martedì 31 maggio 2016

50° Anniversario della GRCP - INNALZIAMO LA GRANDE BANDIERA ROSSA DEL PENSIERO DI MAO TSE-TUNG; PARTECIPIAMO ATTIVAMENTE ALLA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE SOCIALISTA (18 aprile 1966) -- 1° Parte


Editoriale del Quotidiano dell’Esercito popolare di liberazione

Il presidente Mao Tse-tung ci ha insegnato che le classi e la lotta di classe sussistono ancora nella società socialista. In Cina, egli ha detto, “la lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra le differenti forze politiche e tra il proletariato e la borghesia nel campo dell’ideologia sarà ancora una lotta lunga, sottoposta a vicissitudini e che, in certi momenti, potrà diventare molto acuta”. La lotta per promuovere l’ideologia proletaria ed eliminare l’ideologia borghese sul fronte culturale è un aspetto importante della lotta tra due classi (il proletariato e la borghesia), tra due vie (la via socialista e la via capitalista) e tra due ideologie (l’ideologia proletaria e l’ideologia borghese). Il proletariato cerca di trasformare il mondo secondo la propria concezione e così fa anche la borghesia. La cultura socialista deve servire gli operai, i contadini e i soldati; deve servire la politica proletaria; deve servire a consolidare e a sviluppare il sistema socialista in previsione del suo graduale passaggio al comunismo. La cultura borghese e revisionista serve la borghesia, i proprietari terrieri, i contadini ricchi, i controrivoluzionari, i cattivi elementi e gli elementi di destra per spianare la strada alla restaurazione del capitalismo. Se il proletariato non occupa le posizioni del fronte culturale, esse saranno fatalmente occupate dalla borghesia. Si tratta di una lotta di classe acuta. Poiché le residue forze borghesi nel nostro paese rimangono ancora un fattore con il quale dobbiamo competere, poiché esiste ancora un gran numero di intellettuali borghesi, poiché l’influenza dell’ideologia borghese è ancora molto forte e i loro metodi per combatterci diventano sempre più indiretti, insidiosi e sornioni, sarà per noi difficile accorgerci che la lotta prosegue e forse potremo anche cadere vittime delle pallottole, indorate di zucchero, della borghesia e perderemo le nostre posizioni se allenteremo anche per poco la nostra vigilanza. In questo campo, non è ancora deciso chi trionferà, tra socialismo e capitalismo. La lotta è ineluttabile. Se non riusciremo a condurla in modo giusto, potrebbe portare al sorgere del revisionismo. Il nostro Esercito popolare di liberazione, le forze armate del popolo create e dirette dal Partito comunista cinese e dal presidente Mao, è lo strumento più leale del partito e del popolo, è il sostegno principale della nostra dittatura proletaria. Il ruolo importante che esso ha svolto per la causa rivoluzionaria del proletariato deve continuare a svolgerlo in questa grande Rivoluzione culturale socialista. Dobbiamo acquisire una conoscenza più approfondita della lotta di classe nel campo ideologico e, insieme a tutto il popolo del nostro paese, dobbiamo innalzare più in alto la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Tse-tung e condurre, inesorabilmente e fino in fondo, la Rivoluzione culturale socialista, in modo che il lavoro letterario e artistico delle nostre forze armate contribuisca potentemente a dare la priorità alla politica e a incoraggiare il processo rivoluzionario del popolo.

lunedì 30 maggio 2016

Corteo a Brescia per l'anniversario della strage - una corrispondenza da RedBlock BS

LE BOMBE LE METTONO I PADRONI,
LA LOTTA DI CLASSE È L’ARMA DELLE MASSE!

La mattina del 28 maggio Red Block Brescia ha partecipato attivamente al corteo della sinistra antagonista che ha sfilato per le vie del centro della città sotto le note di vari canti di lotta che hanno incitato le masse a lottare contro vecchie e nuove forme di fascismo. Il terribile atto terroristico del 28 maggio 1974 dimostra come il fascismo, oggi come ieri, sia uno strumento nelle mani dei padroni, una manovalanza che semina odio, violenza, morte. Questa è la storia che i vari governi della borghesia hanno cancellato riscrivendo una versione dei fatti mistificata, falsa e che serve solo l’interesse dei padroni che oggi più che mai hanno la necessità di un popolo senza memoria, senza radici, inconsapevole, incosciente per poter portare avanti senza difficoltà la costruzione di uno stato di polizia, moderno fascista. Un attentato da inserire nel contesto storico degli anni ’70: alle lotte per la casa, per la salute, per il salario, nelle officine, nelle fabbriche e nelle scuole, i padroni e il loro stato rispondevano, per mezzo dei servizi segreti e dei fascisti, con lo stragismo nero, aprendo il periodo delle bombe e della strategia della tensione.

Dunque è evidente l’importanza e la necessità della partecipazione attiva da parte di tutti i compagni, di tutti i reali e coerenti antifascisti a questa manifestazione non solo per ricordare ma per lottare, per cambiare, per distruggere lo stato di cose presente!


Il corteo è iniziato a piazza Garibaldi contando quasi mezzo migliaio di persone per arrivare in piazza Loggia quando si è potuto congiungere con altri 200 partecipanti. Esso ha visto protagonisti innumerevoli movimenti e gruppi del territorio quali Radio Onda d’Urto (alla quale abbiamo risposto ad alcune domande), il centro sociale Magazzino47, No Tav Brescia, SI  Cobas, gli anarchici della RASH, il Kollettivo Studenti in Lotta (KSL) e l’Associazione Diritti per Tutti. Inaspettata è stata la partecipazione del collettivo KAOS, gruppo antagonista della Val Trompia; oltre a questi all’arrivo in Loggia la presenza, fortunatamente esigua, di Rifondazione (anti)Comunista e dei trotskisti di Sinistra Anticapitalista. Durante un nostro volantinaggio, è stata particolarmente piacevole una discussione con una lavoratrice e compagna della Rete Antifascista Brescia da anni attiva nelle lotte sociali. L’argomento della discussione nello specifico, oltre al tema del progressivo indebolimento delle organizzazioni antifasciste a Brescia e il conseguente rafforzamento dei fascisti, verteva sul corteo svoltosi lo stesso 28 maggio di tre anni fa quando è intervenuta in sostegno alle forze dell’ordine territoriali la celere di Padova – conosciuta per l’estrema violenza poiché formata in maggioranza da ex-militari fascistizzati operanti in Medio Oriente per conto dell’imperialismo italiano – la quale ha letteralmente “fatto a pezzi” i manifestanti, causando un ingente quantità di feriti anche gravi, tra cui ragazzini. In questa occasione, racconta, gli operai dell’Iveco hanno eroicamente risposto alle cariche della polizia riuscendo ad aprire lo schieramento della celere e permettendo, alle urla di “per i compagni, per i nostri giovani!”, ai manifestanti di entrare in Loggia: qua è ancora una volta dimostrato che dove una battaglia è guidata dagli operai con partecipazione del popolo essa trionfa, mentre dove la dirigenza non è operaia essa perde! Così vale anche nella più importante delle battaglie: quella per la rivoluzione!


