La Comune popolare di Shanghai fu istituita il 5 febbraio 1967; essa fu il prodotto della
Rivoluzione di gennaio. La sua esistenza durò fino al 24 febbraio dello stesso anno. Essa
cambiò poi nome, diventò Comitato rivoluzionario della città di Shanghai e servì da
modello ai nuovi organi del potere, ai Comitati rivoluzionari basati sulla triplice alleanza
tra militari, quadri rivoluzionari e rappresentanti delle masse. Due importanti membri del
Gruppo del Comitato centrale della Rivoluzione culturale, Chang Chung-chiao e Yao WenYuan,
diressero il Comitato provvisorio della Comune
Il periodo che va da febbraio ad aprile è decisivo nella grande Rivoluzione
culturale proletaria. Durante questi tre mesi si delineeranno chiaramente gli
indirizzi della grande Rivoluzione culturale.
Il lavoro effettuato a Shanghai è da giudicare molto fruttuoso, visto nel complesso;
non erano forse soltanto mille o duemila gli operai di Shanghai che si mossero per
la prima volta durante gli avvenimenti Anting? Ormai sono già più di un milione! Ciò
dimostra che la mobilitazione degli operai di Shanghai ha avuto un buon successo.
La nostra attuale rivoluzione, la grande Rivoluzione culturale proletaria, è una
rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, l’abbiamo iniziata noi stessi. Essa è
necessaria perché una parte dell’apparato amministrativo della nostra dittatura del
proletariato è stata usurpata, questa parte non appartiene al proletariato, bensì alla
borghesia; per questo dobbiamo fare la rivoluzione. Su questo deve riflettere una
buona volta il Gruppo del Comitato centrale per la Rivoluzione culturale, deve
scrivere un saggio proprio con il titolo “rivoluzione sotto la dittatura del
proletariato”. Questa è una questione teorica molto significativa.
Abbiamo bisogno in ogni caso della triplice alleanza. I problemi nel Fukien non
sono molto grandi e neanche i problemi nello Kweichow. Anche il problema della
Mongolia interna non è grande; se ci sarà del caos, comunque ce ne sarà poco.
Attualmente nella provincia dello Shanhsi il 53 per cento delle masse, il 27 per cento
delle truppe e il 20 per cento dei quadri degli uffici pubblici partecipano alla
rivoluzione. Shanghai dovrebbe imparare da loro. La rivoluzione di gennaio ha vinto,
ma i mesi di febbraio, marzo, aprile sono ancora più decisivi, ancora più significativi.
Il motto “dubitare di tutto, abbattere tutto” è reazionario. Coloro che dubitano
di tutto e abbattono tutto subiranno sicuramente un ribaltamento nell’opposto,
saranno certamente abbattuti dalla gente e riusciranno difficilmente a tenersi a
galla per qualche giorno. Qui abbiamo delle singole unità che non vogliono ammettere nemmeno un vicedirettore di reparto. Gente di questo stampo, che
non vuole ammettere nemmeno un vicedirettore di reparto, riuscirà difficilmente
a tenersi a galla per qualche giorno.
Dobbiamo avere maggiore fiducia nel 95 per cento delle masse; più del 95 per
cento dei quadri ci seguirà; la piccola borghesia cinese è abbastanza numerosa,
il numero dei contadini medi molto grande. La piccola borghesia urbana, dai
piccoli artigiani fino ai piccoli imprenditori, è relativamente numerosa. Finché
sappiamo guidarli ci seguiranno sul cammino da noi indicato. Dobbiamo avere
fiducia nella maggioranza.
Che uno studente o che un neolaureato (alcuni studenti non si sono ancora
laureati) amministri una città come Shanghai è difficilmente fattibile. È impossibile,
credo, anche che diventi rettore di università. Per il rettore di un’università
dirigere è abbastanza complicato, per chi si è appena laureato oppure non si è
ancora laureato la direzione di un istituto d’istruzione è una cosa ancora più
complicata. Secondo la mia opinione non è fattibile neppure che diventi direttore
di un reparto. Il direttore di un reparto ha bisogno, in generale, di un po’ di cultura.
