La primavera si sta per avvicinare e si inizia a sentire il “profumo” di quella che fu una tra gli ultimi provvedimenti di Profumo (per l’appunto!), ministro dell’istruzione dal 2011 al 2013:
poco prima di lasciare il suo incarico, decise di anticipare le prove
di ammissione ai corsi universitari ad accesso programmato che infatti,
come previsto allora, quest’anno si terranno ad aprile. Ben 5 mesi di
anticipo rispetto alla norma!
Ma perché tutta questa fretta? Di certo non per facilitare noi
studenti, che tra esami di maturità, interrogazioni a ritmi incalzanti e
preoccupazione per quello che sarà il nostro futuro, siamo costretti a
tempistiche sempre più ristrette pur di rimanere al passo! Nessuna decisione è però frutto del caso: l’urgenza di svolgere la prova selettiva per l’ammissione ai corsi entro la fine di aprile è infatti legata all’obiettivo di consentire un’adeguata omogeneità degli studenti a livello internazionale.
Annusando bene, quindi, il nostro olfatto non ci aveva mentito!
Questo provvedimento fa parte di una lunga serie che rientra
perfettamente nell’opera di smantellamento dell’università pubblica a
cui ormai sta lavorando laboriosamente da anni la classe dominante e a
cui non verrà meno, di certo, il nuovo ministro dell’istruzione, Stefania Giannini. Il
punto è che a pagare siamo sempre noi studenti! L'università lungi
dall’essere luogo di elaborazione critica, appare nella sua veste di
strumento nelle mani del governo di turno che ne rimodella l'assetta e
la funzione. Servono menti giovani e funzionali alle logiche del dio
mercato che gli “ideatori delle riforme” tanto venerano.
Il nuovo governo Renzi non si discosta dai suoi predecessori: sta infatti mantenendo come punti fermi crescita e innovazione, giusto per ricordarci quanto ci sia bisogno di capitale umano per risollevare il paese ed affacciarsi “come si deve” al semestre europeo. La logica della competitività economica viene abilmente trasferita nel mondo della formazione dove chi vince è quello che si rivela più produttivo secondo i canoni dei poteri forti. Questo meccanismo fortemente esclusivo non fa altro che rendere l’università e la scuola sono sempre più d’elite, in cui diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti, come le borse di studio e le agevolazioni in base al reddito, vengono sempre più riservati solo a chi dimostra di meritarli.
La tendenza tutt'altro che inclusiva in ambito universitario trova poi la sua cartina di tornasole se si vanno a sbirciare le statistiche che descrivono una non casuale fuga degli studenti dall'università. Il fenomeno riguarda quegli studenti che terminati gli studi di scuola superiore non si immettono nel circuito accademico.
Il dato parla chiaro: a detta del Miur si contano 30mila iscritti in meno in un solo triennio e ben 78mila rispetto a dieci anni fa. Il tandem di disoccupazione e crisi economica si concretizza in una maggiore difficoltà da parte delle famiglie nel riuscire a sostenere il ciclo di studi dei propri figli, se non addirittura nella rinuncia in toto al conseguimento di una laurea che de facto non garantisce l'inserimento nel mercato del lavoro. Non deve sorprendere pertanto che il calo di immatricolazioni abbia colpito soprattutto quegli studenti in possesso di un diploma tecnico o professionale con cifre che già due anni fa registravano rispettivamente un abbassamento del 44 e 37 per cento rispetto al 2004. Questo andamento è direttamente proporzionale all’aumento delle tasse, alla riduzione delle borse di studio e alla conseguente diffusione del fenomeno degli “idonei non beneficiari” che da anni aspettano di riceverle.
Ma cosa c’è dietro gli incessanti tagli alla formazione?
Il nuovo governo Renzi non si discosta dai suoi predecessori: sta infatti mantenendo come punti fermi crescita e innovazione, giusto per ricordarci quanto ci sia bisogno di capitale umano per risollevare il paese ed affacciarsi “come si deve” al semestre europeo. La logica della competitività economica viene abilmente trasferita nel mondo della formazione dove chi vince è quello che si rivela più produttivo secondo i canoni dei poteri forti. Questo meccanismo fortemente esclusivo non fa altro che rendere l’università e la scuola sono sempre più d’elite, in cui diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti, come le borse di studio e le agevolazioni in base al reddito, vengono sempre più riservati solo a chi dimostra di meritarli.
La tendenza tutt'altro che inclusiva in ambito universitario trova poi la sua cartina di tornasole se si vanno a sbirciare le statistiche che descrivono una non casuale fuga degli studenti dall'università. Il fenomeno riguarda quegli studenti che terminati gli studi di scuola superiore non si immettono nel circuito accademico.
Il dato parla chiaro: a detta del Miur si contano 30mila iscritti in meno in un solo triennio e ben 78mila rispetto a dieci anni fa. Il tandem di disoccupazione e crisi economica si concretizza in una maggiore difficoltà da parte delle famiglie nel riuscire a sostenere il ciclo di studi dei propri figli, se non addirittura nella rinuncia in toto al conseguimento di una laurea che de facto non garantisce l'inserimento nel mercato del lavoro. Non deve sorprendere pertanto che il calo di immatricolazioni abbia colpito soprattutto quegli studenti in possesso di un diploma tecnico o professionale con cifre che già due anni fa registravano rispettivamente un abbassamento del 44 e 37 per cento rispetto al 2004. Questo andamento è direttamente proporzionale all’aumento delle tasse, alla riduzione delle borse di studio e alla conseguente diffusione del fenomeno degli “idonei non beneficiari” che da anni aspettano di riceverle.
Ma cosa c’è dietro gli incessanti tagli alla formazione?
La risposta è Nelle varie statistiche
OCSE che mostrano una differenza palese fra la maggior parte delle
nazioni che hanno riconosciuto la natura strategica delle spese per
l’istruzione e l’Italia che proprio in quell’ambito ha effettuato i
tagli più pesanti: l’università nel nostro bel paese non riveste un
importante ruolo all’interno del ciclo produttivo e quindi, quando c’è
da tagliare qualcosa, le spese per l’istruzione sono sempre tra le prime
a subire l’attacco.
Stranamente ci troviamo d’accordo col giovane neopremier: Siamo anche noi convinti che il nostro paese abbia bisogno di crescita e rinnovamento..ma non proprio come le intendono i padroni! Crescita di consapevolezza dei diritti che ci spettano e non semplicemente che ci meritiamo, rinnovamento delle lotte contro un’università che non sia beneficio di pochi!
Stranamente ci troviamo d’accordo col giovane neopremier: Siamo anche noi convinti che il nostro paese abbia bisogno di crescita e rinnovamento..ma non proprio come le intendono i padroni! Crescita di consapevolezza dei diritti che ci spettano e non semplicemente che ci meritiamo, rinnovamento delle lotte contro un’università che non sia beneficio di pochi!
Nessun commento:
Posta un commento