Riportiamo un articolo della Rete Antifascista Brescia.


28 maggio 1974-28 maggio 2016:
PIAZZA DELLA LOGGIA STRAGE FASCISTA STRAGE DI STATO

A 42 anni da quel piovoso martedì mattina, quando durante una manifestazione sindacale antifascista esplose una bomba collocata in un cestino di Piazza della Loggia provocando 8 morti ed oltre 100 feriti, ha ancora senso manifestare e riempire quella piazza? Molti ci ricordano che il lungo iter processuale ha finalmente condannato gli esecutori della strage. Altri affermano che le verità storiche sono accertate. Altri ancora che non dovendo più chiedere verità e giustizia si deve cambiare il senso del 28 maggio trasformandolo in una giornata dei diritti civili. L'ennesima “giornata” dedicata a qualcosa o a qualcuno nel solco di quella pacificazione tanto cara all'antifascismo del “terzo millennio”, quella pratica che vede Brescia come una sorta di laboratorio. Palestra ove anziché favorire il dialogo tra tutte le realtà che quotidianamente combattono nuovi e vecchi fascismi si preferisce far sedere al tavolo del dialogo un terrorista nero indagato per strage (come fece Manlio Milani nel marzo del 2011). Lo stesso fascista qualche anno dopo presenterà a Brescia, in un buco di fogna (unico posto che gli compete) un libro ove si afferma che la strage di piazza della Loggia è stata compiuta da una delle vittime: il partigiano Euplo Natali. Ma il modo più becero con cui si pratica l'antifascismo pacificatorio è rappresentato dal “memoriale delle formelle”, quel percorso che da Piazza Loggia sale fino al Castello e che ha la pretesa di ricordare con nomi e cognomi le vittime della violenza politica. Peccato che tra pressapochismo, omertose omissioni e imbarazzanti inclusioni sia un minestrone capace solo di nascondere il sacrificio di molti antifascisti da un lato, e funzionale a riabilitare e/o legittimare diversi fascisti dall'altro. Il caso più clamoroso è quello di Sergio Ramelli che prima di essere vittima di violenza politica è stato un bombarolo che andava in piazza armato di bombe a mano. Grazie a queste legittimazioni gli argini si infrangono e così organizzazioni fuorilegge si presentano addirittura alle elezioni e con parole d'ordine intrise di razzismo conquistano preoccupanti exploit come Casa Pound che prende il 7% alle comunali di Bolzano. E ancora una volta, tristemente, dobbiamo assistere a litri d'inchiostro usati per 'cercare di capire' cosa sia questo movimento di fascisti del terzo millenio. La risposta è nella stessa autodefinizione: FASCISTI. Nonostante ciò colpevolmente ci si ferma e sofferma sull'immagine patinata che il movimento neofascista ci da e che gli viene data, ultima in ordine di tempo la 'consacrazione' arrivata direttamente dalla polizia sul tavolo del ministro Alfano che dipinge questi personaggi come 'chierichetti' che diventano violenti 'solo se provocati'. Ci rincresce essere ancora qui a svelare anche l'altra parte (la maggiore) di Casa Pound cioè aggressioni, pestaggi (di recente a Bolzano il responsabile di CPI è stato processato e condannato per un pestaggio ai danni di un diciassettenne), e omicidi come a Firenze nel 2011 quando un simpatizzante/militante di Casa Pound, Gianluca Casseri ha ucciso due senegalesi, Samb Modou e Diop Mor. Cambiano i tempi, cambiano le sigle politiche ma la sostanza rimane sempre la stessa: fascisti al soldo dei padroni e dei poteri forti ed occulti quale manovalanza che semina odio, violenza e morte. E su tale solco proprio non si comprende la necessità di allestire una mostra “d'arte” sulla retorica mussoliniana come quella che verrà inaugurata il 29 maggio a Salò, una mostra intrisa di apologia che diverrà – a spese di tutti - luogo di pellegrinaggio della peggior feccia in camicia nera. Dopo 42 anni siamo ancora qua a urlare che la strage di piazza della Loggia è stata compiuta dai fascisti e voluta da padroni, servizi segreti e NATO in una parola dallo Stato. 42 anni di inchieste giudiziarie hanno proclamato due condanne ma molte sono ancora le zone d'ombra, i depistaggi non chiariti, le domande senza risposta. Dopo 42 anni siamo ancora qua a dire che il fascismo va combattuto sempre e comunque, è successo con la Resistenza, è successo negli anni 70 deve essere ancora oggi il nostro quotidiano impegno. Dopo 42 anni siamo ancora qua a ricordare i compagni morti per mano fascista e dello Stato, dopo Piazza Loggia la strage è proseguita fino ai giorni nostri: Dax, Renato Biagetti, Nicola Tommasoli Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Cesare Uva e tutti quelli che per motivi di spazio non possiamo citare.

NON ABBIAMO UNA CASA MA ABBIAMO MOLTA MEMORIA!

Rete Antifascista Brescia





sabato 28 maggio 2016

MAO - SUL BISOGNO DI UNA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE (17 marzo 1966)

In questo discorso Mao spiega la necessità di un ulteriore passo in avanti con la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, contro quei residui della classe borghese, ancora presente in molti ambiti culturali e sociali, e che solo con la rivoluzione nella rivoluzione possono essere spazzati via.


Resoconto del discorso pronunciato in una riunione allargata della Commissione permanente dell’Ufficio politico.

