Sono passati ormai dieci anni da quel 20 luglio del 2001 quando il compagno Carlo Giuliani morì sulle strade di Genova durante il G8 assassinato dallo Stato per mezzo delle forze dell'(dis)ordine.
A distanza di dieci anni ancora nessuna giustizia.
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo,cui i familiari di Carlo erano ricorsi, con sentenza definitiva, ha assolto il 24 Marzo 2011 l'Italia dalle accuse di aver responsabilità nella morte di Carlo Giuliani. I giudici della cosiddetta "Grande Camera" hanno stabilito la piena assoluzione di Mario Placanica, ovvero il carabiniere che sparò a Carlo, confermando così la sentenza di primo grado emessa il 25 agosto 2009.
Dalla sentenza emerge dunque che l'Italia ha organizzato, pianificato e condotto in modo adeguato le operazioni di polizia durante il summit.
Certo, l'Italia ha condotto in maniera adeguata tutte le operazioni, ma adeguata per chi?
Adeguata certamente per i "potenti" al potere e la loro legge, erano forse "giusti" il raid alla Diaz, le torture alla caserma Bolzaneto, i massacri in piazza e tutte le porcate commesse dalle forze dell'ordine italiane?
A queste domande esistono due risposte, la prima quella della giustizia borghese ovvero assolvere, anzi promuovere, tutti i dirigenti delle operazioni di polizia e riconoscere all'Italia il "merito" di aver gestito al meglio le situazioni;
la seconda risposta invece è quella di tutte quelle migliaia e migliaia di giovani che si ribellavano all'imperialismo e lottavano per un futuro migliore.
Non ci aspettavamo altro ovviamente dalle sentenze che possono emettere corti nazionali, europee o internazionali, giustizia a distanza di dieci anni ancora non è stata fatta e giustizia per noi ribelli rivoluzionari vuol dire vendetta!
Tutti a Genova per il decennale dal G8 del 2001, radicali e compatti come abbiamo dimostrato di esserlo lo scorso 14 dicembre a Roma; contro i carrieristi politici alla Agnoletto e/o Casarini serve un corteo antimperialista animato dall'ondata degli studenti che hanno assaltato i palazzi del potere nell'autunno 2010 e i ribelli in tutto il mondo.
mercoledì 30 marzo 2011
lunedì 28 marzo 2011
CONTINUA LA MOBILITAZIONE ANTIFASCISTA DOPO LA GRANDE BATTAGLIA DEL 23 MARZO!
Oggi pomeriggio 28 marzo si è tenuta una partecipata assemblea antifascista presso la sede dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe con circa un centinaio tra lavoratori, giovani e studenti.
È stato il primo momento assembleare cittadino dopo la campagna e la consecutiva battaglia antifascista del 23 Marzo contro la presentazione del libro di Casapound alla Mondadori di Palermo.
Tra gli interventi di apertura dei lavoratori è stata ribadita l’importanza di aver partecipato alla mobilitazione del 23 Marzo e di aver contestato questo stato che, per mezzo di assessori e deputati regionali, protegge la feccia fascista garantendogli di svolgere la loro iniziativa militarizzando l’intero centro città con sbirri in antisommossa, camionette ed elicotteri.
Alcuni lavoratori presenti il 23 pomeriggio hanno sottolineato la necessità di prendere come esempio i giovani antifascisti che hanno sfidato lo stato e la repressione della questura in nome di un principio alto: il diritto a rivendicare l’antifascismo militante. La determinazione di quei giovani è un esempio anche per quanto riguarda le lotte sindacali contro i padroni nelle vertenze sindacali e in generale contro le politiche del governo che colpisce i lavoratori da un lato e dall’altro utilizza stato di polizia e manovalanza fascista contro chi lotta per difendere i propri diritti.