La loro cultura però è ancora molto incompleta. Hanno appena preso la laurea
universitaria, la loro cultura è ancora scarsa, non hanno esperienza nell’insegnamento,
nessuna esperienza nell’amministrazione di un reparto. Abbiamo già
consultato una serie di assistenti e docenti perché assumano la funzione di
direttori dei reparti. Tra i quadri dirigenti di prima bisogna, in generale,
selezionarne alcuni. Non si può nemmeno rifiutare tutta questa vecchia gente. Va
bene Chou Ku-cheng? Chou Ku-cheng non può continuare a insegnare?
Noi tutti abbiamo affermato che instaurare la Comune di Parigi ha significato
creare una nuova forma di potere statale. La Comune di Parigi fu fondata nel 1871,
vale a dire novantasei anni fa; se, invece di fallire, la Comune di Parigi avesse
trionfato, a mio parere sarebbe certamente finita nelle mani della borghesia,
poiché la borghesia francese non avrebbe affatto consentito alla classe lavoratrice
francese di tenere il potere politico. Questo fu la Comune di Parigi.
In Russia, non appena emerse il potere statale dei soviet, Lenin se ne
compiacque molto e pensò che fosse una grandiosa creazione di operai, contadini
e soldati, una nuova forma della dittatura del proletariato. A quel tempo Lenin non
pensò che di una simile forma avrebbero potuto servirsi tanto gli operai, i
contadini e i soldati, quanto la borghesia e, alla fine, persino Kruscev. I soviet
attuali, infatti, si sono trasformati dai soviet di Lenin nei soviet di Kruscev.
L’Inghilterra è una monarchia: non ha forse una regina? L’America ha il sistema
presidenziale, ma in fondo è perfettamente lo stesso, l’uno e l’altra sono dittature della
borghesia. Il cosiddetto “potere statale” dei fantocci nel Vietnam del Sud è un sistema
presidenziale e la vicina Cambogia di Sihanouk un regno; quale dei due, si potrebbe
dire che è meglio? Penso che in definitiva sia meglio Sihanouk. L’India ha un sistema
presidenziale e il vicino Nepal è una monarchia; quale dei due paesi, nell’attuale
situazione, è migliore? È evidente che la monarchia del Nepal è migliore del sistema
165
presidenziale indiano. Per rendersene conto, basta guardare al loro comportamento
attuale. Nell’antica Cina vi furono i Tre e Cinque imperatori, nella dinastia Chou1
si
parlava del re; dalla dinastia Chin in poi si parlò di imperatore e del primo imperatore
dei Chin che assunse, riassumendole in sé, le qualifiche dei Tre e Cinque imperatori.
Durante il regno Taiping ci si servì della denominazione re del cielo e, Taitsu2
,
imperatore della dinastia Tang, era chiamato anche imperatore del cielo. Vedete
quindi come i nomi siano stati mutati qua e là. Noi, però, non badiamo minimamente
al mutare dei nomi; il problema per noi non sta nella denominazione, ma nella realtà,
non nella forma ma nella sostanza.
Certo non sarebbe bene mutare troppo spesso le denominazioni; ma a noi non
interessa la denominazione bensì la realtà, non il formale bensì il sostanziale. Wang
Mang3
, della dinastia Han, si mise con grande entusiasmo a cambiare le denominazioni;
non appena divenuto imperatore, cambiò tutti i titoli dei funzionari: non gli
piacevano, pressapoco come oggi a molta gente non piace la parola comandante;
egli mutò tutto da cima a fondo e rinnovò perfino i nomi di tutti i cantoni dell’intero
paese: quasi come le nostre Guardie Rosse, che hanno cambiato i nomi alle strade
di Pechino a tal punto che nessuno riesce più a ricordarli, poiché gli vengono sempre
in mente solo le vecchie denominazioni. Allorché Wang Mang promulgava un
decreto o faceva notificare un’ordinanza, sorgevano continuamente delle difficoltà:
il popolo non sapeva nemmeno più che cosa fosse stato mutato.
