"Ben lungi dall'opporsi ai cosiddetti eccessi, casi di vendetta popolare su persone odiate o su edifici pubblici cui non si connettono altro che ricordi odiosi, non soltanto si devono tollerare quegli esempi, ma se ne deve prendere in mano la direzione".
Karl Marx, 1850 - Indirizzo al comitato centrale della Lega dei comunisti
30mila persone hanno manifestato a Milano il 1° Maggio in occasione dell'inaugurazione dell'Expo. Una manifestazione rappresentativa di tutto il movimento che a livello nazionale contesta le grandi opere e tutti gli eventi capitalistici, costruiti all'insegna della speculazione, corruzione e profitti.
L'Expo per altro è un evento a carattere internazionale, benchè in verità meno importante di quanto Renzi e la borghesia italiana affermi.
La manifestazione ha affermato netto e chiaro che in questo paese ci sono movimenti, forze proletarie, associazioni che contrastano l'operazione economica, politica e culturale che si muove intorno all'Expo e nella logica dell'Expo.
Contro la manifestazione, lo Stato borghese da tempo aveva approntato un apparato repressivo e seminato un clima di allarme che giustificasse la repressione prima, durante e dopo la manifestazione.
Lo Stato borghese e il governo Renzi hanno seminato vento, non potevano che raccogliere tempesta.
E la manifestazione ha espresso al suo interno componenti che hanno esercitato un'azione di rottura, intesa a rendere più radicale l'antagonismo che tutta la manifestazione esprimeva e volta a rompere la “vetrina” mediatica che Renzi ha celebrato.
Non ci sono, quindi, buoni e cattivi in questa manifestazione e in nessuna maniera è raffrontabile una vetrina rotta, una macchina bruciata alla devastazione che operazioni come quella dell'Expo e del sistema che le produce, rappresentano, come parte delle politiche e dell'azione degli Stati imperialisti.
La manifestazione del 1° Maggio contro l'Expo è stato solo la prima, come sostengono le forze del movimento, e solo l'apertura di una contestazione di essa che continuerà per tutto il semestre.
Noi abbiamo portato in questa manifestazione uno striscione che diceva chiaro
“NO Expo – No Renzi – No imperialismo”.
Di conseguenza appoggiamo tutte le forze e le lotte che si muovono dentro questa parola d'ordine.
Siamo quindi per la continuazione della lotta, per assediare, nel teatro milanese e non solo, l'Expo; siamo contro ogni divieto del diritto di sciopero e della libertà di manifestare, siamo per la libertà dei compagni arrestati, siamo contro ogni criminalizzazione dei partecipanti alla manifestazione.
Il nostro striscione non si limita a denunciare ma indica come soluzione, ai problemi e alle politiche e al sistema che produce EXPO, la rivoluzione, nel senso di attaccare le cause e non solo gli effetti di ciò che l'Expo rappresenta, di costruire una strategia di attacco che non duri un solo giorno o una sola manifestazione, e che sia capace di stare dentro un processo rivoluzionario che tocca l'EXPO come tutte le questioni economiche, politiche e sociali di questo paese e dell'imperialismo.
Lavorare per una rivoluzione proletaria - in questo senso è importante che alla manifestazione abbiano partecipato folti contingenti di operai, in particolare gli operai immigrati della logistica, lavoratori, proletari senza casa, senza reddito, senza lavoro, che hanno espresso tutta la loro volontà non solo di resistere agli attacchi ma anche contrattaccare – lavorare per una rivoluzione socialista, perchè l'unica alternativa è un potere, uno Stato che si muova lungo una logica opposta a quella espressa da questo sistema, fatto di guerra, sfruttamento, devastazione, ecc.
La rivoluzione non è un pranzo di gala e la violenza rivoluzionaria è assolutamente necessaria. Noi siamo per il partito della rivoluzione, il partito della violenza rivoluzionaria; siamo per il fronte unito delle masse, siamo per l'esercito proletario e popolare che punti al cuore dello Stato e al cuore del sistema.
E' del tutto evidente che il settore della manifestazione che ha animato lo scontro a Milano è parte del movimento ma non si muove lungo questa strada che noi consideriamo necessaria e vincente.
Non è vero, nello stesso tempo, che le azioni messe in atto nella manifestazione contro l'EXPO siano della stessa natura delle rivolte, da Ferguson a Baltimora, né delle rivolte sviluppatesi in Turchia, in Brasile, né delle lotte di liberazione antimperialiste, da Kobane alla Palestina, e meno che mai delle guerre popolari, dell'India, Filippine, Perù, ecc.
Così per stare più vicini, non è la stessa cosa del movimento Notav e delle sue pratiche di attacco, né delle battaglie di massa del 14 dicembre, del 15 ottobre, del 12 aprile 2014. Assimilare tutto questo al 'riot di Milano' è pura ideologia e sovradeterminazione.
Costruire le forze per l'altra strada è tortuoso e complesso, ma è l'unica che dobbiamo costruire insieme e seguire.
A MILANO... come ovunque.
proletari comunisti-PCm Italia
9 maggio 2015
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