mercoledì 31 marzo 2010
sabato 20 marzo 2010
INTERVISTA AD ARNALDO OTEGI, LEADER DELLA SINISTRA INDIPENDENTISCA BASCA
RICEVIAMO E RIGIRIAMO QUESTA INTERVISTA DAI COMPAGNI DI EHL (ALLA FINE DEL POST TROVATE I CONTATTI).
E' necessario che la solidarietà al popolo basco continui anche dopo la campagna internazionale terminata il mese scorso. Guarda l'appello per la costruzione di una mobilitazione nazionale in solidarietà ai giovani indipendentisti baschi:
http://redblock-it.blogspot.com/2010/02/appello-per-continuare-la-campagna-di.html
ARNALDO OTEGI:
ALLEANZA STRATEGICA INDIPENDENTISTA E PROGRESSISTA
Intervista del Portale Giuridico Basco "Res Publica" www.rpublica.org
al popolare dirigente della sinistra indipendentista Arnaldo Otegi
10 marzo 2010
RES PÚBLICA ha ottenuto una intervista in esclusiva con Arnaldo Otegi. In carcere dal 13 ottobre del 2009 accusato assieme ad altri otto esponenti della sinistra indipendentista di contribuire alla elaborazione del documento di discussione nella sinistra indipendentista che è stato approvato alcune settimane fa. In esso si sancisce le vie esclusivamente politiche e democratiche per la costruzione, senza alcun tipo di violenza ed ingerenze, di un processo democratico. Un altro punto qualificante del documento è la creazione di un polo progressista e di sinistra indipendentista.
D: Il Tribunale di Strasburgo ha sancito l’illegalizzazione di Batasuna approvando, di fatto la Ley de los Partidos. A cosa attribuisce questa decisione? E’ la giustizia della Unione Europea cosi politicizzata come lo nello Stato spagnolo?
R: In primo luogo dobbiamo segnalare che se anche è vero che ci ha deluso profondamente questa decisione, è una decisione che ci aspettavamo. Ci ha deluso, in primo luogo, perché giuridicamente è una sentenza povera, poco argomentata e che ha sorpreso molti esperti in diritto per la sua scarsa costruzione giuridica, un fatto non abituale nella Corte di Strasburgo. Questo dato e che non fosse stata accettata per essere discussa nella Grande Camera (composta da 17 giudici ndt), nonostante fosse stata la stessa sezione del tribunale che decise di accogliere la denuncia a proporre il trasferimento della causa alla Grande Camera vista la sua importanza (fatto questo a cui si oppose il regno di Spagna), ci porta a dire che ci sono state grandi pressioni da parte dello Stato spagnolo che hanno potuto influire in questa decisione. Noi sappiamo che per lo Stato spagnolo il conflitto politico basco è la principale questione di stato incluso a livello internazionale. Inoltre lo Stato spagnolo non è uno Stato che si caratterizzi per il suo rispetto verso istituzioni internazionali ed i principi d’indipendenza dei poteri giudiziari etc. Il profilo delle persone che abitualmente vengono nominate come giudici della Corte di Strasburgo lo testimonia; l’attuale giudice prima di essere nominato aveva collaborato con il PSOE o la Fondazione per la Libertà. Ed il suo predecessore era stato in precedenza rappresentante dello Stato nella Corte. Certamente non va a nominare giudici di riconosciuto prestigio ed imparzialità per esercitare una carica come è il caso di altri stati con un’ ampio trascorso democratico. Inoltre il fatto che non si senta vincolato dalle decisioni della Corte, come testimoniano le numerose sentenze di condanna, conferma questo scarso rispetto. Però non è una novità. La stessa situazione si verifica con le Nazioni Unite in relazione alle risoluzioni emesse dai suoi organismi come è stato per il caso di Karmelo Landa, o le relazioni dei diversi relatori o Comitati dei Diritti Umani. D’altro canto dobbiamo riconoscere che non era il miglior momento a livello internazionale. Basta guardare la deriva securitaria che vivono molti paesi e che sta influendo in tutti si sensi nelle diverse istituzioni internazionali preposte a difendere i diritti umani. La sentenza è una brutta notizia in generale, io credo, per tutti quelli che difendono i diritti umani e libertà fondamentali ed avrà conseguenze negative come già stiamo vedendo nei reiterati riferimenti alla sentenza che, per esempio, fanno i tribunali turchi per giustificare l’illegalizzazione del DTP.
D: Illegalizzata. Senza potersi riunire ne convocare manifestazioni. Impedita a presentarsi alle elezioni. La situazione della sinistra indipendentista è realmente difficile in questa congiuntura storica. Quanta parte di responsabilità ha in questa situazione, la stessa strategia della sinistra indipendentista?
R: Molta. Moltissima responsabilità. Basta risalire negli anni per rendersi conto che i processi di illegalizzazione contro la sinistra indipendentista e la sua criminalizzazione iniziano già con l’impegno assunto da Herri Batasuna di diffondere, perché considerata di grande importanza, la Alternativa Democratica, che indicava, in definitiva, come corrispondesse alla cittadinanza basca, attraverso le forze politiche che la rappresentano, arrivare ad accordi sulle base del conflitto, accordi che dovevano essere rispettati da tutti. E sono le iniziative politiche per promuovere il processo di dialogo e negoziazione su basi democratiche, come fu l’Accordo di Lizarra Garazi, quelle che portarono lo Stato a procedere nella repressione ed illegalizzazione della sinistra indipendentista. Perché lo Stato sa che la sinistra indipendentista è il motore del cambiamento politico del paese. Quante più proposte di soluzione del conflitto ha posto suk tavolo la sinistra indipendentista, tanta più repressione ed indurimento dello Stato. Così fu con gli arresti nell’anteriore processo di pace e cosi è stato pochi mesi fa. Lo ricordava un compagno ed amico sudafricano “quanto più razionali sono le vostre proposte, tanto più irrazionale sarà la risposta dello Stato.” Però noi continueremo con l’impegno che abbiamo assunto con il nostro paese, quello di dare soluzioni al conflitto che stiamo vivendo, con le quali in futuro potremo confrontare le diverse opzioni del paese in modo democratico e paritario; che noi indipendentisti possiamo non solo difendere, ma anche materializzare in nostri programmi se questa è la volontà maggioritaria del paese e che gli unionisti e costituzionalisti che vogliono rimanere uniti allo stato spagnolo possano farlo se questa è la volontà del paese.
D: La manifestazione di Donostia dimostrò che sono molto ampi i settori della società basca che rifiutano queste legge (dei partiti ndt) e rifiutano l’emarginazione della sinistra indipendentista. Quali sono, secondo lei, i passi che si dovrebbero compiere da subito?
R: La società basca sa che non si può emarginare ampi settori della sociali e constata la natura politica del conflitto e la necessita di risolverla attraverso il dialogo e la negoziazione. Per questo noi stiamo dicendo che le condizioni per il cambio politico ci sono nel paese. Adesso bisogna materializzare questo cambio mediante un processo democratico: un processo che, sviluppato in assenza totale di violenza ed ingerenze, renda possibile creare un nuovo scenario nel quale tutti i progetti, come ho già detto, siano non solo difendibili ma anche materializzabili. Un ambito politico nel quale siamo noi baschi che decidiamo liberamente le relazioni interne nell’insieme dei territori del paese, che dovrà basarsi sulla accettazione dei cittadini di questi territori, cosi come la relazione che desideriamo mantenere come popolo con altri popoli. E’ questo processo dobbiamo mettere in moto, il processo democratico. Ma la sua attivazione non può dipendere dallo Stato con prerogativa di veto. Senza lo Stato sarà più difficile, però attivarlo dipende solo dalla capacità che abbiamo di accumulare forze e di creare una aspettativa popolare. Di sapere percepire, e credo che lo stiamo facendo, ciò che la maggioranza popolare e democratica di questo paese chiede alla sinistra indipendentista, assieme ad altre forze politiche e sociali, di portare il nostro paese verso un nuovo scenario.
D: Quali furono le cause di fondo che fecero fallire le ultime conversazioni di pace? Quali responsabilità devono essere attribuite al PSOE e quali ad ETA? Il processo di Anoeta, falli per mescolarsi il tavolo politico con il tavolo tecnico?
R: Come in quasi tutti i processi i motivi non sono unici e non riguardano esclusivamente una delle parti. Tutti abbiamo commesso degli errori. Credo, comunque, che lo Stato iniziò male, molto male, quel processo non rispettando quanto accordato con ETA, creando situazioni dove, invece di favorire la fiducia fece proprio il contrario, non avendo previsto ne sviluppato una politica mirata a spiegare al suo paese il processo; non lavorando affinché il processo venisse compreso ma attuando sulla base di inchieste quotidiane e delle pressioni. Intendo dire, che lo stato non fece il suo dovere, e questo, come ho detto, invece di creare fiducia la fece perder. Non fummo, inoltre, capaci di costruire un dialogo tra i partiti al dl là delle riunioni segrete di Loiola ed il lavoro preventivo di preparazione. Si è ripetuto quanto avviene in altre situazioni come queste: l’impazienza si impossessa delle parti, c’è la necessita di vedere passi in avanti e, chiaro, se ciò che si constata è il non rispetto degli accordi, questo mina il processo ed alla fine collassa.
