Nella Capitale tira aria pesante. Contro le occupazioni di case e gli spazi sociali occupati, ormai da mesi è in corso una offensiva a tutto campo. Da un lato magistratura e organi di polizia stanno procedendo con decine di provvedimenti giudiziari, dall’altra gli uffici tecnici delle varie amministrazioni stanno producendo ingiunzioni di pagamento, ordinanze di chiusure e provvedimenti restrittivi per le attività sociali, ricreative, di funzionamento e di autofinanziamento degli spazi sociali.
Sospinti da una martellante campagna stampa dei due giornali locali legati ai palazzinari, rispettivamente il Messaggero per Caltagirone e il Tempo per Bonifaci, la Procura della Repubblica di Roma e la Prefettura hanno dichiarato guerra agli spazi e alle abitazioni occupate.
Il Tempo ha curato un vero e proprio “dossier” delle occupazioni selezionandole tra “politiche” e sociali. Lo stesso quotidiano riferisce che ci sono circa 60 inchieste giudiziarie sulle occupazioni, da quelle “tradizionali” per furto di energia elettrica a quelle più pesanti per “associazione a delinquere a fini di estorsione”. Sulle occupazioni incombono gli sgomberi, che, alla luce di quanto accaduto alla Montagnola o allo studentato occupato "Godot", non lesinano affatto le maniere forti da parte della polizia.
L’incombente attuazione del Decreto Salva Roma (rinominato da molti “Ammazza Roma”) rovescerà sulla vita e le esigenze sociali della capitale il medesimo spirito dei diktat che hanno messo in ginocchio al Grecia. Privatizzazioni dei servizi municipali, dismissioni, svendita ai privati del patrimonio pubblico, “messa a profitto” di ogni attività civile e sociale nella città.
Gli speculatori e i palazzinari, i fondi di investimento stranieri e la grande distribuzione gongolano. Loro “sanno come mettere a valore una città”, i suoi spazi, i suoi flussi di vita e relazioni sociali, ridisegnando completamente la mappa geografica, urbanistica e sociale di un’area metropolitana che non conta solo sui più di tre milioni di residenti ma anche – e soprattutto – sugli undici milioni di turisti/consumatori che ogni anno piovono su Roma.
E’ dentro questa destrutturazione/ristrutturazione dell’area metropolitana di Roma che, a fianco dei blitz, degli sgomberi e delle denunce contro i movimenti sociali, si sta realizzando una normalizzazione dall’alto anche della sua vita sociale. Come? Ad esempio mettendo in ginocchio le attività autogestite esistenti.
Lo storico Centro di Cultura Popolare del Tufello, uno scantinato occupato in un quartiere popolare fin dagli anni Settanta che si è visto arrivare una richiesta di pagamenti arretrati per 240mila euro. Lo Scup a San Giovanni è sotto sfratto da parte di una società legata alla Lega delle Cooperative. In queste settimane è toccato all’Osteria del centro sociale Corto Circuito che si è vista mettere i sigilli perché non ha i permessi di somministrazione di alimenti e bevande, poi ad un altro spazio sociale storico, quello della Casa della Pace di Testaccio (attiva fin dal 1984 all’ex Mattatoio) che ha visto piovere uno dietro l’altro ingiunzioni e sospensioni delle attività ricreative (in particolare gli spettacoli) da parte della Questura e del Comune.
Roma: torniamo a manifestare! Il 12 maggio da piazza della Repubblica al Campidoglio
Giovedì 24 Aprile si è svolta presso il Lucernario occupato alla Sapienza un’assemblea pubblica che ha visto la partecipazione di molte realtà ed esperienze della città di Roma. Il confronto lungo che si è sviluppato ha preso le mosse dalle riflessioni finalmente condivise in uno spazio pubblico sulla giornata del 12 Aprile, punto di ripartenza dopo le mobilitazioni dell’autunno scorso, soprattutto dopo la partecipatissima manifestazione del 19 ottobre 2013. La discussione utilmente ha ribadito l’importanza della manifestazione contro la riforma del lavoro e il cosiddetto piano casa, anche fornendo diverse letture di un possibile allargamento dei percorsi contro i due odiosi provvedimenti governativi in fase di conversione in legge.
