venerdì 1 luglio 2016

50° Anniversario della GRCP - PORTIAMO FINO IN FONDO LA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE PROLETARIA (1° gennaio 1967) - PRIMA PARTE


Editoriale del Quotidiano del popolo e di Bandiera rossa. Questo testo è uno di quelli che la redazione delle Opere di Mao Tse-tung ha ritenuto utile pubblicare assieme ai testi redatti da Mao Tse-tung o redatti sotto la sua direzione. Essi sono redatti da organismi o portavoci della linea e protagonisti delle iniziative politiche dirette da Mao Tse-tung e, a parere della redazione, aiuteranno il lettore a conoscere meglio sia la lotta di classe nel cui contesto si inserisce il pensiero di Mao Tse-tung sia la comprensione che di essa ebbero i suoi più vicini compagni di lotta. È tuttavia probabile che questo testo sia stato per lo meno approvato da Mao Tse-tung.

La grande Rivoluzione culturale proletaria, iniziata in Cina nel 1966, è il più grande evento degli anni ‘60. Questa rivoluzione ha portato a una nuova fase la rivoluzione socialista nel nostro paese, aprendo una nuova era nella storia del movimento comunista internazionale. Sotto la guida di Lenin la grande Rivoluzione socialista d’Ottobre aprì l’epoca della rivoluzione proletaria. La Rivoluzione d’Ottobre risolse il problema della conquista del potere e dell’instaurazione della dittatura del proletariato ricorrendo alla violenza rivoluzionaria e stabilendo così un grande esempio per il proletariato di tutto il mondo. A quell’epoca tuttavia fu impossibile risolvere tutta una serie di problemi: chi avrebbe vinto nello Stato socialista, il proletariato o la borghesia? Come mantenere il potere politico del proletariato? Come consolidare la dittatura del proletariato e come prevenire la restaurazione del capitalismo? Nel paese natale della Rivoluzione d’Ottobre una cricca di moderni revisionisti ha usurpato la direzione del partito e dello Stato, portando l’Unione Sovietica, primo paese socialista del mondo, a imboccare la strada della restaurazione del capitalismo. Questa lezione pone al proletariato internazionale un nuovo problema-chiave: è in grado il proletariato di mantenere il potere di cui si è impadronito? Può la restaurazione del capitalismo essere prevenuta? Questo problema decide non solo il destino dei paesi sotto la dittatura del proletariato, ma anche quello della causa rivoluzionaria del proletariato e di tutte le nazioni oppresse del mondo. La grande Rivoluzione culturale proletaria, iniziata e guidata personalmente dal presidente Mao Tse-tung, mira a risolvere questo problema della massima importanza storica, stabilendo un nuovo e grande esempio per il proletariato di tutto il mondo. La grande Rivoluzione culturale proletaria è una nuova fase della rivoluzione socialista nel nostro paese. Dopo il compimento per l’essenziale della trasformazione socialista della proprietà dei mezzi di produzione, gli elementi borghesi di destra esistenti nella società e il gruppetto di rappresentanti della borghesia in seno al nostro partito non si sono rassegnati alla eliminazione del sistema dello sfruttamento. Hanno ripetutamente lanciato attacchi furiosi contro il proletariato, nel vano tentativo di giungere alla restaurazione del capitalismo. Alla luce delle tesi del presidente Mao Tse-tung sulle classi e sulla lotta di classe nella società socialista, il nostro partito ha guidato il proletariato e le altre masse rivoluzionarie a respingere con successo le provocazioni della borghesia. Questa grande Rivoluzione culturale proletaria è una prova di forza generale tra il proletariato da una parte e la borghesia e i suoi agenti nel nostro partito dall’altra. Attraverso un’accanita lotta di classe, la grande Rivoluzione culturale proletaria ha cominciato a ottenere grandi vittorie. Nel 1963 in Cina, sotto la guida personale del presidente Mao Tse-tung, fu lanciata la rivoluzione nella letteratura e nell’arte, segnata principalmente dalla riforma del teatro. Fu quello in effetti l’inizio della grande Rivoluzione culturale proletaria. A partire dall’ottobre del 1965 la campagna di critica lanciata personalmente dal presidente Mao contro l’opera antipartito e antisocialista La destituzione di Hai Jui, contro