Credo che è necessario stabilire basi solide affinché un processo possa avanzare, deve esistere un ambiente politico-giuridico propizio per questo, condizioni minime, e se questo non viene dato e si dipende dalle decisioni che può prendere o non prendere un giudice, le cose si complicano. Si deve avere, allo stesso tempo, molta comunicazione con la base e la società da parte di tutti gli attori. Deve esserci sincerità, onestà ed un lavoro per il quale, mutuamente, costruiamo il processo e la soluzione. Se il processo si pone nei termini: “io vinco, tu perdi”, viene distrutto, bisogna creare scenari dove tutti vinciamo. E questo è necessario spiegarlo alla società. Si necessita visione del paese e dello Stato per risolvere questo tipo di problema, e se si sta a guardare quali riscontri elettorali potrebbe avere, nelle inchieste, si cominciano a fare cose strane ed incomprensibili. Ed inoltre bisogna avere pazienza.: molta pazienza. Gli intoppi che si verificano in questo tipo di processi è necessario risolverli con pazienza e molto lavoro, senza gettare la spugna o dire che non c’è nulla da fare. Come dicono gli irlandesi, bisogna continuare a pedalare sulla bicicletta perché nel momento che smetti di pedalare, cadi. In definitiva, tutti abbiamo molto da imparare, però se c’è volontà tutto è possibile.
D: Ci sono voci secondo le quali Lei è stato sul punto di abbandonare l’attività politica. E’vero? Ha pensato in qualche momento a questa possibilità?
R: Ho detto ripetutamente che mentre vivrò ed avrò le forze continuerò lavorando per un processo strategico della sinistra indipendentista: un paese libero di uomini e donne libere. Vale a dire una repubblica basca indipendente basata sulla giustizia sociale. Ed anche se siamo sempre più vicini a questo obiettivo, c’è ancora molto da fare e per quanto sto vedendo il ritirarmi è qualcosa di molto lontano.
D: Si osserva un certo cambiamento nel linguaggio della sinistra indipendentista, per esempio mentre prima si definiva se stessa come rappresentazione del popolo basco adesso si parla di “una parte di una amplia cittadinanza”. Questi cambi sono espressione di una strategia condivisa da tutta la sinistra indipendentista?
R: Considero che la critica che si fa alla sinistra indipendentista è una critica che se si estende all’insieme delle forze politiche del paese sia reale. Cioè, disgraziatamente l’insieme delle forze politiche parliamo sempre con troppa facilità di essere rappresentanti del popolo o suoi portavoce. Essendo vero questo, è anche vero che la sinistra indipendentista da diversi anni sta realizzando posposte di base per l’insieme del paese, proposte riferite al processo e agli ambiti democratici, proposte includenti e non escludenti, proposte per le quali si stabilisca nel paese un ambito giuridico politico ugualitario per tutti. Da questo punto di vista, lungi da atteggiamenti messianici o dirigisti, la sinistra indipendentista continua ad offrire proposte per la costruzione del paese, di integrazione. Proposte e strategie ovviamente condivise dall’insieme della sinistra indipendentista.
D: Ci dica chiaramente quali passi dovrebbe compiere , secondo lei, la sinistra indipendentista ne prossimo futuro.
R: Il passo da compiere sono indicati nel documento di dibattito della sinistra indipendentista che dopo essere stato discusso, di quartier in quartiere, di città in città, ha ottenuto l’appoggio della immensa maggioranza della nostra base sociale. E’ necessario articolare e mettere in moto un processo democratico da parte dell’ insieme delle forze democratiche del paese, per il quale i baschi e le basche, attraverso il dialogo e la negoziazione possiamo passare dall’attuale logorato scenario ad un nuovo ambito di carattere democratico nel quale tutte le opzioni, inclusa quella indipendentista, possano essere non solo difendibili ma anche materializzarsi. Un nuovo ambito nel quale sia nelle mani della cittadinanza basca decidere il modo di relazione che desidera stabilire al suo interno cosi come il modo di relazione con gli stati. Un processo democratico che servirà per porre fine al conflitto attuale e che, ovviamente, dovrà dare risposte allo stesso tempo alle gravi conseguenze che il conflitto ha generato. Consideriamo che per questo, la metodologia stabilita nel ‘Anoeta è valida , così come sono validi, e bisognerà sviluppare, i passi in avanti fatti a Loiola. Però affinché questo sia possibile è necessario anche che gli indipendentisti e progressisti del paese stabiliscano una alleanza strategica che lavori per il processo democratico da un punto di vista chiaramente indipendentista. Non perché questo sia l’obiettivo (l’indipendenza) del processo democratico, ma perché fin dall’inizio deve essere chiaro che l’insieme delle visioni ed opzioni presenti nel paese devono trovare riflesso nell’Accordo Democratico, per il quale tutti i progetti politici abbiano le stesse possibilità di materializzarsi. Inoltre è necessario articolare una amplio e trasversale movimento che lotti e si opponga all’attuale riduzione delle libertà fondamentali che vada, passo dopo passo, restaurando lo scenario democratico. Un movimento che lotti per di diritti di riunione, associazione e partecipazione politica, la fine della tortura, il rimpatrio dei prigionieri politici e la loro liberazione etc., un movimento per il ripristino delle liberta pubbliche fondamentali che hanno subito una regressione importantissima in questo paese e che è necessario restituire affinché il processo democratico arrivi in porto.
D: E’ la sinistra indipendentista disposta a impegnarsi con un processo di pace con la premessa del previo abbandono da parte di ETA della lotta armata?
R: La sinistra indipendentista è assolutamente impegnata con un processo di pace che noi definiamo come democratico e lo facciamo senza premesse o precondizioni di alcun tipo, che deve svilupparsi per vie esclusivamente politiche e democratiche. La sinistra indipendentista ha preso una decisione chiara a riguardo che è accreditata tanto nella Dichiarazione di Altsasu come nella approvazione del documento dibattuto. L’insieme degli agenti politici del paese, inclusa ETA, dovranno vedere che tipo di contributo dare affinché questo processo democratico possa svilupparsi e raggiungere i suoi obiettivi. Però, insisto, che la nostra volontà è ferma e decisa nella scommessa per il processo democratico nelle condizioni descritte di assenza di ogni tipo di violenze ed ingerenze.
D: Ed è disposta a pagare il suo “prezzo per la pace” anche come opposizione o scissione da quei settori che sono ancora convinti che qualsiasi processo di pace praticabile necessita la direzione di ETA e della doppia via politico-militare per assicurare il suo buon fine?
R: Già lo abbiamo detto nel precedente processo che concetti come “prezzo per la pace” non sono adeguati, poiché hanno una carica negativa. Rispetto alla domanda è chiaro qual è stata la risposta dell’ampia maggioranza della base sociale della sinistra indipendentista che è stata quella che ha definito le basi ed i principi del processo che dobbiamo promuovere. Per tanto i parametri del dibattito e la conclusione non corrispondono con quelli della domanda. Per questo non è necessario parlare di situazioni che certamente non credo che si verifichino ne che arrivino a darsi.
D: Chi farebbe parte di questo “polo per la sovranità” sul quale, sembra, scommetta una parte della sinistra indipendentista? Non sembra che, a parte Eusko Alkartasuna, possa essere integrato da altre formazioni politiche. Dovrebbe farne parte anche la maggioranza sindacale basca?
R: Il polo per la sovranità non è un’insieme chiuso di sigle. Il polo per la sovranità, o come arriverà a denominarsi, fa riferimento all’insieme di forze e settori del paese che credono chiaramente che la soluzione ai problemi del paese, che le necessità del futuro del paese passano attraverso la costituzione di uno Stato, una repubblica indipendente in Europa, come hanno previsto fare gli scozzesi, i groenlandesi, catalani o fiamminghi. Corrisponde alle diverse forze politiche, sindacali e social del paese definire dove si collocano rispetto a questi postulati, se ciò che cercano è una mera riforma degli statuti di autonomia o credono che ciò che bisogna costruire è lo scenario che renda possibile l’indipendenza. Le forze sindacali del paese hanno anch’esse molto da dire. E’ necessario attivare il popolo basco di sinistra, l’insieme dei settori progressisti del paese nel lavoro per raggiungere la piena sovranità che renda possibile anche una ridistribuzione adeguata delle ricchezze del paese, e su questo terreno la maggioranza sindacale ha molto da dire. .
D: Lei pensa che data l’attuale correlazione di opinioni e forze in Euskadi, l’indipendenza è semplicemente possibile o incluso desiderabile?
R: Non solo credo che sia possibile e desiderabile credo che è necessaria. Abbiamo un paese che non solo per ragioni storiche, che sono importanti, ma soprattutto per ragioni di futuro, necessita l’indipendenza. Affinché possiamo sviluppare con piena capacità la nostra identità, la nostra lingua, la nostra cultura, necessitiamo di strumenti sovrani. Allo stesso tempo, il mondo globalizzato che stiamo vivendo, L’Europa che si sta costruendo e, come abbiamo segnalato, non ci piace in quanto a obiettivi e termini, rende chiaro che solo i popoli sovrani con capacità di decisione ed incidenza con voce propria sui problemi che la riguardano può sussistere. Non è strano che scozzesi fiamminghi, catalani, Isole Feroe o Groenlandia vedano la necessita di essere indipendenti e sovrani e potere così incidere sulle politiche globali che li riguardano. Noi baschi necessitiamo allo stesso modo essere sovrani, avere voce propria nel consesso delle nazioni, difendere i nostri interessi, sviluppare le politiche che ci sembrano più adeguate per lo sviluppo de nostro popolo. E per questo l’indipendenza non è solo desiderabile ma necessaria.
