Estratti dell’articolo firmato dal gruppo di critica dell’Università di Pechino e dell’Università
Chinghua e pubblicato sul Quotidiano di Pechino. Questo testo è uno di quelli che la
redazione delle Opere di Mao Tse-tung ha ritenuto utile pubblicare assieme ai testi redatti
da Mao Tse-tung o redatti sotto la sua direzione. Essi sono redatti da organismi o portavoci
della linea e protagonisti delle iniziative politiche dirette da Mao Tse-tung e, a parere della
redazione, aiuteranno il lettore a conoscere meglio sia la lotta di classe nel cui contesto si
inserisce il pensiero di Mao Tse-tung sia la comprensione che di essa ebbero i suoi più vicini
compagni di lotta.
Nel Progetto di lavoro 571 Lin Piao lasciava perfidamente capire che questa
rivoluzione era “di estrema sinistra” al solo fine di negarla sul piano della linea
politica.
Lin Piao nutriva un odio implacabile verso la grande tempesta che scuoteva il
revisionismo; in preda al panico, si aiutava con la regola di condotta di Confucio
“tenersi nel giusto mezzo” e con la teoria revisionista “due si fondono in uno” per
contestare la lotta di classe e la lotta tra le due linee durante il periodo del socialismo.
Sono stati i maneggi da lui fatti nella Rivoluzione culturale che hanno svelato
i suoi intenti criminali.
Nel 1966, tre giorni dopo la pubblicazione della Circolare del 16 maggio del
Comitato centrale del Partito comunista cinese, vasto programma della Rivoluzione
culturale definito sotto la personale direzione del presidente Mao, Lin Piao
pronunciò a proposito del “colpo di Stato” un perfido discorso nel quale
respingeva la lotta di classe e la lotta tra le due linee, la necessità di questa grande
rivoluzione, la teoria marxista, la direzione del partito e il fatto che le masse
popolari fanno la storia. Si opponeva così radicalmente alla linea fondamentale
del partito e alla teoria, alla linea, ai principi e alle misure politiche di questa
rivoluzione avanzati dal presidente Mao nella circolare e cercava di indirizzare,
sin dall’inizio, la rivoluzione su una falsa strada.
Nel momento in cui essa era al suo apice, Lin Piao tentava in tutti i modi di farla
deviare dal suo orientamento generale. La definì un movimento di critica del “partito
al potere” e lanciò la parola d’ordine “Bisogna dirigere la lotta contro un pugno di
dirigenti dell’esercito” e arrivò al punto di proclamare che la presente rivoluzione
aveva lo scopo di combattere coloro che avevano fatto quella del passato, così che
il nostro partito, il nostro esercito e tutto il proletariato diventarono i bersagli dei suoi
attacchi nella speranza che la dittatura del proletariato fosse sostituita da quella della
borghesia. Nascosti nell’ombra, Lin Piao e i suoi fidi tramarono complotti su complotti, suscitarono il frazionismo borghese, disgregarono i ranghi rivoluzionari
e spinsero le masse alla violenza per sabotare le grandi disposizioni strategiche del
presidente Mao e attentare alla rivoluzione e alla produzione. Issarono apertamente
la bandiera a brandelli della dottrina di Confucio e di Mencio nella vana speranza
che la dittatura dei proprietari terrieri e della borghesia si esercitasse di nuovo sul
proletariato nella sovrastruttura, settore della cultura compreso.
Alla vigilia del nono Congresso del partito, Lin Piao, in connivenza con Chen
Po-ta, elaborò un rapporto che avanzava la “teoria delle forze produttive” in
opposizione alla linea fondamentale del partito e alla rivoluzione ininterrotta sotto
la dittatura del proletariato e, in fin dei conti, a questa Rivoluzione culturale. Dopo
il congresso Lin Piao e uno dei suoi fanatici partigiani scrissero più volte
quest’iscrizione: “In ogni tempo e in ogni cosa, ciò che solo importa è moderarsi
e far ritorno ai riti”. Riprendendo il precetto confuciano, essi lanciarono un attacco
astioso contro la Rivoluzione culturale e tutti i movimenti politici sorti dopo la
nascita della nuova Cina per riabilitare un pugno di geni malefici i cui capifila
incarnavano le linee opportuniste. Secondo questo programma reazionario di
restaurazione del capitalismo, Lin Piao e i suoi seguaci organizzarono a due
riprese dei colpi di Stato controrivoluzionari che fallirono.