Presente anche la delegata sindacale Donatella Anello denunciata dal deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana Salvino Caputo per “istigazione alla violenza” che ha ribadito il suo appoggio alla giusta lotta antifascista di Mercoledì pomeriggio, riconfermando le dichiarazioni date alla stampa in quell’occasione e denunciando ulteriormente il sistema del “2 pesi e 2 misure” per i manifestanti e le forze dell’ordine le quali, come documentato dai media, hanno sparato lacrimogeni ad altezza d’uomo e tirato pietre contro gli antifascisti.
Rosario Sciortino segretario provinciale dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe ha ribadito che l’antifascismo o è militante o non lo è, a ciò che si dice devono seguire i fatti nella pratica sennò si è solo antifascisti a parole. A differenza di altri che in città spesso si riempiono la bocca di antifascismo ma al momento cruciale si defilano, lo Slai Cobas per il Sindacato di Classe porterà fino in fondo la campagna antifascista con tutti i lavoratori e i compagni disposti a proseguire un ragionamento condiviso. Quindi anche questa organizzazione sindacale andrà avanti anche dopo i fatti del 23 proponendo ancora una volta a tutti di schierarsi in questo senso e di costruire insieme la campagna.
Presenti anche i giovani di Red Block, del Cail e dello Studentato Occupato Anomalia.
I compagni di Red Block hanno ribadito la necessità della campagna antifascista verso i fascisti in doppiopetto presenti a diversi livelli nelle istituzioni locali abbracciando la proposta dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe di continuare la campagna generale anche per mezzo dell’esposto già presentato nei giorni scorsi e aggiornando lo stesso alla luce degli ultimi eventi.
I compagni dell’Anomalia innanzitutto hanno espresso la loro solidarietà alla compagna Donatella oggetto della denuncia, sottolineando il fatto che tale atto repressivo parte da chi mangia quotidianamente a spese dei lavoratori ed è rivolto contro una lavoratrice in particolare e in generale verso i lavoratori del sindacato tutto, unico sindacato che si è schierato sulla questione dando appoggio pieno e incondizionato alla causa antifascista. I compagni hanno dato la loro disponibilità per proseguire il dibattito e la costruzione collettiva di prossime iniziative.
L’assemblea si è conclusa con l’idea condivisa di proseguire con la campagna antifascista e contro
la repressione in continuità con la campagna che ha portato alla grande mobilitazione antifascista nelle strade della città prima e fino al 23 Marzo.
Antifascisti sempre!
domenica 27 marzo 2011
SOLIDARIETA' AL CPO GRAMIGNA
I militanti di Red Block esprimono massima solidatierà ai compagni del CPO Gramigna sgomberato nei giorni scorsi.
A testimonianza del fatto che sia il centro-destra che il centro-sinistra siano parte integrante dello stesso cancro di cui l'Italia è afflitta possiamo notare che l'ordine dello sgombero è partito dal vicesindaco di Padova facente parte della giunta del PD.
Dei due stabili occupati dai compagni lo scorso 29 ottobre uno è stato sequestrato mentre l'altro demolito con le ruspe.
Oltre al sequestro di tutto il materiale all'interno del plesso quattro compagni e due compagne sono stati denunciati.
I compagni del CPO Gramigna attivi politicamente ormai da vecchia data, col passare degli anni hanno instaurato buoni rapporti con la gente del quartiere che anche in questa occasione ha dimostrato forte solidarietà.
Nè questo nè un altro sgombero potranno mai fermare chi ha scelto di lottare per un futuro migliore, per il comunismo!
venerdì 25 marzo 2011
"Zona rossa”, assessori comunali e camerati da Roma e Catania per la presentazione del libro di Casapound…
...Tutti assediati come topi in trappola dagli antifascisti!
Dopo quasi due settimane dall’inizio della campagna di boicottaggio verso Mondadori Multicenter di Palermo, colpevole di apologia di fascismo per ospitare nei suoi locali la presentazione del libro su Casapound di Domenico Di Tullio (anch’egli militante di Casapound), la città di Palermo ha dimostrato ancora una volta di non tollerare i fascisti e l’imposizione di illegittime “zone rosse” per difendere un manipolo di squadristi.