D: Se si crea questo polo per la sovranità, e tenendo presente che PSE e PP stanno già attuando assieme come blocco, non si corre il rischio di una divisione civile in Euskal Herria?
R: Perché? In scozia non c’è una divisione civile, nemmeno in Feroe o Fiandre, ne in Quebec. Perché ci deve essere una divisione civile nel paese con la formazione di un polo per la sovranità o indipendentista e non c’è adesso quando abbiamo un ambito giuridico che non soddisfa la maggioranza del paese? Se stabiliamo regole del gioco democratiche per le quali il paese sia come la maggioranza di esso desidera, non capisco perché ci debba essere divisione o frattura civile. Io sono disposto ad accettare, se la maggioranza del paese desidera continuare ad essere unita allo Stato spagnolo, che cosi sia, e per questo non si produrrebbe nessuna frattura sociale, non farei altro che continuare a lavorare per convincere i miei compatrioti, però niente di più. In fin dei conti è proprio in questo contesto che si vedrà il profilo democratico di ognuno.
D: Come qualificherebbe il lavoro che sta facendo il Partido Socialista d’Euskadi (PSE), con l’appoggio del Partido Popular (PP), nel Governo basco? E quello del Partido Nacionalista Vasco (PNV)?
R: Il PSE sa che il suo è un governo illegittimo, nato da una situazione chiaramente antidemocratica, contrario alla realtà sociologica del paese e sostenuto, inoltre, attraverso un accordo antinatura che unicamente è comprensibile in una prospettiva di ragione di Stato. I settori costituzionalisti unionisti del paese non hanno problemi nell’abbandonare le proprie divergenze con l’obiettivo, sia nella Comunidad Autonoma Vasca (CAV) che nella Comunidad Foral Navarra (CFN), di promuovere politiche di assimilazione e addomesticamento. E con questo obiettivo, e per questo obiettivo, attualmente sono gli unici che difendono gli ambiti autonomisti stabiliti con l’obiettivo di ritardare, il più tempo possibile, ciò che in termini storici sanno che è inevitabile , che un giorno i baschi e le basche decideranno liberamente di costituirsi in uno stato proprio. Per il PNV, esauritosi lo statuto di autonomia, si avvicina l’ora di decidere quale è, in realtà, il suo progetto storico, se è vivere comodi in Spagna o se ritornare alla loro origini politiche. Però è una decisione che loro devono prendere e spiegarla alla loro base, non è un nostro problema: noi abbiamo un progetto chiaro di paese da offrire.
D: Osserva sintomi di una tendenza a destra e accomodamento nella società basca? Che futuro hanno le opzioni di sinistra ed indipendentiste in questo contesto?
R: E’ certo che in questo contesto bloccato possa sembrare che c’è uno spostamento a destra del paese, però io sono convinto che la maggioranza di questo paese, è progressista, con valori di fraternità, di giustizia sociale, di lavoro comunitario molto radicati. C’è un popolo di sinistra nel senso ampio del termine che è maggioritario. E sono convinto del fatto che se attraverso il processo democratico siamo capaci di portare questo popolo verso un nuovo scenario, si constaterà che le opzioni sociali e politiche del cambiamento hanno un ampissimo sostegno nel paese, che c’è la possibilità di articolare maggioranze progressiste e indipendentiste.
D: Se Lei iniziasse un discorso con la frase di Martin Luther King “Ho avuto un sogno…”, come lo descriverebbe?
R: Certamente non sarebbe un sogno tanto diverso dal sogno di Martin Luther King, forse senza reminiscenze religiose però nel fondo molto simile. Desidero come Luther King che un giorno oppressori ed oppressi “ci sediamo assieme al tavolo della fraternità”. Che “la nazione si alzasse in piedi e sostenesse che tutti gli uomini e donne sono uguali”. Che il paese “si trasformi in un oasi di liberta e giustizia”, “che la libertà suoni e arrivi il giorno nel quale tutti fossimo capaci di unire le nostre mani e cantare le parole del vecchio spiritual nero: “alla fine liberi, alla fine liberi. Siamo alla fine liberi”. In fin dei conti possono cambiare le forme, gli obiettivi concreti però, in fondo, tutti gli oppressi cerchiamo la stessa cosa; la libertà.
Traduzione italiana a cura di www.talkingpeace.org
Testo originale in castigliano su www.rpublica.org/contenidos/473-entrevista-arnaldo-otegi-necesario-independentistas-progresistas-establezcamos-alianza-estrategica
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ARNALDO OTEGI:
ALLEANZA STRATEGICA INDIPENDENTISTA E PROGRESSISTA
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al popolare dirigente della sinistra indipendentista Arnaldo Otegi
10 marzo 2010
RES PÚBLICA ha ottenuto una intervista in esclusiva con Arnaldo Otegi. In carcere dal 13 ottobre del 2009 accusato assieme ad altri otto esponenti della sinistra indipendentista di contribuire alla elaborazione del documento di discussione nella sinistra indipendentista che è stato approvato alcune settimane fa. In esso si sancisce le vie esclusivamente politiche e democratiche per la costruzione, senza alcun tipo di violenza ed ingerenze, di un processo democratico. Un altro punto qualificante del documento è la creazione di un polo progressista e di sinistra indipendentista.
D: Il Tribunale di Strasburgo ha sancito l’illegalizzazione di Batasuna approvando, di fatto la Ley de los Partidos. A cosa attribuisce questa decisione? E’ la giustizia della Unione Europea cosi politicizzata come lo nello Stato spagnolo?
R: In primo luogo dobbiamo segnalare che se anche è vero che ci ha deluso profondamente questa decisione, è una decisione che ci aspettavamo. Ci ha deluso, in primo luogo, perché giuridicamente è una sentenza povera, poco argomentata e che ha sorpreso molti esperti in diritto per la sua scarsa costruzione giuridica, un fatto non abituale nella Corte di Strasburgo. Questo dato e che non fosse stata accettata per essere discussa nella Grande Camera (composta da 17 giudici ndt), nonostante fosse stata la stessa sezione del tribunale che decise di accogliere la denuncia a proporre il trasferimento della causa alla Grande Camera vista la sua importanza (fatto questo a cui si oppose il regno di Spagna), ci porta a dire che ci sono state grandi pressioni da parte dello Stato spagnolo che hanno potuto influire in questa decisione. Noi sappiamo che per lo Stato spagnolo il conflitto politico basco è la principale questione di stato incluso a livello internazionale. Inoltre lo Stato spagnolo non è uno Stato che si caratterizzi per il suo rispetto verso istituzioni internazionali ed i principi d’indipendenza dei poteri giudiziari etc. Il profilo delle persone che abitualmente vengono nominate come giudici della Corte di Strasburgo lo testimonia; l’attuale giudice prima di essere nominato aveva collaborato con il PSOE o la Fondazione per la Libertà. Ed il suo predecessore era stato in precedenza rappresentante dello Stato nella Corte. Certamente non va a nominare giudici di riconosciuto prestigio ed imparzialità per esercitare una carica come è il caso di altri stati con un’ ampio trascorso democratico. Inoltre il fatto che non si senta vincolato dalle decisioni della Corte, come testimoniano le numerose sentenze di condanna, conferma questo scarso rispetto. Però non è una novità. La stessa situazione si verifica con le Nazioni Unite in relazione alle risoluzioni emesse dai suoi organismi come è stato per il caso di Karmelo Landa, o le relazioni dei diversi relatori o Comitati dei Diritti Umani. D’altro canto dobbiamo riconoscere che non era il miglior momento a livello internazionale. Basta guardare la deriva securitaria che vivono molti paesi e che sta influendo in tutti si sensi nelle diverse istituzioni internazionali preposte a difendere i diritti umani. La sentenza è una brutta notizia in generale, io credo, per tutti quelli che difendono i diritti umani e libertà fondamentali ed avrà conseguenze negative come già stiamo vedendo nei reiterati riferimenti alla sentenza che, per esempio, fanno i tribunali turchi per giustificare l’illegalizzazione del DTP.
D: Illegalizzata. Senza potersi riunire ne convocare manifestazioni. Impedita a presentarsi alle elezioni. La situazione della sinistra indipendentista è realmente difficile in questa congiuntura storica. Quanta parte di responsabilità ha in questa situazione, la stessa strategia della sinistra indipendentista?