Controrivoluzionario doppiogiochista, Lin Piao camuffò spesso le sue vere
intenzioni. Nel tentativo di fomentare dei disordini, un pugno di nemici, compresi
i suoi seguaci, dichiararono ipocritamente che la linea di Lin Piao era di “estrema
sinistra” nell’essenza e col pretesto di combatterla denigrarono quel movimento
di massa che era la Rivoluzione culturale, le sue realizzazioni e la linea
rivoluzionaria proletaria del presidente Mao per negare radicalmente la Rivoluzione
culturale e riabilitare la linea revisionista di Liu Shao-chi. Tutti questi perfidi
complotti dovevano essere sventati.
Lo scoppio della Rivoluzione culturale con la partecipazione di centinaia di
milioni di persone è una logica conseguenza della lotta lunga e aspra nel periodo
socialista tra le due classi, le due vie e le due linee.
Il presidente Mao ha fatto la sintesi profonda dell’esperienza storica, positiva e
negativa, acquisita sia all’interno che all’esterno del paese sotto la dittatura del
proletariato e ha avanzato la teoria della continuazione della rivoluzione sotto questa
dittatura, definendo, per il nostro partito, la linea fondamentale per tutto il periodo
storico del socialismo. Ripetutamente egli ha dichiarato al partito e al popolo che la
lotta di classe sarebbe stata lunga, mettendoli in guardia contro il pericolo di
restaurazione del capitalismo e la comparsa da noi del revisionismo, più particolarmente
in seno al Comitato centrale del nostro partito. Un pugno di dirigenti del partito
impegnati nella via capitalista incarnano la borghesia in seno al nostro partito: sono
questi i nemici più pericolosi della dittatura del proletariato. La grande Rivoluzione
culturale proletaria ha permesso di “mobilitare le grandi masse apertamente, in tutti
i campi, a partire dalla base, in modo che esse denuncino il nostro lato oscuro” e ha
mirato principalmente ai dirigenti del partito impegnati nella via capitalista. È questo,
tra gli altri, un nuovo e importante contributo apportato dal presidente Mao alla teoria
e alla pratica marxiste-leniniste.
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Tramite la Rivoluzione culturale, su tutti i fronti del nostro paese regna una
situazione eccellente, situazione che si esplica attraverso i profondi cambiamenti
sopraggiunti nei rapporti di forza tra le classi: la dittatura del proletariato è
consolidata e il proletariato ha acquisito una superiorità sempre più evidente e
sempre più schiacciante sulla borghesia.
Engels ha osservato: nella società divisa in classi, “ciò che per gli uni è un bene
è necessariamente un male per gli altri, ogni liberazione di una classe è
oppressione per un’altra classe”. Per questo, partendo da posizioni diverse, le
diverse classi hanno un punto di vista completamente diverso sulla situazione.
Se ci si attiene alla posizione del proletariato e se si analizzano i problemi alla
luce del marxismo-leninismo, si giudica eccellente la situazione della grande
Rivoluzione culturale. Lenin ha sempre apprezzato molto i periodi rivoluzionari
di sviluppo dell’umanità considerandoli come “i momenti più vitali, importanti,
essenziali e decisivi della storia delle società umane”. Nel corso di questi periodi,
le classi rivoluzionarie si sollevano per rovesciare le classi reazionarie, abbattere
un regime, un ordine e una cultura superati e corrotti e aprire una larga via
all’espansione delle forze produttive sociali. Affermare che la grande Rivoluzione
culturale è in un’eccellente situazione significa confermare le riforme rivoluzionarie
socialiste e sostenere la continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del
proletariato e, in ultima analisi, la linea fondamentale del partito.
È naturale che i proprietari terrieri, la borghesia e le altre forze reazionarie che
hanno subito colpi micidiali nel corso della Rivoluzione culturale giudichino cattiva
questa situazione, peggiore di quella esistente in passato. Come potrebbe essere
altrimenti? È anche naturale che Lin Piao e i suoi seguaci abbiano la stessa opinione.
Come ha detto il presidente Mao: “Se siamo attaccati dal nemico, è una buona cosa,
perché questo prova che abbiamo tracciato una linea di demarcazione ben netta tra
il nemico e noi. Se il nemico ci attacca con violenza, dipingendoci con le tinte più
sinistre e denigrando tutto quello che facciamo, è ancora meglio, perché ciò prova
non solo che abbiamo stabilito una linea di demarcazione netta tra il nemico e noi,
ma anche che abbiamo riportato dei successi notevoli nel nostro lavoro”.
Se Lin Piao calunniava la Rivoluzione culturale dicendo che apriva prospettive
oscure, era per preparare l’opinione pubblica al colpo di Stato reazionario,
all’usurpazione della direzione del partito e alla conquista del potere dello Stato.