Mercoledì 23 Marzo nonostante la militarizzazione del centro città con 9 camionette tra polizia, carabinieri e guardia di finanza nonché un elicottero, il vero movimento antifascista, formato dai lavoratori e dalle lavoratrici e dagli studenti che hanno animato l’autunno, è sceso in piazza compatto e determinato. Chi vuole legittimare la feccia neofascista e contemporaneamente infangare l’eroica resistenza partigiana del nostro popolo ha visto con i suoi occhi che prima deve fare i conti con chi ancora quella memoria non l’ha perduta e la mette in pratica quotidianamente.
Non sono bastate le cariche, anche con le camionette e le decine di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo per intimidire i manifestanti che invece hanno anche ricevuto la solidarietà da diversi passanti e negozianti che hanno rifornito i giovani antifascisti di acqua e limoni per combattere l’effetto dei lacrimogeni.
E le famose falangi nere che annunciano di schierarsi davanti la Mondadori fin dall’11 febbraio,
quando in quell’occasione il movimento antifascista aveva sventato la presentazione di tale libro facendo di fatto annullare l’evento?
Scrive la giornalista Giusi Spica in un articolo di Repubblica del 24 Marzo:
“Di fronte alle prime cariche della polizia contro gli autonomi che tentavano di penetrare nell’area blindata, i più giovani (fascisti n.d.r.) cominciano a innervosirsi. I poliziotti li invitano alla calma (che bravi padri di famiglia! n.d.r.) e li chiudono dentro i confini, […] tra gli attivisti di destra c’è una tensione palpabile. Parlano poco. Drizzano le antenne per capire quello che succede oltre il muro dei blindati.”
Stavolta Scappapound non è scappata… perché protetta da 80 sbirri in divisa senza contare quelli in borghese, a cui si sono aggiunti i “valorosi” camerati da Roma e da Catania, i fascisti di Giovane Italia (giovani del PDL) ovvero i figliocci diretti di Berlusconi e futuri deputati e assessori, nonché il partito La Destra di Storace. La “ciliegina sulla torta” è rappresentata anche dalla presenza degli assessori Giampiero Cannella e Raoul Russo che evidentemente non hanno di meglio da fare.
Tutto questo concentrato maleodorante di doppi petti e fascistelli armati di caschi e cinture chiamati in aiuto per difendere i loro amichetti e figliocci che se lasciati soli corrono subito a piagnucolare in questura…
Al di là della fraseologia ed estetica ribelle di Scappapound è evidente ancora una volta il loro ruolo di burattini manovrati direttamente dal PDL di Berlusconi che mette loro a disposizione strutture e risorse, come la Mondadori di sua proprietà, e tutti i mezzi necessari per agire a difesa del governo e dei padroni.
Lo stesso governo che attacca quotidianamente i diritti dei lavoratori, dei giovani e degli studenti e delle masse popolari in generale. Un governo che ha intrapreso l’ennesima “guerra umanitaria” leggi guerra di aggressione per sfruttare le risorse naturali libiche.
Dall’altro lato della barricata invece l’immagine è opposta: giovani ribelli che lottano contro le ingiustizie, difesi dalla solidarietà che intercorre tra di loro e armati di ideali di cambiamento contro il vecchio marciume blindato tra Via Mariano Stabile e Via Cavour. Da questo lato non c’è paura e non c’è tensione, ma la convinzione di lottare per un mondo migliore così come fecero i nostri nonni ed eroi partigiani che invece la feccia nera di Scappapound chiama “infami”.
Con questa determinazione, gli antifascisti, i giovani e le giovani studentesse, i lavoratori e le lavoratrici hanno resistito per più di un’ora alla macchina repressiva della questura.