R: Molta. Moltissima responsabilità. Basta risalire negli anni per rendersi conto che i processi di illegalizzazione contro la sinistra indipendentista e la sua criminalizzazione iniziano già con l’impegno assunto da Herri Batasuna di diffondere, perché considerata di grande importanza, la Alternativa Democratica, che indicava, in definitiva, come corrispondesse alla cittadinanza basca, attraverso le forze politiche che la rappresentano, arrivare ad accordi sulle base del conflitto, accordi che dovevano essere rispettati da tutti. E sono le iniziative politiche per promuovere il processo di dialogo e negoziazione su basi democratiche, come fu l’Accordo di Lizarra Garazi, quelle che portarono lo Stato a procedere nella repressione ed illegalizzazione della sinistra indipendentista. Perché lo Stato sa che la sinistra indipendentista è il motore del cambiamento politico del paese. Quante più proposte di soluzione del conflitto ha posto suk tavolo la sinistra indipendentista, tanta più repressione ed indurimento dello Stato. Così fu con gli arresti nell’anteriore processo di pace e cosi è stato pochi mesi fa. Lo ricordava un compagno ed amico sudafricano “quanto più razionali sono le vostre proposte, tanto più irrazionale sarà la risposta dello Stato.” Però noi continueremo con l’impegno che abbiamo assunto con il nostro paese, quello di dare soluzioni al conflitto che stiamo vivendo, con le quali in futuro potremo confrontare le diverse opzioni del paese in modo democratico e paritario; che noi indipendentisti possiamo non solo difendere, ma anche materializzare in nostri programmi se questa è la volontà maggioritaria del paese e che gli unionisti e costituzionalisti che vogliono rimanere uniti allo stato spagnolo possano farlo se questa è la volontà del paese.
D: La manifestazione di Donostia dimostrò che sono molto ampi i settori della società basca che rifiutano queste legge (dei partiti ndt) e rifiutano l’emarginazione della sinistra indipendentista. Quali sono, secondo lei, i passi che si dovrebbero compiere da subito?
R: La società basca sa che non si può emarginare ampi settori della sociali e constata la natura politica del conflitto e la necessita di risolverla attraverso il dialogo e la negoziazione. Per questo noi stiamo dicendo che le condizioni per il cambio politico ci sono nel paese. Adesso bisogna materializzare questo cambio mediante un processo democratico: un processo che, sviluppato in assenza totale di violenza ed ingerenze, renda possibile creare un nuovo scenario nel quale tutti i progetti, come ho già detto, siano non solo difendibili ma anche materializzabili. Un ambito politico nel quale siamo noi baschi che decidiamo liberamente le relazioni interne nell’insieme dei territori del paese, che dovrà basarsi sulla accettazione dei cittadini di questi territori, cosi come la relazione che desideriamo mantenere come popolo con altri popoli. E’ questo processo dobbiamo mettere in moto, il processo democratico. Ma la sua attivazione non può dipendere dallo Stato con prerogativa di veto. Senza lo Stato sarà più difficile, però attivarlo dipende solo dalla capacità che abbiamo di accumulare forze e di creare una aspettativa popolare. Di sapere percepire, e credo che lo stiamo facendo, ciò che la maggioranza popolare e democratica di questo paese chiede alla sinistra indipendentista, assieme ad altre forze politiche e sociali, di portare il nostro paese verso un nuovo scenario.
D: Quali furono le cause di fondo che fecero fallire le ultime conversazioni di pace? Quali responsabilità devono essere attribuite al PSOE e quali ad ETA? Il processo di Anoeta, falli per mescolarsi il tavolo politico con il tavolo tecnico?
R: Come in quasi tutti i processi i motivi non sono unici e non riguardano esclusivamente una delle parti. Tutti abbiamo commesso degli errori. Credo, comunque, che lo Stato iniziò male, molto male, quel processo non rispettando quanto accordato con ETA, creando situazioni dove, invece di favorire la fiducia fece proprio il contrario, non avendo previsto ne sviluppato una politica mirata a spiegare al suo paese il processo; non lavorando affinché il processo venisse compreso ma attuando sulla base di inchieste quotidiane e delle pressioni. Intendo dire, che lo stato non fece il suo dovere, e questo, come ho detto, invece di creare fiducia la fece perder. Non fummo, inoltre, capaci di costruire un dialogo tra i partiti al dl là delle riunioni segrete di Loiola ed il lavoro preventivo di preparazione. Si è ripetuto quanto avviene in altre situazioni come queste: l’impazienza si impossessa delle parti, c’è la necessita di vedere passi in avanti e, chiaro, se ciò che si constata è il non rispetto degli accordi, questo mina il processo ed alla fine collassa.
Credo che è necessario stabilire basi solide affinché un processo possa avanzare, deve esistere un ambiente politico-giuridico propizio per questo, condizioni minime, e se questo non viene dato e si dipende dalle decisioni che può prendere o non prendere un giudice, le cose si complicano. Si deve avere, allo stesso tempo, molta comunicazione con la base e la società da parte di tutti gli attori. Deve esserci sincerità, onestà ed un lavoro per il quale, mutuamente, costruiamo il processo e la soluzione. Se il processo si pone nei termini: “io vinco, tu perdi”, viene distrutto, bisogna creare scenari dove tutti vinciamo. E questo è necessario spiegarlo alla società. Si necessita visione del paese e dello Stato per risolvere questo tipo di problema, e se si sta a guardare quali riscontri elettorali potrebbe avere, nelle inchieste, si cominciano a fare cose strane ed incomprensibili. Ed inoltre bisogna avere pazienza.: molta pazienza. Gli intoppi che si verificano in questo tipo di processi è necessario risolverli con pazienza e molto lavoro, senza gettare la spugna o dire che non c’è nulla da fare. Come dicono gli irlandesi, bisogna continuare a pedalare sulla bicicletta perché nel momento che smetti di pedalare, cadi. In definitiva, tutti abbiamo molto da imparare, però se c’è volontà tutto è possibile.
D: Ci sono voci secondo le quali Lei è stato sul punto di abbandonare l’attività politica. E’vero? Ha pensato in qualche momento a questa possibilità?
R: Ho detto ripetutamente che mentre vivrò ed avrò le forze continuerò lavorando per un processo strategico della sinistra indipendentista: un paese libero di uomini e donne libere. Vale a dire una repubblica basca indipendente basata sulla giustizia sociale. Ed anche se siamo sempre più vicini a questo obiettivo, c’è ancora molto da fare e per quanto sto vedendo il ritirarmi è qualcosa di molto lontano.
D: Si osserva un certo cambiamento nel linguaggio della sinistra indipendentista, per esempio mentre prima si definiva se stessa come rappresentazione del popolo basco adesso si parla di “una parte di una amplia cittadinanza”. Questi cambi sono espressione di una strategia condivisa da tutta la sinistra indipendentista?
R: Considero che la critica che si fa alla sinistra indipendentista è una critica che se si estende all’insieme delle forze politiche del paese sia reale. Cioè, disgraziatamente l’insieme delle forze politiche parliamo sempre con troppa facilità di essere rappresentanti del popolo o suoi portavoce. Essendo vero questo, è anche vero che la sinistra indipendentista da diversi anni sta realizzando posposte di base per l’insieme del paese, proposte riferite al processo e agli ambiti democratici, proposte includenti e non escludenti, proposte per le quali si stabilisca nel paese un ambito giuridico politico ugualitario per tutti. Da questo punto di vista, lungi da atteggiamenti messianici o dirigisti, la sinistra indipendentista continua ad offrire proposte per la costruzione del paese, di integrazione. Proposte e strategie ovviamente condivise dall’insieme della sinistra indipendentista.
D: Ci dica chiaramente quali passi dovrebbe compiere , secondo lei, la sinistra indipendentista ne prossimo futuro.
R: Il passo da compiere sono indicati nel documento di dibattito della sinistra indipendentista che dopo essere stato discusso, di quartier in quartiere, di città in città, ha ottenuto l’appoggio della immensa maggioranza della nostra base sociale. E’ necessario articolare e mettere in moto un processo democratico da parte dell’ insieme delle forze democratiche del paese, per il quale i baschi e le basche, attraverso il dialogo e la negoziazione possiamo passare dall’attuale logorato scenario ad un nuovo ambito di carattere democratico nel quale tutte le opzioni, inclusa quella indipendentista, possano essere non solo difendibili ma anche materializzarsi. Un nuovo ambito nel quale sia nelle mani della cittadinanza basca decidere il modo di relazione che desidera stabilire al suo interno cosi come il modo di relazione con gli stati. Un processo democratico che servirà per porre fine al conflitto attuale e che, ovviamente, dovrà dare risposte allo stesso tempo alle gravi conseguenze che il conflitto ha generato. Consideriamo che per questo, la metodologia stabilita nel ‘Anoeta è valida , così come sono validi, e bisognerà sviluppare, i passi in avanti fatti a Loiola. Però affinché questo sia possibile è necessario anche che gli indipendentisti e progressisti del paese stabiliscano una alleanza strategica che lavori per il processo democratico da un punto di vista chiaramente indipendentista. Non perché questo sia l’obiettivo (l’indipendenza) del processo democratico, ma perché fin dall’inizio deve essere chiaro che l’insieme delle visioni ed opzioni presenti nel paese devono trovare riflesso nell’Accordo Democratico, per il quale tutti i progetti politici abbiano le stesse possibilità di materializzarsi. Inoltre è necessario articolare una amplio e trasversale movimento che lotti e si opponga all’attuale riduzione delle libertà fondamentali che vada, passo dopo passo, restaurando lo scenario democratico. Un movimento che lotti per di diritti di riunione, associazione e partecipazione politica, la fine della tortura, il rimpatrio dei prigionieri politici e la loro liberazione etc., un movimento per il ripristino delle liberta pubbliche fondamentali che hanno subito una regressione importantissima in questo paese e che è necessario restituire affinché il processo democratico arrivi in porto.
D: E’ la sinistra indipendentista disposta a impegnarsi con un processo di pace con la premessa del previo abbandono da parte di ETA della lotta armata?