La nostra politica di prendere in carico, dopo la Liberazione, gli intellettuali esistenti ha avuto dei vantaggi ma anche degli svantaggi. Oggi il potere reale nel campo della scienza e dell’educazione si trova nelle mani di intellettuali borghesi. Più la rivoluzione socialista va in profondità, più loro oppongono resistenza e rivelano il loro volto antisocialista e ostile al partito. Wu Han e Chien Po-tsan sono membri del Partito comunista cinese, ma sono anche anticomunisti, praticamente appartengono al Kuomintang. Attualmente, in molti luoghi, la comprensione di questo problema è ancora molto limitata, la critica nel campo della cultura non si è ancora sviluppata. Ovunque bisogna fare attenzione in quali mani si trovano le scuole, i giornali, le riviste e le case editrici; bisogna criticare sinceramente e correttamente le autorità culturali borghesi. Dobbiamo formare le giovani autorità scientifiche nelle nostre file. Non si deve aver paura che le persone giovani possano ferire “l’ordine sovrano”, non dobbiamo soffocare i loro manoscritti. Non è necessario che la Commissione di propaganda presso il Comitato centrale diventi un reparto per il lavoro in campagna. Del gruppo fanno parte anche Wu Han, Liao Mo-sha e Teng Tuo, sono anch’essi nemici del partito e antisocialisti. Nel campo della letteratura, della storia, della filosofia, del diritto e dell’economia bisogna fare una grande Rivoluzione culturale; bisogna fare decisamente della critica: quanto marxismo esiste davvero in questo campo?









giovedì 26 maggio 2016

LETTERA DI MAO ALLE GUARDIE ROSSE DELLA SCUOLA MEDIA DELL’UNIVERSITÀ CHINGHUA (1° agosto 1966)

Compagni Guardie rosse della Scuola media dell’università Chinghua, ho ricevuto sia i manifesti a grandi caratteri che mi avete mandato il 28 luglio che la lettera in cui mi chiedete una risposta. I due manifesti a grandi caratteri che avete scritto il 24 giugno e il 4 luglio esprimono la vostra rabbia e denunciano di tutti i proprietari terrieri, i borghesi, gli imperialisti, i revisionisti e i loro lacchè che sfruttano e opprimono gli operai, i contadini, gli intellettuali rivoluzionari e i gruppi e i partiti rivoluzionari. Voi dite che è giusto ribellarsi contro i reazionari e io vi sostengo con entusiasmo. Io sostengo con entusiasmo anche il manifesto a grandi caratteri del Gruppo di combattimento Bandiera rossa della Scuola media dell’università di Pechino in cui si dice che è giusto ribellarsi contro i reazionari; sostengo anche l’ottimo discorso rivoluzionario tenuto dal compagno Peng Hsiaomeng rappresentante del Gruppo di combattimento Bandiera rossa alla grande riunione del 25 luglio cui hanno partecipato tutti gli insegnanti, gli studenti, il personale amministrativo e i lavoratori dell’università di Pechino. Qui voglio dirvi che io stesso, come tutti i miei compagni d’arme rivoluzionari, abbiamo assunto lo stesso atteggiamento. Io darò il mio entusiastico sostegno a tutti coloro che, ovunque si trovino, a Pechino o in qualsiasi altra parte della Cina, assumeranno un atteggiamento simile al vostro nel movimento della Rivoluzione culturale. Un’altra cosa: mentre vi sosteniamo, vi chiediamo nel contempo di tenere presente la necessità di unirvi con tutti coloro con i quali è possibile farlo. Per quanto riguarda coloro che hanno commesso gravi errori, dopo avere denunciato questi errori, voi dovreste offrir loro una via d’uscita, dando loro un lavoro da svolgere in modo che possano correggere i propri errori e diventare uomini nuovi. Marx ha detto che il proletariato non deve emancipare solo se stesso ma tutto il genere umano. Se non riuscirà a emancipare tutto il genere umano, allora il proletariato non sarà in grado di emancipare neppure se stesso. Prego i compagni di tener presente anche questa verità.




martedì 24 maggio 2016

"LE CLASSI DOMINANTI, GLI OPPRESSORI HANNO ODIATO CHIANG CHING..."

RIPORTIAMO IL TESTO CONTENUTO NEL VIDEO "Onore alla compagna Chiang Ching nel 50° anniversario della rivoluzione culturale proletaria "La rivoluzione nella rivoluzione di una donna comunista".

Il video si può vedere cliccando questo link:


