni si espande nei quartieri limitrofi fino ad arrivare nei quartieri proletari di altre città (nel 2005 l’ultima rivolta delle banlieues si estese in tutte le città francesi arrivando anche oltre confine in Germania, Belgio e la stessa Inghilterra, e nel suo punto massimo la rivolta ha unito tutti i quartieri periferici della capitale “cingendo d’assedio” il centro di Parigi dove venne proclamato il coprifuoco), riesce a rispondere bene alla reazione repressiva della borghesia ma poi si spegne da sola.
Nella riflessione sulla via rivoluzionaria da praticare in un paese imperialista quali questi citati compreso il nostro è importare approfondire queste dinamiche, come mai queste rivolte raggiungono un’intensità impensabile fino al giorno prima per poi spegnersi dopo poche settimane nel migliore dei casi?
Innanzitutto il motore primario di esse è rappresentato dai giovani e giovanissimi se pur supportati in parte dalle famiglie del quartiere. Giovani proletari che abituati ad una quotidianità “precaria” e all’imparare al sapersi arrangiare in questi momenti catalizzano tutto il loro malessere sociale collettivo verso il nemico sviluppando in brevissimo tempo una capacità organizzativa e offensiva figlia della “scuola di strada”.
Non si spiegherebbe altrimenti come giovani che fino al giorno prima bivaccano nei propri quartieri scontrandosi con le gang rivali, il giorno dopo mettono in piedi una rete di contatti stabilendo luoghi in cui concentrarsi per partire all’attacco, sviluppare ancora di più una rete di sentinelle contro eventuali intrusi e così via. Come si diceva poco più su, di fronte a questi eventi sociali ognuno dice la propria, dai giornalisti ai sociologi, psicologi e tutte queste figure intellettuali al servizio del capitale e dei suoi governi dipingono eventi sociali di questo tipo come “malessere sociale generalizzato derivante dall’assenza di regole” quindi propugnando varie ricette per farvi fronte in primis la repressione per riportare alla “legalità” questo “inaccettabile attacco “ alla proprietà privata, per “punire questi atti vandalici che se pur segnale di un malessere non sono giustificabili”. I progressisti borghesi partono da questa base di analisi aggiungendo che però la repressione non basta ma che la società dovrebbe essere più vicina ai giovani a partire dalle istituzioni scolastiche nei quartieri agli psicologi che dovrebbero fornire consulenza alle famiglie, si propugnano piuttosto punizioni per i genitori che non sanno educare i figli. L’altra faccia della medaglia insomma da un lato la repressione classica con manganello e arresti dall’altra si prospetta l’investimento sulle istituzioni che inculcano il punto di vista, il modello di vita e la non alternativa alla società borghese depurata utopicamente dai suoi “difetti” o distorsioni”, in poche parole il riformismo fa la sua parte nella difesa e rigenerazione di questa società che è in realtà è causa di tutto ciò.
Il secondo punto che accomuna le rivolte urbane nelle metropoli imperialiste è anche la proporzionalità inversa tra intensità e durata di esse, tanto intense sono le rivolte quanto breve è la loro durata, in poche settimane o al massimo un paio di mesi mettono in seria difficoltà la borghesia imperialista che come in Francia nel 2008 ha dichiarato il coprifuoco nel centro di Parigi e oggi a Londra ha chiamato migliaia di poliziotti militarizzando la capitale, per poi spegnersi da sole e non ,dato molto importante, per l’efficacia dell’azione repressiva. Infatti a seguito delle violenze poliziesche e dei primi arresti e intimidazioni le rivolte in un primo momento crescono e si intensificano. Perché avviene questo?
È utile richiamare gli insegnamenti storici del Black Panter Party e la sua attività negli U.S.A. a cavallo tra i 60 e i 70.
In un paese simile al nostro per composizione sociale nei quartieri proletari e operai e per la natura imperialista del suo stato la presenza permanente di un partito rivoluzionario o comunque di rivoluzionari parte integrante del popolo e in particolare dei giovani di quei quartieri, ha fatto si che in un certo senso la rivolta contro lo stato fosse “permanente” che iniziasse a delinearsi come contropotere in costruzione nel tempo, rigenerando e occupando continuamente la ribellione e le energie giovanili in militanza costruttiva con il fine non solo di “riprendersi tutto” cosa sacrosanta e giusta come abbiamo visto a Londra, ma in un certo senso un passaggio obbligato in una prima fase di spontaneità ma che in seguito non basta e bisogna andare oltre.
Il punto centrale di questa analisi che stiamo provando ad intraprendere è il ruolo centrale delle masse e soprattutto delle dinamiche di interazione tra masse e rivoluzionari.
Partendo da noi stessi e dalla nostra attività in senso autocritico ci stiamo interrogando su come la nostra attività politica metta in primo luogo le masse giovanili ed il loro ruolo come soggetto rivoluzionario. Pensiamo al ruolo delle masse giovanili e studentesche che hanno “scavalcato” molti gruppi pseudo rivoluzionari che avrebbero voluto un 14 Dicembre farsa e normalizzato, l’ennesima rappresentazione di lotta di classe e scontro masse-stato per lasciare a fine giornata posto alla normalizzazione. D’altro canto non organizzandosi, e come organizzazione intendiamo innanzitutto riflettendo, facendo un bilancio e ripartire, al 14 dicembre è seguito il riflusso.
Tornando a Londra cosa può servirci questa rivolta così come le precedenti in Francia e Usa per la nostra azione militante quotidiana?
Crediamo che anche nel nostro paese il processo rivoluzionario si svilupperà nei luoghi dove le contraddizioni sono più profonde, in periferia, intesa sia geograficamente al Sud Italia sia in maniere trasversale nelle periferie delle metropoli del nostro paese.
Per questo è prioritario che i giovani rivoluzionari intraprendano un lavoro nei quartieri proletari e popolari fondendosi con essi diventando pesci che nuotano nel mare delle masse, questo lavoro deve coniugarsi necessariamente con quello che già facciamo con più naturalezza in scuole e facoltà perché tutta la gioventù del nostro paese, intellettuale e proletaria dovrà essere alla testa e agire simultaneamente nel processo rivoluzionario.
Tornando alla prima parte del discorso secondo noi ciò che unisce lotta degli studenti, la battaglia No Tav e sui posti di lavoro e nei quartieri popolari sta nel fare questo salto di qualità teorico-politico-organizzativo necessità da cui nessuno è esente, ripartendo dagli episodi di lotta più avanzati dello scorso anno politico, prendendoli ad esempio e spingendo ancora più avanti il nostro grado di comprensione con ricadute positive sull’esperienza della nostra azione militante rivoluzionaria.
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