R: La sinistra indipendentista è assolutamente impegnata con un processo di pace che noi definiamo come democratico e lo facciamo senza premesse o precondizioni di alcun tipo, che deve svilupparsi per vie esclusivamente politiche e democratiche. La sinistra indipendentista ha preso una decisione chiara a riguardo che è accreditata tanto nella Dichiarazione di Altsasu come nella approvazione del documento dibattuto. L’insieme degli agenti politici del paese, inclusa ETA, dovranno vedere che tipo di contributo dare affinché questo processo democratico possa svilupparsi e raggiungere i suoi obiettivi. Però, insisto, che la nostra volontà è ferma e decisa nella scommessa per il processo democratico nelle condizioni descritte di assenza di ogni tipo di violenze ed ingerenze.
D: Ed è disposta a pagare il suo “prezzo per la pace” anche come opposizione o scissione da quei settori che sono ancora convinti che qualsiasi processo di pace praticabile necessita la direzione di ETA e della doppia via politico-militare per assicurare il suo buon fine?
R: Già lo abbiamo detto nel precedente processo che concetti come “prezzo per la pace” non sono adeguati, poiché hanno una carica negativa. Rispetto alla domanda è chiaro qual è stata la risposta dell’ampia maggioranza della base sociale della sinistra indipendentista che è stata quella che ha definito le basi ed i principi del processo che dobbiamo promuovere. Per tanto i parametri del dibattito e la conclusione non corrispondono con quelli della domanda. Per questo non è necessario parlare di situazioni che certamente non credo che si verifichino ne che arrivino a darsi.
D: Chi farebbe parte di questo “polo per la sovranità” sul quale, sembra, scommetta una parte della sinistra indipendentista? Non sembra che, a parte Eusko Alkartasuna, possa essere integrato da altre formazioni politiche. Dovrebbe farne parte anche la maggioranza sindacale basca?
R: Il polo per la sovranità non è un’insieme chiuso di sigle. Il polo per la sovranità, o come arriverà a denominarsi, fa riferimento all’insieme di forze e settori del paese che credono chiaramente che la soluzione ai problemi del paese, che le necessità del futuro del paese passano attraverso la costituzione di uno Stato, una repubblica indipendente in Europa, come hanno previsto fare gli scozzesi, i groenlandesi, catalani o fiamminghi. Corrisponde alle diverse forze politiche, sindacali e social del paese definire dove si collocano rispetto a questi postulati, se ciò che cercano è una mera riforma degli statuti di autonomia o credono che ciò che bisogna costruire è lo scenario che renda possibile l’indipendenza. Le forze sindacali del paese hanno anch’esse molto da dire. E’ necessario attivare il popolo basco di sinistra, l’insieme dei settori progressisti del paese nel lavoro per raggiungere la piena sovranità che renda possibile anche una ridistribuzione adeguata delle ricchezze del paese, e su questo terreno la maggioranza sindacale ha molto da dire. .
D: Lei pensa che data l’attuale correlazione di opinioni e forze in Euskadi, l’indipendenza è semplicemente possibile o incluso desiderabile?
R: Non solo credo che sia possibile e desiderabile credo che è necessaria. Abbiamo un paese che non solo per ragioni storiche, che sono importanti, ma soprattutto per ragioni di futuro, necessita l’indipendenza. Affinché possiamo sviluppare con piena capacità la nostra identità, la nostra lingua, la nostra cultura, necessitiamo di strumenti sovrani. Allo stesso tempo, il mondo globalizzato che stiamo vivendo, L’Europa che si sta costruendo e, come abbiamo segnalato, non ci piace in quanto a obiettivi e termini, rende chiaro che solo i popoli sovrani con capacità di decisione ed incidenza con voce propria sui problemi che la riguardano può sussistere. Non è strano che scozzesi fiamminghi, catalani, Isole Feroe o Groenlandia vedano la necessita di essere indipendenti e sovrani e potere così incidere sulle politiche globali che li riguardano. Noi baschi necessitiamo allo stesso modo essere sovrani, avere voce propria nel consesso delle nazioni, difendere i nostri interessi, sviluppare le politiche che ci sembrano più adeguate per lo sviluppo de nostro popolo. E per questo l’indipendenza non è solo desiderabile ma necessaria.
D: Se si crea questo polo per la sovranità, e tenendo presente che PSE e PP stanno già attuando assieme come blocco, non si corre il rischio di una divisione civile in Euskal Herria?
R: Perché? In scozia non c’è una divisione civile, nemmeno in Feroe o Fiandre, ne in Quebec. Perché ci deve essere una divisione civile nel paese con la formazione di un polo per la sovranità o indipendentista e non c’è adesso quando abbiamo un ambito giuridico che non soddisfa la maggioranza del paese? Se stabiliamo regole del gioco democratiche per le quali il paese sia come la maggioranza di esso desidera, non capisco perché ci debba essere divisione o frattura civile. Io sono disposto ad accettare, se la maggioranza del paese desidera continuare ad essere unita allo Stato spagnolo, che cosi sia, e per questo non si produrrebbe nessuna frattura sociale, non farei altro che continuare a lavorare per convincere i miei compatrioti, però niente di più. In fin dei conti è proprio in questo contesto che si vedrà il profilo democratico di ognuno.
D: Come qualificherebbe il lavoro che sta facendo il Partido Socialista d’Euskadi (PSE), con l’appoggio del Partido Popular (PP), nel Governo basco? E quello del Partido Nacionalista Vasco (PNV)?
R: Il PSE sa che il suo è un governo illegittimo, nato da una situazione chiaramente antidemocratica, contrario alla realtà sociologica del paese e sostenuto, inoltre, attraverso un accordo antinatura che unicamente è comprensibile in una prospettiva di ragione di Stato. I settori costituzionalisti unionisti del paese non hanno problemi nell’abbandonare le proprie divergenze con l’obiettivo, sia nella Comunidad Autonoma Vasca (CAV) che nella Comunidad Foral Navarra (CFN), di promuovere politiche di assimilazione e addomesticamento. E con questo obiettivo, e per questo obiettivo, attualmente sono gli unici che difendono gli ambiti autonomisti stabiliti con l’obiettivo di ritardare, il più tempo possibile, ciò che in termini storici sanno che è inevitabile , che un giorno i baschi e le basche decideranno liberamente di costituirsi in uno stato proprio. Per il PNV, esauritosi lo statuto di autonomia, si avvicina l’ora di decidere quale è, in realtà, il suo progetto storico, se è vivere comodi in Spagna o se ritornare alla loro origini politiche. Però è una decisione che loro devono prendere e spiegarla alla loro base, non è un nostro problema: noi abbiamo un progetto chiaro di paese da offrire.
D: Osserva sintomi di una tendenza a destra e accomodamento nella società basca? Che futuro hanno le opzioni di sinistra ed indipendentiste in questo contesto?
R: E’ certo che in questo contesto bloccato possa sembrare che c’è uno spostamento a destra del paese, però io sono convinto che la maggioranza di questo paese, è progressista, con valori di fraternità, di giustizia sociale, di lavoro comunitario molto radicati. C’è un popolo di sinistra nel senso ampio del termine che è maggioritario. E sono convinto del fatto che se attraverso il processo democratico siamo capaci di portare questo popolo verso un nuovo scenario, si constaterà che le opzioni sociali e politiche del cambiamento hanno un ampissimo sostegno nel paese, che c’è la possibilità di articolare maggioranze progressiste e indipendentiste.
D: Se Lei iniziasse un discorso con la frase di Martin Luther King “Ho avuto un sogno…”, come lo descriverebbe?
R: Certamente non sarebbe un sogno tanto diverso dal sogno di Martin Luther King, forse senza reminiscenze religiose però nel fondo molto simile. Desidero come Luther King che un giorno oppressori ed oppressi “ci sediamo assieme al tavolo della fraternità”. Che “la nazione si alzasse in piedi e sostenesse che tutti gli uomini e donne sono uguali”. Che il paese “si trasformi in un oasi di liberta e giustizia”, “che la libertà suoni e arrivi il giorno nel quale tutti fossimo capaci di unire le nostre mani e cantare le parole del vecchio spiritual nero: “alla fine liberi, alla fine liberi. Siamo alla fine liberi”. In fin dei conti possono cambiare le forme, gli obiettivi concreti però, in fondo, tutti gli oppressi cerchiamo la stessa cosa; la libertà.
Traduzione italiana a cura di www.talkingpeace.org
Testo originale in castigliano su www.rpublica.org/contenidos/473-entrevista-arnaldo-otegi-necesario-independentistas-progresistas-establezcamos-alianza-estrategica
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CAMERATI MASCHERATI
Come ormai noto i fascisti di Casapound, mascherati sotto una delle loro molteplici sigle, in questo caso "Comunità solidaristà Popoli" hanno organizzato per il 15/03 una delle loro iniziative (Popoli Identitari) presso la Facoltà di Giurisprudenza di Tor Vergata a Roma . iniziativa concordata e finanziata dall'Ateneo.
Alcuni studenti antifascisti dopo aver discusso col rettore denunciando il fatto che l’Ateneo finanzi iniziative a noti picchiatori fascisti, hanno organizzato un volantinaggio per denunciare chi sono veramente questi "camerati mascherati" di Casapound.
Appena arrivati davanti l'aula dell'iniziativa i fascisti hanno aggredito in superiorità numerica con oggetti contundenti gli studenti.
Il bilancio: 6 compagni e un lavoratore, giunto a loro difesa, finiti all'ospedale con fratture, denti rotti, ecc.