il gruppo controrivoluzionario del “villaggio dei tre” e contro i dirigenti controrivoluzionari e revisionisti dell’ex-comitato municipale di Pechino del Partito comunista cinese servì a preparare l’opinione pubblica e ad aprire la strada al movimento di massa su larga scala della grande Rivoluzione culturale proletaria. Il 1° giugno 19661 il presidente Mao ha deciso di diffondere attraverso la stampa il primo giornale murale a grandi caratteri marxista-leninista del paese, apparso all’università di Pechino, accendendo così le fiamme violente della grande Rivoluzione culturale proletaria e suscitando un movimento di massa avente come bersaglio principale il pugno di persone che avendo posizioni di potere nel partito hanno imboccato la via del capitalismo. Una parte di questi elementi e delle autorità accademiche reazionarie borghesi è stata smascherata e il suo prestigio ridotto in cenere dalle masse. La vita politica, la fisionomia sociale del nostro paese e la condizione spirituale del nostro popolo hanno subito profondi cambiamenti. Questo grande movimento di massa ha visto nascere molti coraggiosi pionieri rivoluzionari. La strada della rivoluzione è tortuosa. Proprio nel momento in cui centinaia di milioni di persone si sollevavano coscientemente nella rivoluzione, ispirandosi alla linea rivoluzionaria proletaria del presidente Mao, una o due persone, seguite da poche altre con incarichi di responsabilità nel Comitato centrale del partito, hanno profittato dell’assenza da Pechino del presidente Mao per avanzare una linea reazionaria borghese da opporre alla giusta linea del presidente Mao Tse-tung. Costoro, insieme ai responsabili che applicavano risolutamente questa linea reazionaria borghese, si sono tenuti sulla posizione reazionaria della borghesia e hanno praticato la dittatura borghese nei campi in cui temporaneamente detenevano il potere, tentando con ogni mezzo di reprimere l’impetuoso movimento della grande Rivoluzione culturale proletaria.
Costoro hanno invertito i fatti, capovolto il bianco e il nero, circondato e oppresso i rivoluzionari, calpestato le opinioni diverse dalle loro e praticato il terrore bianco. Essi si sentivano molto soddisfatti di aver agito in questo modo, perché ciò incoraggiava l’arroganza della borghesia e abbassava il morale del proletariato. Proprio in quel momento critico è stata convocata l’undicesima sessione plenaria dell’ottavo Comitato centrale del Partito comunista cinese, presieduta personalmente dal nostro grande timoniere, il presidente Mao Tse-tung. Essa ha elaborato la Risoluzione dell’undicesima sessione plenaria del Comitato centrale del Partito comunista cinese sulla grande Rivoluzione culturale proletaria e ha denunciato a fondo la linea reazionaria borghese. Questa linea reazionaria proteggeva il pugno di persone che avendo posizioni di potere nel partito avevano imboccato la via del capitalismo, era un aspetto delle loro malvagie azioni di repressione del movimento rivoluzionario di massa e si opponeva alle masse rivoluzionarie: in ultima analisi, mirava a restaurare il capitalismo in Cina. L’undicesima sessione plenaria dell’ottavo Comitato centrale del partito ha proclamato la vittoria della linea rivoluzionaria proletaria rappresentata dal presidente Mao e la sconfitta della linea reazionaria borghese. Essa ha indirizzato così sulla giusta via la grande Rivoluzione culturale proletaria, segnando una nuova e grande vittoria del pensiero di Mao Tse-tung nel cammino della rivoluzione socialista. Dopo l’undicesima sessione plenaria la linea rivoluzionaria proletaria rappresentata dal presidente Mao si è fusa con l’entusiasmo rivoluzionario delle masse. Di qui la critica e la denuncia di massa della linea reazionaria borghese e la nuova ondata della grande Rivoluzione culturale proletaria, caratterizzata dal movimento delle Guardie rosse e dallo scambio su larga scala di esperienze rivoluzionarie. Le Guardie rosse sono un fenomeno nuovo, emerso nel corso della grande Rivoluzione culturale proletaria. All’inizio, verso giugno-luglio, le Guardie rosse erano solo qualche decina e venivano calunniate come “organizzazione reazionaria” da coloro che avevano avanzato la linea