Per cui al centro del dibattito ci sono stati i provvedimenti del governo Renzi, il jobs act e il decreto Lupi, che mettono in campo un duro attacco a tutti quelli che già pagano i costi delle precedenti politiche d’austerity. Attacchi molto duri che non solo producono nuova e più pesante precarietà, abitativa lavorativa e territoriale, ma intervengono anche nel provare a fermare tutti quei movimenti che nei territori si autorganizzano e si riappropriano di ciò che ci viene negato. In particolare il riferimento va all’art.5 del decreto Lupi che colpisce allo stesso tempo le occupazioni abitative come gli spazi sociali, le palestre popolari, le esperienze di mutualità e cultura dal basso. Potremmo dire che quest’ultimo ha dentro di se le caratteristiche classiche di una legislazione d’emergenza.Le risposte che il governo ha dato, con gli sgomberi e le cariche, alla precarietà abitativa, esplosiva nella città di Roma, è un segnale che non agisce esclusivamente sul terreno della lotta della casa ma su tutto quello che riguarda l’agibilità politica e di movimento nel territorio. Inoltre, la volontà da parte del ministro Alfano, sostenuto dal prefetto Pecoraro, di risolvere i problemi sociali attraverso il divieto di manifestare al centro della città rimarca l’ottusità e l’arroganza di chi ha deciso di sostituire la politica con il manganello scatenando una pesante guerra contro i poveri. Guerra contro i poveri ed in difesa della proprietà di cui è sempre più protagonista la magistratura non solo attraverso provvedimenti restrittivi della libertà di attivisti e manifestanti, ma anche attraverso il sequestro preventivo degli immobili occupati.
Le istituzioni locali vengono, dunque, soppiantate sistematicamente nell’amministrare questa città in perenne default e tentennano nell’opporsi radicalmente alle imposizioni del governo centrale. Il Salva Roma costringerà alla riduzione dei dipendenti comunali, degli stipendi e ad un peggioramento dei servizi offerti, alla definitiva privatizzazione dei servizi essenziali.
Anche il cosiddetto “piano casa” Renzi/Lupi si pone in perfetta continuità con quanto realizzato sino ad ora: deregolamentazione urbanistica, nuove speculazioni, sostegno al mercato ed alla proprietà. Il decreto Lupi nei fatti si dimostra come il governo sia completamente subalterno agli interessi della rendita e della proprietà privata, disinteressandosi e tagliando fuori larghi settori sociali colpiti dalle politiche di austerità e precarizzazione.
E’ necessario mettere in campo una risposta decisa che coinvolga tutta la città, che sappia parlare a tutti con l’obiettivo di costruire una sedimentazione sociale vera sempre più forte e radicata e che opponga quella forza necessaria, che abbiamo espresso già nei mesi scorsi, utile a strappare alla controparte pezzi di dignità.
Per questo motivo abbiamo deciso di tornare in piazza il 12 maggio e di percorrere le strade di questa città sfidando proprio chi ci vorrebbe silenziosi e passivi a partire dalla conferenza stampa che vogliamo tenere davanti il ministero degli interni. Vogliamo “guardare in faccia” chi prova a inserire nel piano della legalità la nostra sacrosanta volontà di vivere il presente al di sopra di quelle possibilità che il governo ci impone e fuori dalle loro logiche di sfruttamento e devastazione. Vogliamo ribadire l’appartenenza alle strade di questa città e nessun divieto ci impedirà di varcare i confini del concesso, della compatibilità.
Pensiamo sia utile essere presenti nella manifestazione indetta per il 17 Maggio che vedrà i movimenti scendere in piazza contro le privatizzazioni a livello nazionale e il corteo del 10 Maggio a Torino per chiedere la liberazione dei compagni no tav.
Tutte tappe importanti che ci porteranno alla contestazione del vertice sulla disoccupazione giovanile dell’11 luglio a Torino.