L'indomani dopo una conferenza stampa molto partecipata alla facoltà di Lettere sui fatti successi, alcuni studenti sono tornati nuovamente a Giurisprudenza per chiedere alla seduta in corso del Senato Accademico di prendere posizione. Al loro arrivo hanno trovato l'ingresso della facoltà presidiato da un centinaio di fascisti del Blocco studentesco (un'altra sigla di Casapound) armi in mano come spranghe, bastoni, manganelli telescopici, cinghie, caschi che ovviamente hanno aggredito nuovamente i compagni.
Tutto questo davanti gli occhi della polizia che inizialmente si godeva “lo spettacolo” e successivamente ha portato al commissariato 7 compagni con l'accusa di rissa.
E dopo questi fatti, qual è stata la presa di posizione del rettore?
Bloccare tutte le iniziative degli studenti fino al mese di maggio...
…ancora una volta il ruolo dei fascisti è quello di essere funzionali alla repressione
Come ben si vede, già da anni, i fascisti continuano ad aggredire in pieno giorno armati con mazze e spranghe e restano sempre impuniti.
La polizia resta a guardare e quando interviene lo fa in loro difesa. La magistratura non svolge il suo ruolo, o meglio lo svolge come parte del sistema borghese, che anche quello di difendere queste infami carogne.
I fatti sopracitati di Tor Vergata delineano un panorama non isolato, fatti simili avvengono in tutta Italia.
Abbiamo già detto, scritto tanto su chi sono i fascisti e quali rapporti hanno con le istituzioni che, in questi casi, diventano molto evidenti.
Ciò che ci urge invece è lanciare l’appello agli antifascisti di cominciare a combattere il moderno fascismo che avanza (non solo quello della manovalanza fascista, ma anche quello personificato dal governo Berlusconi e dalle istituzioni in genere) unitariamente, avanzando nell’organizzazione di questa lotta che può solo significare:
COSTRUIRE RAF (RETI ANTIFASCISTE) IN TUTTE LE CITTA'
COSTRUIRE UNA RAF NAZIONALE
Red Block
Alcuni studenti antifascisti dopo aver discusso col rettore denunciando il fatto che l’Ateneo finanzi iniziative a noti picchiatori fascisti, hanno organizzato un volantinaggio per denunciare chi sono veramente questi "camerati mascherati" di Casapound.
Appena arrivati davanti l'aula dell'iniziativa i fascisti hanno aggredito in superiorità numerica con oggetti contundenti gli studenti.
Il bilancio: 6 compagni e un lavoratore, giunto a loro difesa, finiti all'ospedale con fratture, denti rotti, ecc.
L'indomani dopo una conferenza stampa molto partecipata alla facoltà di Lettere sui fatti successi, alcuni studenti sono tornati nuovamente a Giurisprudenza per chiedere alla seduta in corso del Senato Accademico di prendere posizione. Al loro arrivo hanno trovato l'ingresso della facoltà presidiato da un centinaio di fascisti del Blocco studentesco (un'altra sigla di Casapound) armi in mano come spranghe, bastoni, manganelli telescopici, cinghie, caschi che ovviamente hanno aggredito nuovamente i compagni.
Tutto questo davanti gli occhi della polizia che inizialmente si godeva “lo spettacolo” e successivamente ha portato al commissariato 7 compagni con l'accusa di rissa.
E dopo questi fatti, qual è stata la presa di posizione del rettore?
Bloccare tutte le iniziative degli studenti fino al mese di maggio...
…ancora una volta il ruolo dei fascisti è quello di essere funzionali alla repressione
Come ben si vede, già da anni, i fascisti continuano ad aggredire in pieno giorno armati con mazze e spranghe e restano sempre impuniti.
La polizia resta a guardare e quando interviene lo fa in loro difesa. La magistratura non svolge il suo ruolo, o meglio lo svolge come parte del sistema borghese, che anche quello di difendere queste infami carogne.
I fatti sopracitati di Tor Vergata delineano un panorama non isolato, fatti simili avvengono in tutta Italia.
Abbiamo già detto, scritto tanto su chi sono i fascisti e quali rapporti hanno con le istituzioni che, in questi casi, diventano molto evidenti.
Ciò che ci urge invece è lanciare l’appello agli antifascisti di cominciare a combattere il moderno fascismo che avanza (non solo quello della manovalanza fascista, ma anche quello personificato dal governo Berlusconi e dalle istituzioni in genere) unitariamente, avanzando nell’organizzazione di questa lotta che può solo significare:
COSTRUIRE RAF (RETI ANTIFASCISTE) IN TUTTE LE CITTA'
COSTRUIRE UNA RAF NAZIONALE
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martedì 16 marzo 2010
16 MARZO 2003 - 16 MARZO 2010 DAX VIVE NELLE LOTTE!
Il 16 Marzo 2003 a Milano un gruppo di 3 neofascisti ha ucciso un giovane compagno,Davide Cesare “Dax” che usciva da un pub con alcuni compagni.
Nel corso della colluttazione i fascisti hanno colpito ripetutamente con coltelli i compagni, uno dei quali sarà ricoverato d'urgenza, invece Dax raggiungerà l'ospedale molto lentamente a causa dell'arrivo delle “forze dell'ordine” che hanno ritardato l'arrivo dell'ambulanza.
L'ospedale San Paolo, dove erano stati portati i compagni, era completamente militarizzato, e dopo che i medici dichiarano la morte di Dax il clima diventa più pesante. I compagni e gli amici addolorati e pieni di rabbia per la perdita di Dax vengono pure provocati dagli sbirri e alla loro risposta i servi in divisa caricano indiscriminatamente sia all'interno dell'ospedale che fuori, l'aggressione dei carabinieri verrà legittimata anche dal questore.
Sui "fatti del San Paolo" si aprirà poi un processo che si è concluso in Cassazione nel 2009 con da un lato la piena assoluzione dei servi in divisa e dall'altro la condanna di due compagni ad un totale di 3 anni e 4 mesi di carcere più 100.000euro di multa per violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Copione già visto in occasione del processo relativo ai fatti del G8 di Genova del 2001: lo stato si autoassolve chi lotta viene incarcerato.
Lo stato reprime e giustifica atti di violenza verso giovani ribelli, proletari, immigrati;
ricordiamo Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Carlos Palomino, Alexis Grigoropoulos, Federico Aldrovandi, Stefano Consiglio,il recente assassinio di Lambros Foundas (Grecia) e tanti altri.
E' necessario ribellarsi contro questo sistema e contro il moderno fascismo in costruzione che avanza.
Per far ciò si deve combattere il fascismo con una lotta globale a 360gradi:
-con una militanza attiva che affronti e vieti alla feccia neofascista di avere propri spazi e fare le loro iniziative;
- contrastare ogni tentativo di revisionismo storico per riabilitare il fascismo e disonorare la resistenza dei partigiani e le lotte degli anni precedenti degli studenti e dei lavoratori;
-socialmente ovvero far conoscere alle masse popolari e ai lavoratori chi sono i fascisti,i loro rapporti con le istituzioni e i mass media e sensibilizzando i proletari affinché non siano colpiti dalla continua propaganda razzista e xenofoba che partendo dal governo passa per i mezzi di comunicazione di massa.
Contro la feccia neofascista,contro la repressione,contro il moderno fascismo che avanza!!
ORGANIZZARSI! COSTRUIRE RAF (Reti Antifasciste Ovunque).
Combattere,il moderno fascismo e la repressione dello stato borghese!!
domenica 14 marzo 2010
Ancora Repressione contro il Collettivo Stella Rossa Di Biella
A seguito di un ulteriore atto repressivo della questura di Biella verso i compagni del Collettivo Stella Rossa fermati mentre attacchinavano per un presidio contro la repressione, i compagni di Biella rispondono ed il presidio riesce dando un forte segnale alla questura:
La Repressione Non ferma ma alimenta ma alimenta la ribellione!
La solidarietà è un'arma!
Red Block
Riportiamo il comunicato del Coordinamento dei Collettivi Comunisti:
Coordinamento dei Collettivi Comunisti
Comunicato 14.03.10
Ancora repressione nei confronti dei compagni del Collettivo Stella Rossa di Biella
Per un fronte comune contro la repressione
Due compagni del collettivo Stella Rossa, aderente al Coordinamento dei Collettivi Comunisti, Umberto e Valentina, hanno ricevuto un avviso di garanzia per la manifestazione studentesca del 24 novembre 2009 nel contesto della lotta contro l’accorpamento degli istituti professionali della provincia di Biella. Su questa forma di repressione, preceduta da continue intimidazioni da parte della polizia nei confronti dei giovani compagni, il collettivo ha indetto un presidio per il 12 marzo di lotta contro la repressione. Giovedì 11 marzo, il giorno prima del presidio, tre compagni del collettivo Stella Rossa, mentre attacchinavano per il presidio contro la repressione, sono stati fermati da due poliziotti in borghese che, a seguito dell’identificazione, hanno contattato la DIGOS che ha portato i tre compagni in questura. I compagni sono stati trattenuti per diverse ore senza che venisse formalizzata alcuna accusa, mentre l’intera DIGOS di Biella sfilava davanti ai compagni minacciandoli con frasi del tipo “firmate questo verbale o finisce male”. I compagni si sono decisamente rifiutati di firmare e alle 3 di notte, vista anche l’immediata mobilitazione di alcuni compagni fuori dalla questura e le telefonate di protesta, la DIGOS si è vista costretta a rilasciare i compagni commutandogli una multa di circa 100 euro a testa per attacchinaggio abusivo.