Nel 50° anniversario della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, in Cina, rendiamo onore alla compagna Chiang Ching, militante e dirigente del partito Comunista Cinese, la cui vita è stata sempre al servizio della lotta rivoluzionaria delle masse popolari per la costruzione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione del sistema dominante, per avanzare lungo la via che porti al comunismo…
Le classi dominanti hanno volutamente distorto il significato della vita e della morte di Chiang Ching e, in generale, su di lei si conoscono le menzogne e le calunnie riportate dalla stampa borghese. È ovvio che gli oppressori l’abbiano odiata, perché oggi, come allora, Chiang Ching è un vivo e luminoso esempio di una compagna e dirigente comunista che ha incarnato pienamente cosa significa “Ribellarsi è giusto” e che in quanto donna ha anche concretamente messo in atto la parola d’ordine “scatenare la furia delle donne come forza poderosa per la rivoluzione’…” dimostrando che questo è possibile!
Nata il 14 marzo 1914 a Zhucheng, nella provincia dello Shandong, Lǐ Shūméng, nominata Chiang
Ching, crebbe nelle case di ricchi signori presso cui sua madre lavorava… di impeto sempre ribelle, fin da quando ragazzina si strappò le bende dai piedi, simbolo dell’oppressione feudale delle donne in Cina. A vent'anni, si trasferì a Shanghai, separandosi dal marito, dove iniziò a intraprendere la carriera di attrice recitando opere progressiste che chiamavano il popolo alla difesa della Cina contro il Giappone. Lavorò come insegnante nei corsi serali per gli operai venendo sempre più a conoscenza delle pesanti condizioni di vita di essi nelle fabbriche di proprietà del capitale straniero.
Avvicinandosi al marxismo-leninismo, a 23 anni entrò nella scuola di partito del PCC, diretto da Mao Tse Tung, dove fece anche addestramento militare.
Ma per il fatto di essere donna Chiang Ching dovette lottare molto, affrontando tanti ostacoli, contro il peso della tradizione oscurantista e patriarcale della società cinese; la professione di attrice, per esempio, veniva considerata una occupazione per donne facili, tradizione che in alcune forme si ripercuoteva anche all’interno dello stesso PCC.
Le fu impedito, per esempio, di svolgere un ruolo politico pubblico fino agli anni ’60, ma con tanta determinazione e spirito rivoluzionario Chiang Ching si preparò a questo compito lavorando nel campo dell’arte e in altri campi, quali per esempio il movimento per la riforma agraria.
Sempre al fianco di Mao, che divenne anche il suo compagno di vita, lottò duramente contro tutto ciò che voleva ostacolare e impedire lo sviluppo rivoluzionario delle masse in Cina, la costruzione del socialismo, e fu attiva protagonista della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, lanciata da Mao nel Maggio del 1966, difendendola sempre e strenuamente fino alla sua morte, contro i revisionisti, anche interni al Partito, che miravano di fatto alla restaurazione capitalista in Cina.
Nella GRCP Chiang Ching fu in prima linea come compagna dirigente su diversi fronti. Animò e guidò per esempio i tantissimi giovani ribelli nella lotta contro i seguaci della via capitalista, difese sin nel più profondo il diritto delle masse a dare l’assalto al cielo, a sfidare la tradizione e spazzare via il vecchio della reazione in tutti i campi; lottò con grande ardore contro il revisionismo, intervenendo decisamente nel campo sovrastrutturale della cultura e dell’educazione, dando un grande contributo anche al rivoluzionamento delle arti, in particolare nell’ambito del teatro, secondo la linea proletaria e rivoluzionaria che poneva al centro l’azione delle masse contro la linea revisionista che dietro un apparente nuovo continuava a difendere i privilegi di classe.
Ma grande fu anche l'impegno di Chiang Ching sulla questione delle donne per svilupparne la lotta per una reale liberazione dall’oppressione familiare e sociale.
Dalle operaie alle contadine, milioni di donne, l’altra metà del cielo come affermava Mao, hanno contribuito attivamente alla GRCP avendo nella compagna Chiang Chingh una decisiva guida.
Chiang Ching ha rappresentato l’incarnazione ideologica e pratica della concezione che afferma che è necessario scatenare la “rivoluzione nella rivoluzione" per la piena affermazione del ruolo delle donne nella trasformazione reale e profonda della società… non basta, infatti, una rivoluzione che rovesci il potere della borghesia e instauri il potere proletario, socialista… occorre ancora una “rivoluzione nella rivoluzione” per rovesciare la terra ma anche il cielo, il cielo delle idee, delle concezioni feudali e patriarcali che sono dure a morire, dei vecchi rapporti sociali fino ai rapporti tra uomo e donna… La GRCP è stata l’esperienza più moderna del proletariato, che ha indicato come portare una lotta rivoluzionaria in ogni ambito, non solo della struttura ma anche della sovrastruttura. Le donne cinesi, nonostante i cambiamenti sociali già acquisiti durante gli anni precedenti, vedi l’ingresso massiccio nel mondo del lavoro, nelle fabbriche, la riforma della legge sul matrimonio, la riforma del sistema d’istruzione, vedi i corsi di istruzione gratuita per le contadine, la riforma agraria… che portarono più diritti per le donne, nella RCP per prima cosa dovettero battersi per esempio contro i tentativi revisionisti di Liu Shao qi di estrometterle dal lavoro e relegarle di nuovo nel lavoro domestico… Le donne lottarono contro la violenza sessuale organizzando comitati di quartiere in cui facevano processi popolari contro i mariti, padri violentatori; furono distribuite le pillole anticoncezionali tra le donne che potevano iniziare decidere a della propria vita e maternità…
In tutto questo fermento rivoluzionario Chiang Ching, al fianco di Mao, è stata sempre per le donne un solido punto di riferimento ed esempio vero che solo partecipando alla rivoluzione in prima persona le donne possono emanciparsi, portare la rivoluzione a tutti i livelli...
Dopo la morte di Mao, avvenuta nel 1976, Chiang Ching è stata arrestata con i 3 compagni rivoluzionari che i revisionisti hanno chiamato “banda dei quattro”. Questi revisionisti che avevano preso il potere e restaurato il capitalismo in Cina nel 1976, hanno tenuto Chiang Ching in carcere per ben 15 anni, ma lei non si è mai piegata alle minacce, alle diffamazioni, ai vili attacchi, tenendo alta la bandiera rossa della rivoluzione e difendendo sempre la GRCP. Ed è stato nelle loro indegne mani lorde di sangue che la sua vita è giunta alla fine, in circostanze sospette: la data scelta dai revisionisti per comunicare la sua morte è stata quella del 14 Maggio 1991.
Oggi, a 50 anni dalla GRCP, come Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario riaffermiamo con forza di essere figlie ed eredi dell’esperienza rivoluzionaria di Chiang Ching. Essa è testimonianza del chiaro riferimento rivoluzionario interno al movimento comunista marxista leninista maoista che il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario ha assunto fin dall'inizio della sua esistenza – il primo collettivo del Mfpr nato a Palermo fu chiamato “Chiang Ching”.
Nel percorso non facile ma entusiasmante della lotta rivoluzionaria, affinché la maggioranza delle donne si liberi dalla doppia oppressione, di classe e di genere, prodotta da questo sistema capitalista, che non può essere riformato ma solo rovesciato, guardiamo a Chiang Ching e alla GRCP che ci indicano come la rivoluzione è monca se non si sviluppa una “rivoluzione nella rivoluzione” necessaria, per spezzare tutte le catene economiche e ideologiche del sistema borghese che fa dell’oppressione delle donne una base per la sua esistenza.
Ma questi insegnamenti vanno impugnati già oggi e ad ogni stadio sia della battaglia esterna volta alla conquista delle donne, delle proletarie alla lotta rivoluzionaria secondo la parola d’ordine “scatenare la ribellione delle donne come forza poderosa per la rivoluzione”, sia nella battaglia interna della costruzione del partito comunista di tipo nuovo che guidi la lotta rivoluzionaria in cui le compagne impugnino sin da subito la concezione della “rivoluzione nella rivoluzione” per combattere in ogni ambito, anche nel partito, il permanere di concezioni borghesi, maschiliste…
Chiang Ching, la sua vita di compagna e donna comunista in questo senso è uno splendido faro che illumina il nostro doppio cammino rivoluzionario.

W la compagna Chiang Ching
W il 50° anniversario della GRCP

Da Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

14 maggio 2016

lunedì 23 maggio 2016

la Rivoluzione Culturale - un 'utopia' attuale - se ne parla al punto-libreria Metropolis a Milano

“Io credo che, di fronte alla barbarie che dappertutto sembra avanzare, quel sogno sia attuale oggi ancor più che allora. (S.L.L.)”



elogio delle Guardie rosse
A milioni le guardie rosse hanno lasciato le scuole e sono scese nelle strade 
scatenando una irresistibile corrente rivoluzionaria: Tenendo alta la Bandiera Rossa del pensiero vittorioso di MaoTseTung  hanno messo pienamente in atto lo spirito rivoluzionario proletario:
osare pensare, parlare, agire, aprirsi la strada e fare la rivoluzione, eliminando tutto il fango lasciato dalla vecchia società e spazzando via i rifiuti accumulati nel corso di millenni
da
elogio delle guardie rosse 'bandiera rossa' N°6, 1966

E' GIUSTO RIBELLARSI!