La comparsa di nuove realizzazioni caratterizza le epoche di grandi trasformazioni
sociali. Esse minacciano necessariamente l’esistenza e gli interessi delle
classi decadenti: il come valutare le cose nuove apparse in queste epoche
costituisce un punto caldo della lotta di classe.
All’epoca Primavera e Autunni (770-476 a.C.) e in quella dei Regni combattenti
(475-221 a.C.), i rappresentanti della scuola legista criticavano duramente il vecchio
sistema dei proprietari di schiavi e appoggiavano con tutte le loro forze le riforme,
rispondenti agli interessi della classe dei proprietari terrieri in ascesa. Confucio al
contrario si dedicava anima e corpo al mantenimento del sistema schiavista, il sistema
più reazionario, sinistro e corrotto, che era in difficoltà e faceva l’impossibile per
opporsi alla nuova struttura economica, sociale, alla classe in ascesa, alla nuova
ideologia e a tutti coloro che impersonavano il progresso.
La triplice unione di persone anziane, di persone di mezza età e di giovani, i
lavori rivoluzionari modello, l’insediamento in campagna da parte di giovani
istruiti, le Scuole dei quadri del 7 maggio, gli studenti operai-contadini-soldati, i
medici “dai piedi scalzi” e il sistema di quota medica, tutte queste creazioni della
Rivoluzione culturale le dobbiamo alla rivoluzione socialista nella sovrastruttura
e alla critica della dottrina di Confucio e di Mencio. Combattendole violentemente,
Lin Piao provava semplicemente di essere diventato il rappresentante che le forze
sociali più reazionarie e corrotte speravano.
D’altronde, il fatto che venerasse Confucio, combattesse la scuola legista e
denigrasse la Rivoluzione culturale non è un fenomeno isolato. Sul piano
internazionale, l’imperialismo, il revisionismo e la reazione non smettono mai,
neanche per un solo giorno, di calunniare e insultare questa rivoluzione;
all’interno, un pugno di nemici di classe la maledice, apertamente o nell’ombra.
Nettamente ostile alle riforme sociali e al progresso della società, quest’accozzaglia
di autentici discendenti di Confucio si oppongono alla Rivoluzione culturale
e auspicano il ritorno della linea revisionista. Costoro hanno formato forze
restauratrici borghesi sulle quali Lin Piao ha fatto affidamento per produrre il suo
Progetto di lavoro 571. Un elenco di questi criminali ce li farà conoscere meglio:
elementi dell’ossatura del Kuomintang, proprietari terrieri e despoti, burocrati e
capitalisti reazionari o loro fedeli discepoli, destra borghese, rinnegati, agenti
segreti e responsabili impegnati nella via capitalista smascherati durante la
Rivoluzione culturale e, infine, lacchè dell’imperialismo e del socialimperialismo.
Tutta questa varietà di nemici della Rivoluzione culturale si prodigava per
restaurare la dittatura fascista feudale compradora rovesciata e per fare della Cina
un paese semicoloniale e semifeudale, una colonia del socialimperialismo
sovietico. Il precetto della “moderazione e del ritorno ai riti” vantato da Lin Piao,
precetto che risponde puntualmente alle aspirazioni dei nostri nemici interni ed
esterni, ha lo stesso contenuto di classe della dichiarazione di Chiang Kai-shek che
parla di “combattere il comunismo per ristabilire il suo regime in Cina”. È quindi
evidente che l’esistenza di idee reazionarie che contestano la Rivoluzione
culturale è spiegata con l’esistenza, all’interno del paese, di proprietari terrieri, di
contadini ricchi, di controrivoluzionari, di cattivi elementi, di elementi di destra
e della cricca di Chiang Kai-shek e, all’esterno, dell’imperialismo, del revisionismo
e della reazione, che costituiscono la base di classe dell’ideologia avversa.
La lotta pro o contro la Rivoluzione culturale è una lotta intransigente tra la
restaurazione e la controrestaurazione, una lotta continua tra il Kuomintang e il
partito comunista. Dobbiamo assolutamente renderci conto che questa lotta sarà
lunga e complessa e che il fallimento di Lin Piao non ne comporta affatto la fine.
Lasciamo a questo punto la parola al presidente Mao: “Nella rivoluzione, la questione
di sapere chi avrà la meglio non sarà risolta che al termine di un periodo storico molto
lungo. Se non agiamo come dobbiamo, la restaurazione del capitalismo può
verificarsi in ogni momento. I membri del partito e tutto il popolo non devono
credere che tutto andrà bene dopo una o due, o anche dopo tre o quattro grandi
rivoluzioni culturali. Restiamo in guardia, non allentiamo mai la nostra vigilanza”.