reazionaria borghese; esse venivano attaccate e assalite da ogni parte. Ma il grande rivoluzionario proletario, il presidente Mao, ha percepito la sconfinata vitalità delle Guardie rosse nel momento in cui ha visto questo nuovo fenomeno. Egli ha esaltato il loro spirito di ribellione rivoluzionaria e dato loro un fermo e caloroso appoggio. La voce del presidente Mao è stata come un colpo di tuono nel cielo di primavera. In brevissimo tempo le Guardie rosse si sono costituite nelle scuole e in numerose fabbriche e villaggi di tutto il paese e sono diventate una grande e impetuosa armata della Rivoluzione culturale. Il movimento di lotta (contro coloro che avendo posizioni di potere hanno imboccato la via del capitalismo), di critica (delle autorità accademiche reazionarie borghesi e dell’ideologia della borghesia e delle altre classi sfruttatrici) e di trasformazione (dell’educazione, della letteratura, dell’arte e di tutti gli altri settori della sovrastruttura non corrispondenti alla base economica socialista) si è esteso dalle scuole all’insieme della società. Le Guardie rosse rivoluzionarie hanno distrutto su grande scala i “quattro vecchiumi” (cultura, ideologia, costumi e abitudini) delle classi sfruttatrici e gettato le basi delle “quattro novità” del proletariato. Le Guardie rosse si sono tenute in prima fila nella critica e nella denuncia della linea reazionaria borghese, svolgendo il ruolo d’avanguardia. Portiamo fino in fondo la grande Rivoluzione culturale proletaria Anche gli ampi scambi di esperienze rivoluzionarie sono un fenomeno nuovo apparso durante la grande Rivoluzione culturale proletaria. Anche gli scambi sono stati incoraggiati dal grande rivoluzionario proletario, il presidente Mao, che ha dato loro il primo impulso. Gli scambi di esperienze effettuati su scala nazionale dagli studenti e insegnanti rivoluzionari hanno fuso tutti i movimenti della grande Rivoluzione culturale proletaria. Gli ampi scambi di esperienze hanno diffuso il pensiero di Mao Tse-tung, propagandato la linea rivoluzionaria proletaria del presidente Mao, organizzato le file rivoluzionarie proletarie in tutto il paese e assestato un duro colpo alla linea reazionaria borghese. Tuttavia i pochi individui abbarbicati alla linea reazionaria borghese non accettano la propria sconfitta. La linea reazionaria borghese ha una sua base sociale, costituita principalmente dalla borghesia e da quei proprietari terrieri, contadini ricchi, controrivoluzionari, elementi cattivi e di destra che non si sono sufficientemente rieducati. La linea reazionaria borghese gode di un certo credito anche all’interno del partito, tra i quadri che non hanno trasformato la propria concezione del mondo o che non l’hanno trasformata abbastanza. I pochi elementi abbarbicati alla linea reazionaria borghese contano su quella base sociale e sulla sua influenza in seno al partito per scatenare violente tempeste. Essi hanno fatto ricorso al doppio gioco e a molti altri trucchi per ostacolare la linea rivoluzionaria proletaria e sabotare la critica e la denuncia della linea reazionaria borghese da parte delle masse rivoluzionarie. Il principale complotto tramato dall’esiguo numero di persone abbarbicate alla linea reazionaria borghese consiste nell’incitare le masse a lottare tra loro. Costoro organizzano e manovrano in segreto una parte delle masse e delle organizzazioni che essi hanno ingannato per reprimere la rivoluzione, proteggere se stessi e spingere le masse a lottare tra loro con metodi violenti nel vano tentativo di creare confusione. Essi diffondono calunnie, capovolgono il vero e il falso e tentano di imputare ai rivoluzionari proletari i misfatti che essi, i reazionari, hanno commesso alle spalle del popolo, affibbiando ai rivoluzionari l’etichetta di appartenenti alla “linea reazionaria borghese”. Essi insistono nel loro vano tentativo di dirigere l’attacco contro le masse rivoluzionarie, la linea rivoluzionaria proletaria e il quartier generale rivoluzionario del proletariato. Nel momento in cui il nostro partito organizzava le file della Rivoluzione culturale proletaria conformemente alla linea di classe del presidente Mao, l’infima minoranza abbarbicata alla