Ecco che anche ora nascono seccature non appena s’inviano documenti ufficiali
alla base. Il testo in prosa è una forma letteraria che si può adoperare in Cina né
più né meno come all’estero; se ne può servire il proletariato così come se ne serve
la borghesia.
Le esperienze fondamentali ce le hanno date la Comune di Parigi e i soviet;
potremmo anche immaginarci una Repubblica popolare cinese di cui si servano
ambedue le classi. Se noi fossimo rovesciati e prendesse le redini la borghesia,
questa, senza stare a mutarla, potrebbe anche continuare a servirsi della
denominazione Repubblica popolare cinese. Ciò che conta è quale classe ha in
mano il potere statale. Chi detiene il potere: questo è il problema fondamentale,
che non ha nulla a che spartire con la denominazione.
Non dovremmo forse mantenere una maggiore stabilità, senza stare a cambiare
continuamente le denominazioni? Poiché in questo modo si pone il problema di
un mutamento del sistema di governo, il problema di una forma dello Stato, il
problema di come denominare lo Stato. Dovremmo forse mutarne la denominazione
in Comune popolare cinese? Il presidente della Repubblica popolare cinese
si chiamerebbe allora, poniamo, direttore o dirigente della Comune? Ma non si
solleverebbe solo questo problema. Nel caso che si attuasse questa modifica, si
dovrebbe porre un’altra questione strettamente connessa alla precedente: i paesi
esteri ci riconoscerebbero o non ci riconoscerebbero? Se cambiamo la denominazione
del nostro Stato, decadrebbero gli ambasciatori stranieri, si renderebbe
necessario un nuovo scambio di ambasciatori; si dovrebbe ricevere di nuovo il
riconoscimento diplomatico. Io immagino che l’Unione Sovietica non ci riconoDiscorso
sulla grande Rivoluzione culturale a Shanghai
Mao Tse-tung - OPERE
166
scerebbe: non potrebbe azzardarsi a farlo, poiché un riconoscimento creerebbe
spiacevoli confronti con il loro sistema dei soviet: da dove viene, così d’un tratto,
una Comune popolare cinese? Sarebbe assai difficile regolarsi per i russi. Invece
i paesi capitalisti forse ci riconoscerebbero.
Se tutto in Cina si tramutasse in comuni, che ne sarebbe allora del partito? Quale
posizione gli spetterebbe? Fra i membri del Comitato della Comune vi sarebbero
membri del partito accanto a dei senza partito: quale posizione spetterebbe allora
al comitato di partito? In fin dei conti, c’è sempre bisogno di un partito, mi pare!
C’è sempre bisogno di un nucleo, poco importa come si chiami, se partito
comunista o partito socialdemocratico, se partito socialdemocratico dei lavoratori
o Kuomintang o Yikuantao; in ogni caso è indispensabile un partito. Anche le
comuni hanno bisogno, in genere, del partito. Può forse la comune sostituire il
partito? Io credo che non si debba effettuare un simile mutamento di denominazione,
che non si debba adoperare la denominazione comune; se continuiamo a
procedere secondo il vecchio sistema, in futuro si dovrà tenere ancora l’Assemblea
popolare ed eleggere i comitati popolari. Se queste denominazioni si
mutassero in continuazione, sarebbero solo mutamenti formali, che non risolvono
le questioni sostanziali. Se ora costituiamo degli organi provvisori di potere,
potremmo continuare a chiamarli comitati rivoluzionari? Per le università dobbiamo
continuare ad adoperare la denominazione Comitati della Rivoluzione
culturale, come è fissato ne I Sedici punti?