NE PARLIAMO GIOVEDI’ 26 MAGGIO AL PUNTO LIBRERIA “METROPOLIS”
Dalla “Circolare del 16 maggio 1967” all’Editoriale del “Quotidiano del Popolo” del 1° gennaio 1967 -Portiamo fino in fondo la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria-; passando per il “LIBRETTO ROSSO” e proiezione video sulla Compagna Chiang Ching.
Dalle 16 alle 19!
                                                   
    IL PUNTO LIBRERIA MILITANTE. C/O T28 VIA DEI TRANSITI,28 APERTO IL GIOVEDI’ DALLE 16 ALLE 19. MA CHE TROVI E TROVERAI NELLE LOTTE! Per contatti, informazioni, richieste: metropolislibreria@gmail.com – cell. 338/7211377 

sabato 21 maggio 2016

Roma rifiuta Casapound. Flop, uova e vetri rotti - da contropiano


Clamoroso flop della “marcetta su Roma” organizzata da Casapound, tollerata e protetta da governo e polizia.
Nonostante le dichiarazioni propagandistiche (“siamo 10.000”), hanno radunato in tutta Italia poco più di un migliaio di teste approssimativamente rasate.
Ma gli è andata male anche come accoglienza, nonostante una quantità spropositata di polizuitti schierati a loro difesa, persino con truppe a cavallo (basta guardare le foto, non è difficile vedere la differenza con le nostre manifestazioni).


Mentre sfilavano in via Merulana (era stata loro vietata Piazza Vittorio, cuore multietnico di Roma) si sono presi alcune uova cadute da un palazzo. Poco più di uno sberleffo, ma comunque un segno di sgradimento esplicito.
In piazza dell’Esquilino, invece, si erano dati appuntamento gli antifascisti, a partire dall’Anpi e da numerose organizzazioni della sinistra e del movimento romani. Una partigiana ha intonato “Fischia il vento” a pugno alzato, trascinando tutta la piazza, ferma in presidio, ma ben più nutrita della sfilatina scortata dei fascisti che passava a qualche centinaio di metri di lì.
Dalle parti della stazione Termini, invece, in via Bixio, un’auto – un “Ncc”, ma con fascisti a bordo – è stata fatta oggetto di qualche pietra, un segnale stradale divelto e colpi di casco, riportando seri danni alla vetreria. L’autista, nel tentativo di frenare la dura critica dei sassi, ha provato a dire che si trattava di “turisti tedeschi”. E invece erano i membri della band nazi-rock che avrebbe dovuto intrattenere i “rapati” alla fine del corteo.
In piazza Esquilino, intanto, venivano esposti due grandi striscioni: “Contro ogni fascismo, io non dimentico”, in ricordo di Renato Biagetti (ucciso a Focene dai fascisti esattamente dieci anni fa) “Roma Libera, no ai fascisti vecchi e nuovi”. Più fantasiosi ed espliciti i cartelli: “Derattizziamo Roma”, “Unici stranieri, gli sbirri nei quartieri”, “Roma meticcia antifascista, necessaria””Casapound not welcome”.
Poi ci si è mossi in corteo fino a piazzale Tiburtino, dove la manifestazione si è conclusa; ma non senza far circolare il consiglio di muoversi in grandi gruppi verso le fermate della metropolitana e degli altri mezzi pubblici.

mercoledì 18 maggio 2016

Elogio alle guardie rosse della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina


A milioni le guardie rosse hanno lasciato le scuole e sono scese nelle strade scatenando una irresistibile corrente rivoluzionaria: Tenendo alta la Bandiera Rossa del pensiero vittorioso di MaoTseTung hanno messo pienamente in atto lo spirito rivoluzionario proletario:
osare pensare, parlare, agire, aprirsi la strada e fare la rivoluzione, eliminando tutto il fango lasciato dalla vecchia società e spazzando via i rifiuti accumulati nel corso di millenni
da
elogio delle guardie rosse
'bandiera rossa' N°6, 1966







martedì 17 maggio 2016

Viva il 50° anniversario della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria!


E' GIUSTO RIBELLARSI!

Viva la rivoluzione proletaria mondiale!

Viva il Maoismo!

il 1° documento

16 maggio 1966
Circolare del Comitato centrale del Partito comunista cinese

Agli uffici regionali del Comitato Centrale, ai comitati di Partito provinciali, municipali e delle regioni autonome, ai dipartimenti e alle commissioni dipendenti dal Comitato Centrale, ai gruppi e ai comitati di Partito negli organismi statali e nelle organizzazioni popolari, al dipartimento politico generale dell'Esercito popolare di Liberazione.
Il Comitato Centrale decide di: annullare lo "schema di rapporto sull'attuale dibattito accademico, stabilito dal gruppo dei cinque incaricato della rivoluzione culturale", approvato e messo in circolazione il 12 febbraio 1966, sciogliere il "gruppo dei cinque incaricato della rivoluzione culturale" e i servizi che ad esso fanno capo, costituire un nuovo gruppo incaricato della rivoluzione culturale, posto alle dirette dipendenze del Comitato permanente dell'Ufficio politico. Lo schema di rapporto elaborato dal "gruppo dei cinque" è profondamente errato. Esso si oppone alla linea definita dal Comitato Centrale e dal compagno Mao Zedong per la rivoluzione culturale socialista, si oppone al principio direttivo sulle classi e la lotta di classe nella società socialista, formulato nel 1962 alla decima sessione plenaria dell'Ottavo Comitato Centrale del Partito. Leali in apparenza ma traditori in segreto, gli autori dello schema si oppongono energicamente, con le loro azioni, alla grande rivoluzione culturale lanciata e diretta di persona dal compagno Mao Zedong, oltre che alle istruzioni sulla critica di Wu Han da lui formulate in occasione della conferenza di lavoro del Comitato Centrale, svoltasi nei mesi di settembre e ottobre 1965 (a una riunione del Comitato permanente dell'Ufficio politico, cui assistevano i compagni responsabili degli Uffici regionali del Comitato Centrale).
Lo schema di rapporto stabilito dal "gruppo dei cinque" non è in fondo che quello redatto dal solo Peng Chen, secondo le sue idee e all'insaputa del compagno Kang Sheng, membro di questo gruppo, e di altri compagni. Peng Chen non ha mai sollevato discussioni né proceduto a scambi di opinioni, all'interno del "gruppo dei cinque", in merito a questo documento, che pure tocca problemi di importanza capitale per l'insieme della rivoluzione socialista; non ha chiesto il parere di nessun comitato locale di Partito; non ha dichiarato che questo schema doveva essere sottoposto all'esame del Comitato Centrale prima di diventare un documento ufficiale; e ancor meno ha ottenuto l'approvazione del compagno Mao Zedong, presidente del Comitato Centrale. Ricorrendo ai mezzi più infami, Peng Chen ha agito in modo arbitrario, ha abusato dei suoi poteri e si è affrettato a far circolare questo documento in tutto il Partito, usurpando il nome del Comitato Centrale.