linea reazionaria borghese ha fatto uso dello slogan “Il figlio di un eroe è un vero uomo! Il figlio di un reazionario è un maledetto bastardo!” per confondere una parte degli studenti, creare fazioni e confusione sul fronte di classe. In origine questo slogan è stato avanzato da alcuni giovani ingenui; a causa di una certa unilateralità nel loro modo di pensare e partendo dalla giusta premessa di opporsi alle discriminazioni e agli attacchi contro i figli dei quadri rivoluzionari, degli operai e dei contadini condotti dal pugno di persone che avendo posizioni di potere nel partito avevano preso la via del capitalismo, questi giovani sono arrivati all’estremo opposto. La cosa migliore da fare nei confronti di questi giovani era di dar loro pazientemente un giusto orientamento e ciò il partito ha fatto in quel momento. Tuttavia, le persone abbarbicate ostinatamente alla linea reazionaria borghese hanno fatto uso con secondi fini di questo slogan; essi volevano ingannare una minoranza degli studenti (tra i quali alcuni figli di quadri non educati in modo corretto) e condurli sulla strada sbagliata, gettandoli contro altri studenti. Quello slogan si è perciò trasformato in un’arma contro la linea rivoluzionaria proletaria. Bisogna mettere in rilievo che lo slogan così utilizzato da quei malintenzionati è in sostanza un modo di propagandare la teoria reazionaria dell’“ereditarietà”, diffusa dalle classi sfruttatrici. È esattamente la stessa teoria diffusa dai proprietari terrieri, secondo la quale “un drago genera un drago, una fenice genera una fenice e i topolini sono buoni a scavare buchi”. Ecco un perfetto esempio di idealismo storico reazionario. I pochi individui abbarbicati alla linea reazionaria borghese, invece di fare la loro autocritica di fronte alle masse, di rendere giustizia ai rivoluzionari tacciati come “controrivoluzionari”, “elementi antipartito”, “falsa sinistra e vera destra”, “arrivisti” e così via, invece di bruciare pubblicamente il materiale compilato contro le masse rivoluzionarie, parlano a tutto spiano di “fare i conti dopo il raccolto d’autunno” e minacciano i rivoluzionari proclamando universalmente che li tratteranno come “elementi di destra”. Lo scopo di queste asserzioni è contrattaccare le masse alla prima occasione. I rivoluzionari proletari non hanno paura di fare i conti. L’asserzione “fare i conti dopo il raccolto d’autunno” non intimidisce affatto le masse rivoluzionarie. Chi ha diffuso queste parole ha contratto un nuovo debito con il partito e le masse rivoluzionarie. In realtà saranno queste ultime a regolare i conti. Con queste e altre manovre d’ogni specie, le poche persone abbarbicate ostinatamente alla linea reazionaria borghese hanno rivelato la loro vera natura. Quanto più intense si fanno le attività di quella gente, tanto più chiaramente le masse capiranno che cosa s’intende per linea reazionaria borghese e come sia necessario denunciarla e criticarla. Perché questi individui abbarbicati alla linea reazionaria borghese riescono a ingannare per qualche tempo una parte delle masse? Perché si servono del grande prestigio di cui godono il presidente Mao e il partito tra le masse, si attribuiscono i meriti degli altri, affermano d’impersonare il partito, sostengono che le loro parole e azioni esprimono la direzione del partito e che avere fiducia nel partito significa avere fiducia in loro. In particolare essi hanno insistito su questa asserzione: non si deve discutere delle questioni di principio, bisogna obbedire senza condizioni alle direttive dei propri superiori. Questo genere d’asserzione incoraggia in realtà l’obbedienza cieca e il servilismo ed è l’opposto del marxismoleninismo e del pensiero di Mao Tse-tung. Sin dal periodo della campagna di rettifica del 1942, per risolvere sul piano ideologico la questione della linea di Wang Ming, il presidente Mao aveva sottolineato: “I comunisti devono sempre chiedersi il perché delle cose, usare il proprio cervello e riflettere profondamente per vedere se corrispondono alla realtà e se sono veramente fondate; in nessun caso devono seguire ciecamente gli altri e incoraggiare il servilismo”.


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