Altro che opposti estremisti! Semmai rappresentanti di interessi diversi: da un lato il vecchio, destinato a finire nella “pattumiera della storia”, dall’altro il nuovo.
Mercoledì 23 è stato dimostrato ancora una volta che i fascisti in questa città non hanno un tessuto sociale che li sorregge e che la loro agibilità “politica” è garantita solo dalle forze dell’ordine che li difendono illegalmente e violando la stessa costituzione su cui hanno giurato.
Senza tutta questa protezione gentilmente concessagli i cari camerati sarebbero stati spazzati via in un batter di ciglio e rispediti nelle fogne da cui provengono.
giovedì 17 marzo 2011
mercoledì 16 marzo 2011
Dax è vivo e lotta insieme a noi; le nostre idee non moriranno mai
Il 16 Marzo 2003 a Milano un gruppo di 3 neofascisti ha ucciso un giovane compagno,Davide Cesare “Dax” che usciva da un pub con alcuni compagni.
Nel corso della colluttazione i fascisti hanno colpito ripetutamente con coltelli i compagni, uno dei quali sarà ricoverato d'urgenza, invece Dax raggiungerà l'ospedale molto lentamente a causa dell'arrivo delle “forze dell'ordine” che hanno ritardato l'arrivo dell'ambulanza.
L'ospedale San Paolo, dove erano stati portati i compagni, era completamente militarizzato, e dopo che i medici dichiarano la morte di Dax il clima diventa più pesante. I compagni e gli amici addolorati e pieni di rabbia per la perdita di Dax vengono pure provocati dagli sbirri e alla loro risposta i servi in divisa caricano indiscriminatamente sia all'interno dell'ospedale che fuori, l'aggressione dei carabinieri verrà legittimata anche dal questore.
Sui "fatti del San Paolo" si aprirà poi un processo che si è concluso in Cassazione nel 2009 con da un lato la piena assoluzione dei servi in divisa e dall'altro la condanna di due compagni ad un totale di 3 anni e 4 mesi di carcere più 100.000euro di multa per violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Copione già visto in occasione del processo relativo ai fatti del G8 di Genova del 2001: lo stato si autoassolve chi lotta viene incarcerato.
Lo stato reprime e giustifica atti di violenza verso giovani ribelli, proletari, immigrati;
ricordiamo Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Carlos Palomino, Alexis Grigoropoulos, Federico Aldrovandi, Stefano Consiglio,il recente assassinio di Lambros Foundas (Grecia) e tanti altri.
E' necessario ribellarsi contro questo sistema e contro il moderno fascismo in costruzione che avanza.
Per far ciò si deve combattere il fascismo con una lotta globale a 360gradi:
-con una militanza attiva che affronti e vieti alla feccia neofascista di avere propri spazi e fare le loro iniziative;
- contrastare ogni tentativo di revisionismo storico per riabilitare il fascismo e disonorare la resistenza dei partigiani e le lotte degli anni precedenti degli studenti e dei lavoratori;
-socialmente ovvero far conoscere alle masse popolari e ai lavoratori chi sono i fascisti,i loro rapporti con le istituzioni e i mass media e sensibilizzando i proletari affinché non siano colpiti dalla continua propaganda razzista e xenofoba che partendo dal governo passa per i mezzi di comunicazione di massa.
Contro la feccia neofascista,contro la repressione,contro il moderno fascismo che avanza!!
ORGANIZZARSI! COSTRUIRE RAF (Reti Antifasciste Ovunque).
Combattere,il moderno fascismo e la repressione dello stato borghese!!
martedì 8 marzo 2011
PER UNO SCIOPERO DELLE DONNE!