Malgrado questo ennesimo tentativo di spezzare la lotta con la repressione, il presidio è riuscito: erano presenti circa 40 persone tra studenti degli istituti professionali e compagni di Rifondazione e anarchici, nonostante la questura abbia impiegato numerose forze dell'ordine in assetto anti sommossa e molti agenti della Digos per intimidire e scoraggiare l’iniziativa. Ha presenziato direttamente lo stesso Questore!
Questa ennesima operazione stile “primo fascismo” si inserisce in una campagna intimidatoria che ormai da mesi va avanti contro il Collettivo Stella Rossa a Biella, così come succede in altre città verso lavoratori in lotta, compagni e antifascisti.
Man mano che avanza la crisi, aumenta il malcontento delle masse, aumenta la mobilitazione e la lotta. I lavoratori e le masse non vogliono pagare la crisi dei padroni! La borghesia oscilla tra percorrere la strada della repressione aperta o mantenere una parvenza di democrazia. Le operazioni repressive legali (come quelle capitanate dalla Digos) e illegali (come quelle legate allo sdoganamento dei fascisti e da questi direttamente portate avanti) aumentano di numero e di intensità.
Man mano che le masse si organizzano, aumentano il timore della borghesia e la sua repressione. Ma al contempo aumenta anche la capacità delle masse di lottare. È necessario che i comunisti raccolgano il malcontento, la mobilitazione, la capacità di lotta per farli convergere nella ricostruzione del partito comunista della classe operaia, strumento necessario e decisivo nella lotta per la costruzione di una società più avanzata, il socialismo.
In questa situazione di oscillazione della borghesia la mobilitazione dei comunisti e dei lavoratori può fermare la repressione e costringere anche i personaggi della stessa borghesia più incerti o sinceramente democratici a prendere una posizione in difesa dei diritti sanciti dalla Costituzione, come ad esempio quello della libertà di espressione sancito dall’articolo 21 della Costituzione. La mobilitazione può ostacolare la repressione, ma principalmente può rafforzare chi lotta nella costruzione di un fronte comune contro la repressione e nella capacità di far fronte al nemico di classe.
Per un fronte comune contro la repressione!
Solidarietà a tutti i compagni e i lavoratori colpiti dalla repressione!
La Repressione Non ferma ma alimenta ma alimenta la ribellione!
La solidarietà è un'arma!
Red Block
Riportiamo il comunicato del Coordinamento dei Collettivi Comunisti:
Coordinamento dei Collettivi Comunisti
Comunicato 14.03.10
Ancora repressione nei confronti dei compagni del Collettivo Stella Rossa di Biella
Per un fronte comune contro la repressione
Due compagni del collettivo Stella Rossa, aderente al Coordinamento dei Collettivi Comunisti, Umberto e Valentina, hanno ricevuto un avviso di garanzia per la manifestazione studentesca del 24 novembre 2009 nel contesto della lotta contro l’accorpamento degli istituti professionali della provincia di Biella. Su questa forma di repressione, preceduta da continue intimidazioni da parte della polizia nei confronti dei giovani compagni, il collettivo ha indetto un presidio per il 12 marzo di lotta contro la repressione. Giovedì 11 marzo, il giorno prima del presidio, tre compagni del collettivo Stella Rossa, mentre attacchinavano per il presidio contro la repressione, sono stati fermati da due poliziotti in borghese che, a seguito dell’identificazione, hanno contattato la DIGOS che ha portato i tre compagni in questura. I compagni sono stati trattenuti per diverse ore senza che venisse formalizzata alcuna accusa, mentre l’intera DIGOS di Biella sfilava davanti ai compagni minacciandoli con frasi del tipo “firmate questo verbale o finisce male”. I compagni si sono decisamente rifiutati di firmare e alle 3 di notte, vista anche l’immediata mobilitazione di alcuni compagni fuori dalla questura e le telefonate di protesta, la DIGOS si è vista costretta a rilasciare i compagni commutandogli una multa di circa 100 euro a testa per attacchinaggio abusivo.
Malgrado questo ennesimo tentativo di spezzare la lotta con la repressione, il presidio è riuscito: erano presenti circa 40 persone tra studenti degli istituti professionali e compagni di Rifondazione e anarchici, nonostante la questura abbia impiegato numerose forze dell'ordine in assetto anti sommossa e molti agenti della Digos per intimidire e scoraggiare l’iniziativa. Ha presenziato direttamente lo stesso Questore!
Questa ennesima operazione stile “primo fascismo” si inserisce in una campagna intimidatoria che ormai da mesi va avanti contro il Collettivo Stella Rossa a Biella, così come succede in altre città verso lavoratori in lotta, compagni e antifascisti.
Man mano che avanza la crisi, aumenta il malcontento delle masse, aumenta la mobilitazione e la lotta. I lavoratori e le masse non vogliono pagare la crisi dei padroni! La borghesia oscilla tra percorrere la strada della repressione aperta o mantenere una parvenza di democrazia. Le operazioni repressive legali (come quelle capitanate dalla Digos) e illegali (come quelle legate allo sdoganamento dei fascisti e da questi direttamente portate avanti) aumentano di numero e di intensità.
Man mano che le masse si organizzano, aumentano il timore della borghesia e la sua repressione. Ma al contempo aumenta anche la capacità delle masse di lottare. È necessario che i comunisti raccolgano il malcontento, la mobilitazione, la capacità di lotta per farli convergere nella ricostruzione del partito comunista della classe operaia, strumento necessario e decisivo nella lotta per la costruzione di una società più avanzata, il socialismo.
In questa situazione di oscillazione della borghesia la mobilitazione dei comunisti e dei lavoratori può fermare la repressione e costringere anche i personaggi della stessa borghesia più incerti o sinceramente democratici a prendere una posizione in difesa dei diritti sanciti dalla Costituzione, come ad esempio quello della libertà di espressione sancito dall’articolo 21 della Costituzione. La mobilitazione può ostacolare la repressione, ma principalmente può rafforzare chi lotta nella costruzione di un fronte comune contro la repressione e nella capacità di far fronte al nemico di classe.
Per un fronte comune contro la repressione!
Solidarietà a tutti i compagni e i lavoratori colpiti dalla repressione!
domenica 7 marzo 2010
Catalano … ciò che vedrete non è la realtà dei fatti!!!
Come ogni scuola pubblica anche al Catalano le normative di sicurezza sono solamente un optional di cui si può fare a meno. In queste giornate (open day) ai genitori e i figli che hanno intenzione di visitare il Catalano ciò che sarà possibile vedere è solo una parte della scuola, quella sistemata, o meglio camuffata. In queste settimane molti professori hanno costretto gli alunni a dipingere e sistemare alcune aule della scuola solo per l'open day, e saranno le stesse aule che Vi faranno visitare.
Tuttavia ciò che non vi fanno vedere cerchiamo di trasmettervelo noi studenti che questa scuola la viviamo molto più di certi insegnanti e dove rischiamo veramente la vita. Allora visto che il 70% delle scuole siciliane non sono a norma di legge vediamo le condizioni del Catalano.
Partiamo dalle aule dove passiamo gran parte della giornata: infiltrazioni, crepe e meglio ancora buchi da dove è possibile vedere la classe confinante (per non sentirci mai soli!!!), perni che fuoriescono da un muro di una classe per uscire dall'altra parte e dunque in un'altra aula, zoccoletti e parte di muro ceduti. Guardando al complesso della scuola invece, che dire, 11 piani per una scuola direi che fuoriescono di gran lunga dal limite stabilito per norma di legge, le porte delle scale antincendio bloccate dalle macchine ecc.
Questo edificio infatti è un palazzo e non può diventare solo per interessi una scuola dall'oggi al domani senza apportare modifiche strutturali al fine di salvaguardare la nostra sicurezza!
C'è bastata la casa dello studente a L'Aquila crollata non per il terremoto, ma perchè mancava un pilastro. C'è bastata disgraziatamente la morte di Vito Scafidi morto in una suola di Torino perchè gli è crollato il tetto della classe addosso. Dobbiamo arrivare a questo per capire che le nostre strutture scolastiche non sono sicure?
Questo è ciò che la presidenza non Vi farà vedere per non perdere iscrizioni all'anno successivo. D'altra parte noi portiamo a conoscenza della gente la mancanza di condizioni di sicurezza nel nostro edificio.
Vogliono illudervi? Allora noi facciamo la nostra parte, dall'altra parte.
A seguire qualche foto della scuola:
Tuttavia ciò che non vi fanno vedere cerchiamo di trasmettervelo noi studenti che questa scuola la viviamo molto più di certi insegnanti e dove rischiamo veramente la vita. Allora visto che il 70% delle scuole siciliane non sono a norma di legge vediamo le condizioni del Catalano.
Partiamo dalle aule dove passiamo gran parte della giornata: infiltrazioni, crepe e meglio ancora buchi da dove è possibile vedere la classe confinante (per non sentirci mai soli!!!), perni che fuoriescono da un muro di una classe per uscire dall'altra parte e dunque in un'altra aula, zoccoletti e parte di muro ceduti. Guardando al complesso della scuola invece, che dire, 11 piani per una scuola direi che fuoriescono di gran lunga dal limite stabilito per norma di legge, le porte delle scale antincendio bloccate dalle macchine ecc.
