Ci racconti un po’ come è andata, che cosa è successo, visto che sei tra coloro che hanno raggiunto i fermati?
Sì, certo. Io sono partita al mattino con il treno, mentre un nutrito gruppo di No Tav, insieme a realtà anche torinesi erano partiti la sera prima, dopo l’assemblea che si era tenuta qui a Bussoleno, l’assemblea No Tav. Fin dalla partenza hanno visto come tutte le volte l’auto della Digos che li ha accompagnati fino a Roma, li ha seguiti. Prima di arrivare a Roma Nord li ha superati e li ha aspettati al casello, dove sono stati fermati insieme ad altri pullman che poi hanno ritrovato al centro di identificazione di Tor Cervara. Sono state perquisite le persone… Prima han chiesto i documenti, sembrava tutto risolto, li hanno messi nuovamente sui pullman e invece di lasciarli andare verso il raduno per la manifestazione pomeridiana – quella indetta da Eurostop e dalle realtà del No sociale – si sono visti deviare fuori in questa zona degradatissima, tra l’altro fuori Roma, in questo enorme edificio che è un Cie, centro di identificazione – lo saprete bene voi che lì ci abitate – per tutta quanta l’Italia centrale e meridionale. Quello che ho notato fin da subito era l’arroganza di chi li faceva scendere e li perquisiva. Tra l’altro è pure comparsa una foto – perché noi eravamo in contatto e quindi anche mi mandavano comunicazioni, mi raccontavano… – di uno di questi agenti che si è tirato su la manica e aveva un bel tatuaggio. Un tatuaggio costituito da un pugnale intorno al quale c’era scritto: “si vis pacem, para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra. Questo è il tipo di personale a cui è affidato l’ordine pubblico in questa nostra situazione; che è non solo di vera emergenza democratica, ma ormai direi di fascismo neanche più nascosto, sempre più evidente. Sono stati portati in questo centro in condizioni diverse, perché ad un anziano No Tav è stato trovato un coltellino, un Opinel, a cui tra l’altro aveva attaccato un fischietto all’Opinel. E sono gli strumenti che di solito ci si porta sul pullman perché le manifestazioni, i viaggi in pullman, sono anche un momento di socialità. Ci si porta da mangiare, si sta insieme, si condivide, come facciamo in valle, nella nostra vita, nei luoghi del presidio e via dicendo. Quindi questo coltellino, insieme a forchetta e cucchiaio, aveva questo significato, cioè quello di posata quotidiana per mangiare, per stare insieme. E questa è diventata un’arma particolarmente pericolosa, difatti lui l’han preso immediatamente da parte e l’han chiuso con un altro ragazzino, a cui era stato trovata non una "maschera antigas" sopraffina, ma una di quelle cose che ci si mette sulla bocca e che abbiamo un po’ tutti in tasca, o comunque nelle nostre borse, perché in Clarea spesso e volentieri ci accolgono con i lacrimogeni. Lui tra l’altro, probabilmente, l’aveva persino dimenticata… E quindi questo è stato il motivo per cui anche questo ragazzo minorenne è stato isolato, in camere dove non è stato passato neanche cibo, in vera e propria situazione di detenzione preventiva. E gli altri erano raggruppati insieme, portati anche loro in questo Cie; han preso i documenti e glieli hanno tenuti per tutto il giorno, fino alla fine della manifestazione, praticamente. Ah, oltre a questi nostri due compagni c’erano anche altri 4 ragazzi pisani, che sono stati anch’essi tenuti chiusi, detenuti pure loro in questo Cie, perché gli han trovato nello zaino una felpa, che di solito ci si porta o come cambio o comunque per mettersi addosso perché le giornate non sono proprio di grande caldo. Quindi per una felpa una persona può essere presa, può essere detenuta per 10 ore e può ricevere un foglio di via di tre anni. Lo stesso può succedere ad un anziano per un coltellino con cui tagliava il formaggio. Questa è la situazione democratica del nostro paese…
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