DICHIARAZIONE
8 MARZO 1911/2011
Secondo una ricostruzione storica, ancora controversa ma attendibile, l'8 marzo, giornata di lotta internazionale delle donne, affonda le sue origini nei grandi scioperi di inizio secolo delle operaie tessili, in particolare il lunghissimo sciopero che vide protagoniste più di 20.000 camiciaie newyorkesi, durato dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, che lottavano, nonostante la feroce repressione di polizia e padroni, contro le terribili condizione di lavoro, in particolare per la riduzione dell'orario di lavoro, l'uguaglianza salariale contro il lavoro minorile.
In una di queste fabbriche, in cui centinaia di operaie, anche di 12/15 anni, lavoravano costrette in spazi ridottissimi, con le porte sbarrate dal padrone per impedire furti, pause e soprattutto in quell'anno per impedire che scioperassero, divampò un incendio in cui 129 donne, morirono in pochi minuti. Le operaie cercarono di scampare al fumo alle fiamme scendendo dalle strette scale esterne che però si piegavano e cedevano per il peso e il calore. Decine di loro precipitarono sul selciato sottostante. Altre s’accalcarono contro le porte sbarrate dall’esterno; s’affacciarono donne urlanti e disperate. Salirono sui davanzali e si gettarono nel vuoto. Capelli e vestiti di molte erano in fiamme. L’interno della camiceria era un inferno. Le salme, dapprima allineate sui marciapiedi, verranno raccolte in semplici bare e identificate grazie a una scarpa carbonizzata, un bracciale, un dente, un anellino. Si è dovuto aspettare fino a quest'anno per identificare 6 di esse, di cui 3 italiane.
La Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi a Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910, approvò la proposta della comunista tedesca Clara Zetkin di istituire la Giornata Internazionale della Donna, in ricordo queste operaie tessili. E la prima celebrazione avverrà l'anno successivo, 1911.
Quello che è certo e va affermato con forza oggi contro la borghesia, ma anche il femminismo istituzionale e piccolo borghese, che l'8 marzo nasce dalla lotta delle operaie contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione del capitale, dei suoi governi, del suo Stato.
L'8 marzo diventa giornata internazionale delle donne grazie al movimento comunista internazionale e internazionalista.
Un secolo di lotte e ribellioni proletarie e femministe per i diritti, per la parità, per l'emancipazione, contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione capitalista e patriarcale.
Per un secolo di rivoluzioni, di “rivoluzione nella rivoluzione” delle donne, per una società libera da ogni oppressione: il Comunismo.
Proletari comunisti – Pcm Italia
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
8.3.2011
8 MARZO 1911/2011
Secondo una ricostruzione storica, ancora controversa ma attendibile, l'8 marzo, giornata di lotta internazionale delle donne, affonda le sue origini nei grandi scioperi di inizio secolo delle operaie tessili, in particolare il lunghissimo sciopero che vide protagoniste più di 20.000 camiciaie newyorkesi, durato dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, che lottavano, nonostante la feroce repressione di polizia e padroni, contro le terribili condizione di lavoro, in particolare per la riduzione dell'orario di lavoro, l'uguaglianza salariale contro il lavoro minorile.
In una di queste fabbriche, in cui centinaia di operaie, anche di 12/15 anni, lavoravano costrette in spazi ridottissimi, con le porte sbarrate dal padrone per impedire furti, pause e soprattutto in quell'anno per impedire che scioperassero, divampò un incendio in cui 129 donne, morirono in pochi minuti. Le operaie cercarono di scampare al fumo alle fiamme scendendo dalle strette scale esterne che però si piegavano e cedevano per il peso e il calore. Decine di loro precipitarono sul selciato sottostante. Altre s’accalcarono contro le porte sbarrate dall’esterno; s’affacciarono donne urlanti e disperate. Salirono sui davanzali e si gettarono nel vuoto. Capelli e vestiti di molte erano in fiamme. L’interno della camiceria era un inferno. Le salme, dapprima allineate sui marciapiedi, verranno raccolte in semplici bare e identificate grazie a una scarpa carbonizzata, un bracciale, un dente, un anellino. Si è dovuto aspettare fino a quest'anno per identificare 6 di esse, di cui 3 italiane.
La Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi a Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910, approvò la proposta della comunista tedesca Clara Zetkin di istituire la Giornata Internazionale della Donna, in ricordo queste operaie tessili. E la prima celebrazione avverrà l'anno successivo, 1911.
Quello che è certo e va affermato con forza oggi contro la borghesia, ma anche il femminismo istituzionale e piccolo borghese, che l'8 marzo nasce dalla lotta delle operaie contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione del capitale, dei suoi governi, del suo Stato.
L'8 marzo diventa giornata internazionale delle donne grazie al movimento comunista internazionale e internazionalista.
Un secolo di lotte e ribellioni proletarie e femministe per i diritti, per la parità, per l'emancipazione, contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione capitalista e patriarcale.
Per un secolo di rivoluzioni, di “rivoluzione nella rivoluzione” delle donne, per una società libera da ogni oppressione: il Comunismo.
Proletari comunisti – Pcm Italia
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
8.3.2011
mercoledì 2 marzo 2011
MAI PIU' NAZI-FASCISMO! REPORT DA AUSCHWITZ
Riceviamo e pubblichiamo questo report da una studentessa e simpatizzante della nostra organizzazione che ha partecipato quest’anno dal 12 al 18 Febbraio all’iniziativa “il treno della memoria” che prevede la visita dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e del ghetto ebraico di Cracovia.
Partiti da Palermo e poi in treno da Forlì, la prima tappa è il ghetto ebraico di Cracovia.
Nel 1939, l'ordine che fu dato agli ebrei residenti nella città era quello di appendere un simbolo al di fuori della propria abitazione che caratterizzasse la loro presenza. Successivamente, viene vietato loro di accedere ai parchi ed ai locali pubblici, finché nel 1940 viene definitivamente imposto il trasferimento verso il centro della città. Nel 1940, gli ebrei a Cracovia superavano il 25% della popolazione. Il distretto era talmente ridotto per tale numero di persone che erano costrette a vivere in condizioni disumane. Gli ebrei contemporaneamente venivano derubati di tutto ciò che possedevano: la propria casa, gli effetti personali, le automobili... 60.000 persone ridotte a vivere in condizioni di miseria e private della propria vita e del proprio passato mentre il regime nazista si appropria dei loro beni mobili ed immobili. Il ghetto possedeva solo quattro varchi verso l'esterno, valicabili soltanto da coloro i quali lavorassero ancora al di fuori del muro perimetrale della zona (muro costruito a forma di lapide ebraica!) finché, nel 1941 il regime nazista, senza alcuno scrupolo, punisce con la morte chiunque tentasse di oltrepassarlo. Nel 1942 tutti gli ebrei disoccupati sono espulsi dal ghetto (situazione volutamente aggravata dai tedeschi) e deportati nel campo di Bełżec, dove vengono uccisi. La liquidazione del ghetto si ha nel marzo 1943. La maggior parte degli ebrei viene deportata verso Auschwitz.
Seconda tappa: il complesso di Auschwitz-Birkenau.