domenica 15 maggio 2016

50 Anniversary of Great Proletarian Cultural Revolution. Honor to Chiang Ching - il video del Mfpr nella versione inglese

1966 – 2016

50 Anniversary of Great Proletarian Cultural Revolution

Honor to Chiang Ching


The revolution within the revolution of a communist woman



venerdì 13 maggio 2016

Rappresaglia di stato contro i ribelli del 15 ottobre 2011

15 OTTOBRE 2011: SENTENZA DI PRIMO GRADO. 61 ANNI DI CARCERE


CiPgcpdWsAA1oHL 300x225A Roma nella tarda mattinata di oggi, giovedì 12 maggio, è arrivata la sentenza di primo grado per il processo in merito alla giornata di rabbia del 15 ottobre 2011 a Roma.
17 compagne e compagni avevano sulle spalle un totale di richieste di carcere da parte dell’accusa di 115 anni. La sentenza ha condannato 15 compagni e compagne a oltre 61anni di carcere. La condanna più alta è di 9 anni contro un compagno accusato di aver appiccato l’incendio di un mezzo blindato a piazza San Giovanni. La più “bassa”, 4 mesi.
I giudici della nona sezione penale ha inoltre disposto una provvisionale da 60mila euro in favore di un carabiniere, 80 mila euro per i ministeri di Interni e Difesa, 40 mila euro per il dicastero dell’Economia, 60 mila euro al Comune di Roma e 20 mila ad Ama, l’azienda dei rifiuti.
 I giudici hanno poi disposto la trasmissione degli atti alla  Procura per “…valutare la posizione di rappresentanti delle forze dell’ordine e per valutarne le condotte avute in occasione della manifestazione del 15 ottobre 2011″.

Chi si ribella non è mai solo/a.
Sono passati quasi 5 anni: era il 15 ottobre del 2011, le strade di Roma si erano riempite.
In quel periodo, dopo le forti proteste e rivolte che avevano acceso la “primavera araba”, anche in Europa e negli Stati Uniti, in seguito all’appello lanciato dai movimenti 15M nati a Madrid, si scendeva in piazza ovunque, davanti e contro i palazzi del Potere, nel rifiuto delle politiche di austerità adottate dai governi come ricetta alla crisi economica in atto.
A Roma quel giorno c’erano centinaia di migliaia di persone: non mancavano i carri di partiti, sindacati, organizzazioni di movimento. C’erano, come si suol dire, tutti.
“Tutti insieme”, i discorsi contro la crisi, oppure contro il sistema della crisi, contro il capitalismo e lo stato di diritto.
Il comitato promotore accettò di non manifestare davanti alle sedi governative, così come deciso dalla Questura; ci furono comunque tantissimi gesti di rivolta e diverse ore di scontri con le forze dell’ordine: un susseguirsi di cariche e una continua resistenza a esse.
In tanti e tante, durante quella giornata, non sentirono di reprimere la propria rabbia. Non scapparono, ma reagirono, perché troppo forte l’odio per la miseria economica e culturale cui il sistema capitalista ci costringe ogni giorno.
Perché, oggi come ieri, come il 15 ottobre del 2011, in questo mondo si determina lo sfruttamento da parte di pochi nei confronti di molte\i, la guerra e lo sterminio delle popolazioni oppresse, la distruzione delle risorse naturali e della terra, tutto in nome del profitto, dell’arricchimento, del denaro.
Ed è inevitabile che, per tutto questo, la rabbia possa anche esplodere.
Poi ne seguì il tormentone mediatico, quello dei discorsi contro la violenza e per il rispetto della legalità, a cui si affiancarono le prese di distanza dai rivoltosi, sostenute anche da coloro che avevano partecipato a quella manifestazione, nel tentativo di recuperare ciò che era loro sfuggito di mano.
Oltre a questo, la caccia ai resistenti di Piazza San Giovanni e ai rivoltosi del corteo, attraverso il ricorso a fotografie e video, con il prezioso contributo delatorio di innocenti cittadini o di zelanti tutori dell’ordine interno al corteo.
Dopo i manganelli e i caroselli della celere nelle strade, scattarono i primi arresti seguiti da ampie indagini e infine i processi. Inizia la risposta degli apparati giudiziari al soldo dei Poteri, che avvertirono il campanello d’allarme.
In un primo momento, decine di denunce e diversi arresti nei confronti di chi rimase in piazza San Giovanni. Poi, un filone di indagine specifico per il blindato dei Carabinieri andato in fiamme. Per finire, un ulteriore filone di inchiesta volto a sostenere l’architettura premeditata dell’esplosione di rabbia di quella giornata.
Quindi, processi e condanne anche in direttissima per i primi arrestati, con l’accusa di resistenza pluriaggravata, poi una punizione esemplare attraverso il ricorso al reato di devastazione e
saccheggio per i militanti di Azione Antifascista Teramo imputati dell’assalto al blindato; di nuovo il ricorso al reato di devastazione e saccheggio per le 18 persone rinviate a giudizio nell’ultimo filone di inchiesta.
Nei tribunali un accanimento feroce da parte dei Pubblici Ministeri, il ricorso al reato di devastazione e saccheggio come monito e punizione esemplare: il solito leitmotiv del colpirne alcuni per intimorire tutti e tutte.
È successo per la rivolta di Genova nel 2001, per il corteo antifascista di Milano nel 2006; si sono adottate queste misure anche lo scorso anno riguardo la manifestazione antifascista di Cremona e per il corteo No Expo a Milano.
È un dato di fatto che questo strumento, eredità del codice penale del ventennio fascista, venga adoperato sempre più frequentemente per sanzionare comportamenti di piazza di natura tumultuosa, affermando un chiaro indirizzo politico da parte della magistratura e la sua conseguente attestazione negli ambiti della giurisprudenza.
Detto in maniera più esplicita: manifestanti buoni e manifestanti cattivi. Il recinto di ciò che è consentito e quello che non lo è. Finché si esprime dissenso a parole, va tutto bene (per il momento), siamo in Democrazia. Con la variabile sempre presente che a sostenere questo indirizzo non siano solo gli inquirenti.
Tra tutti coloro che erano in piazza quel giorno, dopo il processo conclusosi in Cassazione con la conferma del reato di devastazione e saccheggio per i militanti di Azione Antifascista Teramo, altre 17 persone, a cui sarebbe stato aggiunto anche Chucky, se non ci avesse lasciato a causa della sua morte, potrebbero andare a sentenza il prossimo 12 Maggio 2016, a seconda che il PM Minisci decida di replicare o meno alle argomentazioni difensive.
L’accusa ha fatto richiesta di 115 anni complessivi per queste 17 persone rimaste ancora imputate. I reati contestati vanno dalla resistenza aggravata a pubblico ufficiale alla devastazione, dalle lesioni all’incendio doloso, ma anche capi d’imputazione ‘minori’ come turbativa dell’ordine pubblico e interruzione di pubblico servizio. La richiesta più alta è di 11 anni di carcere per un manifestante, le altre oscillano dai 3 ai 9 anni di reclusione. A queste si aggiunge la richiesta di risarcimento danni da parte di una banca, comune di Roma, AMA e ATAC, alcuni ministeri e di agenti delle forze dell’ordine che si sono costituiti parte civile.
Un appello alla solidarietà rivolto “generalmente”, oltre a essere un’illusione e una menzogna rivolta a sé stessi, a 5 anni di distanza da quella giornata, cadrebbe nel vuoto.
La consapevolezza di questo avviene dopo anni di udienze svolte qui a Roma, di posizioni dissociatorie assunte anche in sede processuale da parte di alcune difese, di silenzi perpetrati anche da parte delle stesse realtà che il giorno prima inneggiavano alla rivolta, quello dopo si nascondevano intimorite.
Eppure, pur considerando tutto questo, si preferisce guardare ad altro.
Chi si è ribellato quel giorno, come in altri momenti, non resta solo, perché la solidarietà non è una parola vuota di senso, ma pratica di vicinanza e compartecipazione tanto ideale quanto concreta.
Se intorno la giornata del 15 Ottobre e la rivolta che l’ha animata è in atto un’operazione di rimozione, noi invece non vogliamo dimenticare.
Se intorno le persone che sono imputate si vuole creare isolamento, non è nostra intenzione lasciarle sole.
Se rispetto l’espressione del dissenso c’è l’intenzione, da più parti, di tracciare il selciato del consentito, il sentiero della rivolta non conosce percorsi definiti da nessuno.
Perché un giorno, alcune volte, o tutti i giorni, ci si può trovare anche “tutti insieme” sotto lo stesso cielo, ma è l’orizzonte verso cui ci si muove che fa la differenza.
A chi ha vissuto la rivolta del 15 Ottobre 2011.
A chi non dimentica.
A chi pensa che coprirsi il volto durante una manifestazione non voglia dire essere infiltrati.
A chi si copre il volto quando gli pare.
A chi vive di rivolta.