Questo edificio infatti è un palazzo e non può diventare solo per interessi una scuola dall'oggi al domani senza apportare modifiche strutturali al fine di salvaguardare la nostra sicurezza!
C'è bastata la casa dello studente a L'Aquila crollata non per il terremoto, ma perchè mancava un pilastro. C'è bastata disgraziatamente la morte di Vito Scafidi morto in una suola di Torino perchè gli è crollato il tetto della classe addosso. Dobbiamo arrivare a questo per capire che le nostre strutture scolastiche non sono sicure?
Questo è ciò che la presidenza non Vi farà vedere per non perdere iscrizioni all'anno successivo. D'altra parte noi portiamo a conoscenza della gente la mancanza di condizioni di sicurezza nel nostro edificio.
Vogliono illudervi? Allora noi facciamo la nostra parte, dall'altra parte.
A seguire qualche foto della scuola:
martedì 2 marzo 2010
SOLIDARIETA' AL COLLETTIVO STELLA ROSSA DI BIELLA
I giovani di Red Block esprimono massima solidarietà ai due compagni Valentina e Umberto del Collettivo Stella Rossa di Biella colpiti dalla repressione borghese.
Lo Stato ha paura quando i rivoluzionari si mettono alla testa delle lotte come quella portata avanti dai compagni al fianco degli studenti.
Di certo non sarà la repressione ad intimorire i rivoluzionari e le masse nell'andare avanti con la lotta verso una società giusta e senza sfruttamento.
Red Block
riportiamo il comunicato del Collettivo Stella Rossa Biella:
COMUNICATO STAMPA
Il giorno 25 Febbraio 2010 Umberto e Valentina, due compagni del collettivo Stella Rossa di Biella, entrambi studenti, hanno ricevuto un avviso di garanzia per la manifestazione del 24 Novembre 2009 contro l’accorpamento delle scuole professionali. Sono accusati di aver guidato la manifestazione senza l’autorizzazione della questura. Questi compagni colpevoli soltanto di aver difeso in prima linea i diritti degli studenti e del proletariato di avere un’istruzione, rischiano fino ad un anno e mezzo di reclusione. La DIGOS così colpisce un collettivo di comunisti che da ormai un anno guida la lotta studentesca contro la riforma Gelmini.
Questo ennesimo atto di repressione dello Stato borghese, vuole contrastare la lotta studentesca e la lotta di classe in generale. Vi è infatti un continuo tentativo di reprimere il movimento comunista che lotta per l’emancipazione del proletariato.
La lotta contro la riforma Gelmini-Tremonti e contro il piano di accorpamento dei professionali ha visto e vede la partecipazione di tutti gli studenti, uniti contro la chiusura delle proprie scuole. Quindi queste denunce non sono altro che un vile tentativo delle forze dell’ordine e della Magistratura di fermare la lotta colpendo i compagni più attivi cercando di farli risultare come dei criminali agli occhi degli altri studenti e della cittadinanza.
Questo infame atto repressivo si inserisce già in un clima in cui i compagni del collettivo Stella Rossa sono continuamente fermati e perquisiti dai cani da guardia della borghesia, basti pensare alla vera e propria campagna intimidatoria intrapresa dai Carabinieri di Gattinara nei confronti di due giovani compagni aderenti al Coordinamento dei Collettivi Comunisti (di cui Stella Rossa fa parte).
In quest’ultimo periodo questo governo di mafiosi, affaristi e fascisti sta potenziando sempre di più l’apparato repressivo dello stato, basti pensare all’operazione della DIGOS a Torino che ha portato in carcere sette antirazzisti accusandoli di reati strumentali solo a criminalizzare la loro lotta, o ai compagni in carcere dal 2007 accusati di terrorismo e condannati a 15 anni di carcere con processi farsa basati sul niente. Questo governo così vuole reprimere il movimento di lotta delle masse contro la crisi del capitalismo e del loro sistema marcio alla radice.
I servi della DIGOS di Biella, così, non fanno altro che mettersi in linea con le direttive del ministero dell’interno.
Non pensi il questore di fermare la lotta studentesca e delle masse tutte con questi mezzucci degni di chi non ha altri argomenti che la repressione, il questore di Biella non è altro che un servo, un servo del padronato che ha interessi a devastare la scuola pubblica a favore di quella privata e a non dare un istruzione di qualità alle masse.
Combattere contro questo ennesimo atto repressivo della questura di Biella non vuol dire soltanto lottare a fianco di chi lotta per difendere gli interessi degli studenti e delle masse tutte ma anche difendere i diritti nati dalla Resistenza e sanciti dalla Costituzione che ne è espressione, garantiti a tutti.
E’ necessario dare la massima solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione senza lasciarli soli di fronte alla violenza dello Stato. Dobbiamo difendere chi lotta contro la scuola di classe, impegnandoci tutti in prima persona a partecipare alle iniziative che verranno organizzate nelle prossime settimane per pagare le spese legali, e per far sentire la nostra solidarietà di classe a Valentina e Umberto.
La solidarietà è un’arma che dobbiamo usare per combattere il sistema capitalista e lo Stato borghese che esso protegge.
Valentina e Umberto assolti subito!
Collettivo Stella Rossa 28-02-2010
Lo Stato ha paura quando i rivoluzionari si mettono alla testa delle lotte come quella portata avanti dai compagni al fianco degli studenti.
Di certo non sarà la repressione ad intimorire i rivoluzionari e le masse nell'andare avanti con la lotta verso una società giusta e senza sfruttamento.
Red Block
riportiamo il comunicato del Collettivo Stella Rossa Biella:
COMUNICATO STAMPA
Il giorno 25 Febbraio 2010 Umberto e Valentina, due compagni del collettivo Stella Rossa di Biella, entrambi studenti, hanno ricevuto un avviso di garanzia per la manifestazione del 24 Novembre 2009 contro l’accorpamento delle scuole professionali. Sono accusati di aver guidato la manifestazione senza l’autorizzazione della questura. Questi compagni colpevoli soltanto di aver difeso in prima linea i diritti degli studenti e del proletariato di avere un’istruzione, rischiano fino ad un anno e mezzo di reclusione. La DIGOS così colpisce un collettivo di comunisti che da ormai un anno guida la lotta studentesca contro la riforma Gelmini.
Questo ennesimo atto di repressione dello Stato borghese, vuole contrastare la lotta studentesca e la lotta di classe in generale. Vi è infatti un continuo tentativo di reprimere il movimento comunista che lotta per l’emancipazione del proletariato.
La lotta contro la riforma Gelmini-Tremonti e contro il piano di accorpamento dei professionali ha visto e vede la partecipazione di tutti gli studenti, uniti contro la chiusura delle proprie scuole. Quindi queste denunce non sono altro che un vile tentativo delle forze dell’ordine e della Magistratura di fermare la lotta colpendo i compagni più attivi cercando di farli risultare come dei criminali agli occhi degli altri studenti e della cittadinanza.
Questo infame atto repressivo si inserisce già in un clima in cui i compagni del collettivo Stella Rossa sono continuamente fermati e perquisiti dai cani da guardia della borghesia, basti pensare alla vera e propria campagna intimidatoria intrapresa dai Carabinieri di Gattinara nei confronti di due giovani compagni aderenti al Coordinamento dei Collettivi Comunisti (di cui Stella Rossa fa parte).
In quest’ultimo periodo questo governo di mafiosi, affaristi e fascisti sta potenziando sempre di più l’apparato repressivo dello stato, basti pensare all’operazione della DIGOS a Torino che ha portato in carcere sette antirazzisti accusandoli di reati strumentali solo a criminalizzare la loro lotta, o ai compagni in carcere dal 2007 accusati di terrorismo e condannati a 15 anni di carcere con processi farsa basati sul niente. Questo governo così vuole reprimere il movimento di lotta delle masse contro la crisi del capitalismo e del loro sistema marcio alla radice.
I servi della DIGOS di Biella, così, non fanno altro che mettersi in linea con le direttive del ministero dell’interno.
Non pensi il questore di fermare la lotta studentesca e delle masse tutte con questi mezzucci degni di chi non ha altri argomenti che la repressione, il questore di Biella non è altro che un servo, un servo del padronato che ha interessi a devastare la scuola pubblica a favore di quella privata e a non dare un istruzione di qualità alle masse.
Combattere contro questo ennesimo atto repressivo della questura di Biella non vuol dire soltanto lottare a fianco di chi lotta per difendere gli interessi degli studenti e delle masse tutte ma anche difendere i diritti nati dalla Resistenza e sanciti dalla Costituzione che ne è espressione, garantiti a tutti.
E’ necessario dare la massima solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione senza lasciarli soli di fronte alla violenza dello Stato. Dobbiamo difendere chi lotta contro la scuola di classe, impegnandoci tutti in prima persona a partecipare alle iniziative che verranno organizzate nelle prossime settimane per pagare le spese legali, e per far sentire la nostra solidarietà di classe a Valentina e Umberto.
La solidarietà è un’arma che dobbiamo usare per combattere il sistema capitalista e lo Stato borghese che esso protegge.
Valentina e Umberto assolti subito!
Collettivo Stella Rossa 28-02-2010
Etichette:
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