La visione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau ci fa inorridire sin dall'entrata alla visione dell'insegna “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. La costruzione dello stesso è affidata ai deportati, al 20% che non veniva subito ucciso nelle camere a gas bensì sfruttato per ogni genere di mansione bassa e degradante. Le camere a gas ed i forni erano controllati e amministrati dalla Sonderkommando, squadra composta da deportati obbligati a collaborare con le SS. La Sonderkommando, dove possibile, cercò di organizzare azioni di resistenza, attraverso la divulgazione verso l'esterno di materiale fotografico e di documenti di denuncia delle condizioni a cui erano sottoposti all'interno del lager, ma la maggior parte dei tentativi fu ignorata dalle autorità polacche. Il contenuto del Blocco 5 è ciò che fu ritrovato nelle baracche bruciate prima della fine del regime nazista, chiamate “Canada”, dove all'interno venivano depositati tutti i beni di proprietà dei prigionieri. È impossibile non uscire dal blocco 5 senza provare un minimo di orrore nel guardare le prove tangibili di un regime razzista, omofobo e sessista il cui scopo era quello di opprimere e annientare ogni diritto: in quell'edificio sono presenti migliaia di occhiali, abiti, valigie, ammassi di scarpe, oggetti personali, fotografie. Più sconcertante è vedere, a pochi metri dal proprio naso, quelle fosse dentro le quali venivano accumulate le ceneri dei milioni di deportati uccisi nei forni crematori. L'annientamento della dignità dell'uomo.
Uomini e donne costretti a vivere in condizioni disumane, a dormire sui pagliericci sul cemento e a mangiare cibo marcio. Scherniti dalle SS. Inseriti in una macchina dei quali erano ingranaggi e vittime che li uccideva, ma solo dopo averli umiliati fino a negare loro qualsiasi possibilità di dignità umana. Molti dei prigionieri, a causa dello stress, si ammalavano di malattie mentali e molti si suicidavano andando incontro ai cavi elettrici che racchiudevano la recinzione del campo.
Tanti furono ancora i soprusi dei nazisti. Ad esempio, i gemelli appena nati subivano dei trattamenti pseudo-medici spietati che comportavano la comparsa di tumori e gangrene nei loro corpi. Tra le altre vergogne, quella di essere obbligati a trasportare all'interno del lager le salme di chi, durante le ore interminabili di lavoro estenuante, moriva di fame e stenti.
Conclusioni.
L'assemblea tenutasi al termine della giornata ha visto partecipare tutti gli studenti partiti insieme a noi e l'esperienza vissuta ci ha segnato sicuramente per la vita. Ci ha fatto riflettere su quanto è necessario avere memoria di tali fatti, ma è allo stesso tempo indispensabile attualizzare ciò alla realtà di moderno fascismo che viviamo oggi e agire di conseguenza. Abbiamo tutti la responsabilità ed il dovere di ribellarci all'operato del governo con l'azione appropriata, che non è soltanto quella di manifestare pacificamente, cosa ormai fine a sé stessa. È indispensabile che la storia non venga sotterrata né dimenticata, è di vitale importanza divulgare e far crescere una coscienza antifascista, è essendo consapevoli di quali barbarie i governi siano capaci di architettare che si può lottare contro il moderno fascismo del governo Berlusconi e dei suoi servi che propagandano messaggi razzisti e xenofobi e idee di regime.
Contro il fascismo non un passo indietro!
Partiti da Palermo e poi in treno da Forlì, la prima tappa è il ghetto ebraico di Cracovia.
Nel 1939, l'ordine che fu dato agli ebrei residenti nella città era quello di appendere un simbolo al di fuori della propria abitazione che caratterizzasse la loro presenza. Successivamente, viene vietato loro di accedere ai parchi ed ai locali pubblici, finché nel 1940 viene definitivamente imposto il trasferimento verso il centro della città. Nel 1940, gli ebrei a Cracovia superavano il 25% della popolazione. Il distretto era talmente ridotto per tale numero di persone che erano costrette a vivere in condizioni disumane. Gli ebrei contemporaneamente venivano derubati di tutto ciò che possedevano: la propria casa, gli effetti personali, le automobili... 60.000 persone ridotte a vivere in condizioni di miseria e private della propria vita e del proprio passato mentre il regime nazista si appropria dei loro beni mobili ed immobili. Il ghetto possedeva solo quattro varchi verso l'esterno, valicabili soltanto da coloro i quali lavorassero ancora al di fuori del muro perimetrale della zona (muro costruito a forma di lapide ebraica!) finché, nel 1941 il regime nazista, senza alcuno scrupolo, punisce con la morte chiunque tentasse di oltrepassarlo. Nel 1942 tutti gli ebrei disoccupati sono espulsi dal ghetto (situazione volutamente aggravata dai tedeschi) e deportati nel campo di Bełżec, dove vengono uccisi. La liquidazione del ghetto si ha nel marzo 1943. La maggior parte degli ebrei viene deportata verso Auschwitz.