Rete Evasioni.

lunedì 9 maggio 2016

MA I "BLACK BLOCK" HANNO MESSO IN ATTO LE PAROLE DI BERGOGLIO...














L'ha detto anche Bergoglio che bisogna costruire 'ponti' e 'abbattere i muri'. Quindi i muri contro i migranti si possono e si devono abbattere! E i governi imperialisti fascisti, razzisti in Europa che stanno facendo a gara a chi li alza più alti, a chi riserva esercito, polizia, cani, pallottole, lacrimogeni, idranti, anche a vecchi, donne, bambini; i governi che come bestie cancellano anche i minimi diritti umani, per moderni olocausti, si possono e si devono combattere!

E chi lo può fare? Le maschere ipocrite, col sorriso raggelato della Merkel, o degli Juncker, o delle Mogherini – che fanno fare il “lavoro sporco” alla ben pagata e accarezzata Turchia del pluri assassino Erdogan, che - come ha scritto Di Francesco su Il Manifesto - “...Si avvia a gestire per noi in appalto in nuovi universi concentrazionari (cioè campi di concentramento) la disperazione dei profughi. Vale a dire la vergognosa arroganza della fortezza Europa...”.
O lo devono fare, come lo fanno, le stesse masse di migranti, e i giovani, i lavoratori, le donne, gli antirazzisti, antifascisti dei nostri “civili” paesi imperialisti?
E, allora, di che vi meravigliate!? Ieri al Brennero i giovani, dell'Italia, dell'Austria, della Germania, anarchici, antirazzisti, hanno messo in pratica il principio umano che i muri si devono abbattere, ad ogni condizione!

La violenza, reazionaria, sta in chi fa il nero contabile dei morti in mare, dei morti per freddo, per fame, per intossicazione da lacrimogeni..., per cui una lacrimuccia basta per poi respingere i migranti, per mandarli (senza essere visti, mi raccomando...) a morire nei paesi per mano dei regimi reazionari o delle bombe dell'imperialismo.
La violenza, reazionaria, sta nel governo Renzi e nel suo Ministro Alfano che, dopo essersi incontrato col suo compare, il neo ministro degli Interni austriaco Wolfgang Sobotka, pensa che basti chiamare i muri “controlli alle frontiere” perchè i respingimenti, armi in pugno, rientrino nella “normalità”; mentre manda tutto l'armamentario delle forze dell'ordine a reprimere la manifestazione al Brennero e minaccia di fare altrettanto a Ventimiglia, rispondendo con i fatti al suo compare che diceva, mentendo: “Se l’Italia fa i suoi compiti non ci sarà neanche bisogno dei controlli”. E l'Italia imperialista, di Renzi, Alfano, Pinotti, ecc., quella che non vede l'ora di andare in guerra in Libia per salvaguardare il suo posto nella contesa geostrategica, quella che fa la “diplomatica” con il macellaio torturatore al-Sisi, per non mettere in crisi i profitti dell'Eni e delle altre multinazionali, i suoi compiti li fa, mandando la sua polizia alle frontiere e rinchiudendo negli hotspot i migranti, per poi ricacciarli indietro o rendendoli essa dei “clandestini”.