La popolazione di Shanghai è molto affezionata alla comune popolare, è molto
attaccata a questa denominazione. Che si può fare? Qualora si dovesse tornare
sull’argomento e discutere ancora, non vi sono, in fondo, che poche soluzioni. Una
sarebbe non cambiare nulla e continuare a servirsi della denominazione Comune
popolare di Shanghai. Il vantaggio di tale soluzione consiste nel poter conservare
intatto l’entusiasmo della popolazione di Shanghai, giacché tutti amano questa
comune. Lo svantaggio sta nel fatto che in tutto il paese vi sarebbe solo essa: voi di
Shanghai non ne risultereste troppo isolati? Per ora non è bene parlare di queste cose
nel Quotidiano del popolo altrimenti tutti reclamerebbero la denominazione comune
popolare. Se il Centro riconosce la Comune popolare di Shanghai e lo si pubblica
sul Quotidiano del popolo, in tutto il paese tutti vorranno la stessa denominazione:
“Perché solo a Shanghai deve esser consentito avere questa denominazione? Perché
non la si consente anche a noi?”. La faccenda non si può regolar bene così. Il non
apportare nessun mutamento presenta vantaggi e svantaggi. La seconda soluzione
sarebbe introdurre il mutamento per l’intero paese. Allora si verificherebbe inevitabilmente
un mutamento del sistema politico: si dovrebbe cambiare la denominazione
della repubblica, ci verrebbe rifiutato il riconoscimento da certi Stati, avremmo
un mucchio di fastidi: è una cosa poco sensata e non ha nessun valore reale.
La terza soluzione consisterebbe nell’apportare un piccolo mutamento. Allora
si creerebbe una coerente uniformità nel paese intero. È ovvio che si potrebbe
benissimo mutare qualche cosa subito e qualche altra cosa in un secondo tempo;
non è assolutamente necessario attuare un mutamento completo e immediato; se
167
tutti ritengono di non essere ancora d’accordo sulla modifica, continuate a
chiamarvi ancora per qualche tempo così. Che ne pensate? Si potrà trovare
un’intesa a questo proposito?
Ho letto qualche volta Come diventare un buon comunista di Liu Shao-chi. È
uno scritto rivolto contro il marxismo-leninismo. I nostri metodi di lotta devono
ora diventare un po’ più abili. Non si devono ripetere continuamente le parole
d’ordine “picchiate le loro teste da cane fino a ridurle in poltiglia” o “abbasso X”.
Penso che gli studenti dovrebbero esaminare più a fondo lo scritto, scegliere
alcuni passaggi e scrivere dei saggi di critica.
In futuro non si deve usare la parola d’ordine “abbasso gli elementi ostinati che
si attengono alla linea borghese reazionaria”, bensì “abbasso le autorità che hanno
preso la via capitalista”.
Per quanto riguarda l’Ordine urgente, con il quale il Gruppo del Comitato
centrale per la Rivoluzione culturale ha trattato il problema del comitato
Rivoluzione rossa a Shanghai, l’ho letto, è scritto molto bene, ha il temperamento
dei ribelli. All’ultimo punto si dice: “si prenderanno le misure necessarie”; se il
grande raduno per criticare Chang Chun-chiao dovesse aver luogo, dovranno in
ogni caso essere prese le misure necessarie per fare alcuni arresti.
La Comune popolare di Shanghai ha proceduto con una certa trascuratezza
nella questione della lotta alla controrivoluzione; alcune persone si sono lagnate
con me, l’ufficio di pubblica sicurezza arresterebbe della gente per farla entrare
dalla porta principale e uscire dalla porta posteriore.
Che cosa fa il primo, il secondo e il terzo corpo dell’esercito? Sono venuti qui
e si sono lagnati di voi.
Gli studenti non sono forse venuti tutti da voi nel porto? Ora questi studenti sono
ancora nel porto? [Chang Chun-chiao risponde: sì]. Molto bene, finora il legame
tra studenti e operai non è stato veramente soddisfacente, soltanto ora si sono
veramente collegati tra di loro.
Il Wenhuipao è fatto molto bene; con il suo punto di vista sulla questione dei
quadri sono pienamente d’accordo, lo sostengo. Ci sono ancora alcune questioni
che dobbiamo sistemare dopo.
Nessun commento:
Posta un commento