Seconda tappa: il complesso di Auschwitz-Birkenau.
La visione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau ci fa inorridire sin dall'entrata alla visione dell'insegna “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. La costruzione dello stesso è affidata ai deportati, al 20% che non veniva subito ucciso nelle camere a gas bensì sfruttato per ogni genere di mansione bassa e degradante. Le camere a gas ed i forni erano controllati e amministrati dalla Sonderkommando, squadra composta da deportati obbligati a collaborare con le SS. La Sonderkommando, dove possibile, cercò di organizzare azioni di resistenza, attraverso la divulgazione verso l'esterno di materiale fotografico e di documenti di denuncia delle condizioni a cui erano sottoposti all'interno del lager, ma la maggior parte dei tentativi fu ignorata dalle autorità polacche. Il contenuto del Blocco 5 è ciò che fu ritrovato nelle baracche bruciate prima della fine del regime nazista, chiamate “Canada”, dove all'interno venivano depositati tutti i beni di proprietà dei prigionieri. È impossibile non uscire dal blocco 5 senza provare un minimo di orrore nel guardare le prove tangibili di un regime razzista, omofobo e sessista il cui scopo era quello di opprimere e annientare ogni diritto: in quell'edificio sono presenti migliaia di occhiali, abiti, valigie, ammassi di scarpe, oggetti personali, fotografie. Più sconcertante è vedere, a pochi metri dal proprio naso, quelle fosse dentro le quali venivano accumulate le ceneri dei milioni di deportati uccisi nei forni crematori. L'annientamento della dignità dell'uomo.
Uomini e donne costretti a vivere in condizioni disumane, a dormire sui pagliericci sul cemento e a mangiare cibo marcio. Scherniti dalle SS. Inseriti in una macchina dei quali erano ingranaggi e vittime che li uccideva, ma solo dopo averli umiliati fino a negare loro qualsiasi possibilità di dignità umana. Molti dei prigionieri, a causa dello stress, si ammalavano di malattie mentali e molti si suicidavano andando incontro ai cavi elettrici che racchiudevano la recinzione del campo.
Tanti furono ancora i soprusi dei nazisti. Ad esempio, i gemelli appena nati subivano dei trattamenti pseudo-medici spietati che comportavano la comparsa di tumori e gangrene nei loro corpi. Tra le altre vergogne, quella di essere obbligati a trasportare all'interno del lager le salme di chi, durante le ore interminabili di lavoro estenuante, moriva di fame e stenti.
Conclusioni.
L'assemblea tenutasi al termine della giornata ha visto partecipare tutti gli studenti partiti insieme a noi e l'esperienza vissuta ci ha segnato sicuramente per la vita. Ci ha fatto riflettere su quanto è necessario avere memoria di tali fatti, ma è allo stesso tempo indispensabile attualizzare ciò alla realtà di moderno fascismo che viviamo oggi e agire di conseguenza. Abbiamo tutti la responsabilità ed il dovere di ribellarci all'operato del governo con l'azione appropriata, che non è soltanto quella di manifestare pacificamente, cosa ormai fine a sé stessa. È indispensabile che la storia non venga sotterrata né dimenticata, è di vitale importanza divulgare e far crescere una coscienza antifascista, è essendo consapevoli di quali barbarie i governi siano capaci di architettare che si può lottare contro il moderno fascismo del governo Berlusconi e dei suoi servi che propagandano messaggi razzisti e xenofobi e idee di regime.
Contro il fascismo non un passo indietro!
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