Quindi, cosa hanno fatto i giovani (o i “black block” come voi li chiamate) hanno attaccato e respinto questa violenza reazionaria, di anticiviltà; hanno, se vogliamo, reso coerenti le parole del papa. Possiamo chiamarlo un atto di umanità...!

venerdì 6 maggio 2016

Bologna. Via la carogna troglodita razzista Salvini dall'Università di Bologna, difeso come sempre dalla polizia che carica e ferisce gli studenti


Bologna, Salvini in visita all’università. Manifestazioni e proteste: scontri e cariche delle forze dell’ordine

Matteo Salvini torna a Bologna e, come successo già a novembre scorso, si verificano scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Alcune decine di persone, infatti, hanno protestato contro la visita del leader del Carroccio e, dopo avere dato vita a una sit in davanti al rettorato in via Zamboni, si sono spostate a Porta Saragozza per raggiungere la Facoltà di ingegneria, dove il segretario federale della Lega Nord ha in programma l’incontro con il rettore, Francesco Ubertini, e dove si terrà la conferenza stampa post faccia a faccia. I manifestanti hanno provato a risalire la via Risorgimento, ma sono stati bloccati da un cordone di forze dell’ordine, schierati in assetto antisommossa, con scudi e manganelli. A seguito di un secondo tentativo di percorrere la stessa strada, ci sono state un paio di cariche di polizia, che hanno allontanato i manifestanti i quali, a loro volta, hanno lanciato a loro volta uova e ortaggi.

mercoledì 4 maggio 2016

Un 'nostro' compagno in prigione in Francia negli scontri sulla LOI-TRAVAIL - sviluppiamo la solidarietà - informazione/iniziative/messaggi


in via di traduzione
Nous relayons ici le communiqué de la CARA suite à la mise en détention d’un Camarade à Clermont-Ferrand.

Le communiqué de la CARA :
« Antoine, un Camarade brancardier de Vichy, militant de la CARA et militant à la CGT, a été placé en détention provisoire après avoir refusé la comparution immédiate. Il avait participé à l’occupation du Conseil Municipal de Clermont-Ferrand vendredi 29 avril dernier. Lors de cette action, à l’appel de Bianchi, maire PS, les flics avaient évacué la salle à coups de matraques, de gazeuses et de taser. Marc Fernandez, chef de toute la police du Puy de Dôme, dirigeait ses troupes. En première ligne dans la répression, il s’est pris une enceinte en pleine tête dans la cohue. Les flics se jettent alors sur notre Camarade et l’arrêtent.
Au procès qui a eu lieu ce lundi 2 mai, notre Camarade a refusé la comparution immédiate. Mais le
procès est politique. La justice veut faire des exemples de celles et ceux qui refusent de baisser la tête. Quel que soit sa situation ou les arguments de l’avocat, il est puni pour son engagement révolutionnaire. Il est placé en détention provisoire jusqu’à son procès le 26 mai prochain.
Les violences policières de vendredi dernier et la répression qui s’accumule à Clermont (3 procès à venir, les 10 et 23 mai et le 7 juin) montre bien que la justice n’est pas aveugle comme veut bien nous faire croire le mythe républicain mais qu’elle touche principalement les couches les plus pauvres de la population et les révolutionnaires. C’est ça la justice de classe : « file bien droit, tête baissée, et si tu la ramènes, tu sais ce qu’il t’attend ». Mais comme nous l’avons déjà dit et répété, nous ne nous laisserons pas intimider. Ils peuvent bien essayer de « faire des exemples », ce n’est pas ça qui fera tomber notre détermination, bien au contraire !
Nous appelons à une manifestation ce samedi 7 mai à 14h, place Delille, à Clermont-Ferrand
Face à la répression, rendons coup pour coup !
Liberté pour Antoine ! Arrêt des poursuites !

Nous réaffirmons que leur répression ne fait que renforcer notre détermination dans notre combat. Comme nous l’avions écrit : « Il est important d’analyser la répression, non comme tombant du ciel mais comme étant la logique même du fonctionnement de la société de classe. La lutte contre la loi Travail, c’est l’expression de la lutte de classe, la lutte entre deux camps aux intérêts inconciliables. » Que les révolutionnaires payent le prix de leur lutte ne fait que valider ces lignes.
Nous ne luttons pas pour aménager le système mais bien pour en construire un nouveau, sur les cendres de l’actuel. Cela passe et passera nécessairement par des confrontations violentes avec les gardiens du système actuel. Quand nous disons cela, ce n’est pas que nous sommes violents mais simplement réalistes. Réduire notre combat à un combat violent, c’est ne pas voir ce qu’est la lutte révolutionnaire. Elle touche à tous les aspects de la vie et se déroule sur tous les terrains. La lutte révolutionnaire, c’est avant tout le développement de l’activité révolutionnaire des masses. Et nous le savons, dès que des initiatives sont prises, la répression tombe. Voilà d’où vient la violence. Elle vient de l’État qui cherche à se protéger pour préserver les intérêts de la classe dominante. Notre violence, au contraire, est destinée à nous libérer du joug de la société capitaliste et à provoquer la chute du système impérialiste tout entier. Leur violence nous contraint à accepter de vivre une vie où on travaille pour payer le 4×4 et la villa des bourgeois. La violence révolutionnaire permet de créer les bases d’une nouvelle société où la majorité qui est aujourd’hui exploitée prend en main son destin commun. Le travail qui sert aujourd’hui à engendrer les profits pour quelques privilégiés, servira demain à assurer les besoins du peuple. Notre violence a pour objectif de mettre fin à leur violence, qui sont bien au-delà des répressions policières (famines provoquées par la spéculation, accaparement des terres, massacres des peuples opprimés par leurs guerres impérialistes, morts sur les chantiers et dans les usines, évictions des logements, etc.).
C’est pourquoi nous avançons sur la voie de la Guerre Populaire, c’est à dire la guerre de la classe ouvrière et des masses populaires contre nos oppresseurs et exploiteurs. La Guerre Populaire, c’est l’affrontement contre la bourgeoisie sur tous les fronts : social, culturel, économique, politique, militaire,… C’est la reprise du pouvoir par celles et ceux qui le subissent aujourd’hui. C’est la construction d’une nouvelle société, pas à pas, sur la voie de la révolution.
Voilà pourquoi, nous le savons, notre camp continuera d’être réprimé, emprisonné, matraqué, etc.
Avançons sur le chemin révolutionnaire, avançons sur le chemin de la guerre populaire !

martedì 3 maggio 2016

Turchia 1° maggio

Primo Maggio a Istanbul: polizia contro i lavoratori, un morto