A distanza di due giorni dalle aggressioni fasciste del 27 Aprile a Napoli e Roma di cui abbiamo già espresso la nostra solidarietà
http://redblock-it.blogspot.com/2011/04/solidarieta-ai-compagni-antifascisti-di.html
con forte rabbia questa mattina abbiamo saputo che alcuni compagni antifascisti appartenenti al collettivo “studenti Federico II” sono stati aggrediti con le lame dai servi fascisti di Casapound.
L'azione viscida e squadrista era stata premeditata:
Ieri sera intorno le 21.00 sono comparse sui muri davanti l’ingresso della facoltà di Lettere e Filosofia Federico II alcune svastiche, scritte naziste e minatorie verso i compagni: “Antifà’ vi buchiamo quando vogliamo”
Questa mattina i compagni del collettivo hanno organizzato un banchetto informativo in facoltà per denunciare l’accaduto e ripulire i muri, quando intorno le 10.30 tre infami fascisti di Casapound (uno candidato alle prossime elezioni) si sono avvicinati con aria spavalda (si sentivano sicuri avendo coltelli in tasca) e hanno aggredito con le lame i compagni che fortunatamente si sono difesi evitando il peggio.
Condotti all’ospedale infatti due compagni hanno avuto punti di sutura alle braccia, alle gambe mentre un terzo dopo alcuni punti di sutura in testa aspetta di essere operato alla mano (probabile lacerazione dei muscoli) con cui si è difeso da un colpo che poteva costargli la vita.
A fronte di ciò appena due compagni sono stati dimessi dall’ospedale sono stati condotti in questura.
I compagni antifascisti napoletani nel frattempo hanno organizzato un corteo in direzione della questura, nel percorso una sede del PDL è stata assaltata in quanto il PDL ha già dimostrato quanto appoggia questa manovalanza infame sia economicamente che ideologicamente.
Red Block esprime massima solidarietà militante ai compagni napoletani colpiti nuovamente da un’aggressione vile e premeditata da questi sedicenti fascisti del terzo millennio che più di una volta hanno dimostrato la loro vigliaccheria.
E’ necessario rispondere colpo su colpo con un’azione antifascista militante-culturale-sociale.
E’ necessaria una RAF nazionale (rete antifascista)!
venerdì 29 aprile 2011
giovedì 28 aprile 2011
SOLIDARIETA' AI COMPAGNI ANTIFASCISTI DI NAPOLI E ROMA!
Esprimiamo massima solidarietà ai compagni antifascisti aggrediti in due episodi differenti giorno 27 Aprile a Napoli e a Roma.
Nel primo caso un compagno sedicenne militante del circolo Comunisti Ponticelli è stato aggredito da 3 neonazisti tra i 25 e i 30 anni. Il compagno e i compagni del circolo all'interno del quartiere lavorano quotidianamente al fianco delle masse popolari e dei lavoratori. Per questo danno fastidio soprattutto in periodo di campagna elettorale dato il loro impegno antifascista e di boicotaggio elettorale sfatando il mito del voto come strumento "democratico e di partecipazione alla vita pubblica", sabbiamo bene come, soprattutto al Sud italia, che le elezioni sono spesso sinonimo di voto clientelare e mafioso e dove i fascisti vanno a braccetto con politici da palazzo eletti grazie a tale sistema di cui la mafia è parte attiva e integrante.
Nel secondo caso invece 5 giovani compagni studenti medi sono stati aggrediti da una quindicina di neofascisti di Blocco Studentesco e Casapound riconosciuti da uno degli studenti aggrediti. Anche qui i servi del potere e in particolare di questo governo Berlusconi colpiscono chi è in prima linea nelle lotte, in questo caso studenti medi partecipanti del grande movimento studentesco dello scorso autunno che aveva serie potenzialità per far cadere il governo e nella messa in scacco dei servi in divisa come dimostrato il 14 Dicembre proprio a Roma.
I due episodi se pur diversi hanno delle analogie: a essere colpiti sono studenti da parte di prodi camerati molto più grandi e in notevole superiorità numerica, questo in barba a tutta la retorica sull'onore tanto cara alla destra fascista.
Vengono colpiti in entrambi i casi compagni che sono in prima linea nelle lotte contro il governo e questo sistema che questi fascistelli da strapazzo difendono.
L'antifascismo militante è l'unica risposta che si può dare a questi infami costruito nel lavoro quotidiano e nelle lotte sociali e culturali contro questo sistema e governo moderno fascista che fa da humus naturale per questa bassa manovalanza squadrista.
Ricacciamoli nelle fogne!
Viva l'antifascismo militante!
Per la costruzione di R.A.F. (Reti Antifasciste), ovunque!
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lunedì 25 aprile 2011
ONORE A VITTORIO ARRIGONI
"Lo spirito del compagno Bethune, la sua assoluta devozione verso gli altri senza la minima ombra di egoismo, si rivelava nell'altissimo senso di responsabilità verso il lavoro e nell'infinita premura verso i compagni e il popolo. Ogni comunista deve imparare da lui.
Noi tutti dobbiamo prendere ad esempio il suo spirito di assoluta abnegazione. Con questo spirito ognuno può essere molto utile al popolo. L'abilità di un uomo può essere grande o piccola, ma se egli avrà questo spirito sarà un uomo nobile e puro, un uomo moralmente integro, superiore ai meschini interessi, un uomo prezioso per il popolo."
"In memoria di Norman Bethune"
(21 dicembre 1939)
"Citazioni dalle opere del Presidente Mao Tse Tung"
CIAO VIK!
sabato 23 aprile 2011
Napoli 17 aprile. Assemblea nazionale contro la guerra
All’assemblea hanno assistito complessivamente circa 150-200 compagni.
Non tutte le realtà napoletane che avevano aderito al corteo del giorno prima erano presenti o hanno preso la parola.
In particolare non sono intervenuti Carc (nemmeno presente), Conf Cobas (probabilmente sentendosi rappresentata da redlimk- rete anticapitalista campana, ma di fatto defilata), Studenti federico II altri gruppi studenteschi e partecipanti alla riunione rednet, tranne Cau, Red block e 20 luglio Palermo.
Da fuori Napoli sono arrivati compagni la rete Disarmiamoli Pisa, reduci dal convegno contro l’hub militare, USB, altri della rete dei comunisti, e uno da Bari della Conf Cobas.
Sui muri c’erano solo i nostri materiali, pannello Manduria, mostra e manifesti India e, a parte l’opuscolo del CAU, erano nostre le sole pubblicazioni distribuite.
L’impressione generale è che gli organizzatori considerino la manifestazione del 16 il massimo risultato possibile, ottenuto sì per la tenacia e lo sforzo per superare resistenze e ostilità, ma soprattutto grazie alla priorità data ai punti condivisi rispetto alla critica e lotta per far avanzare linea e pratica più coerentemente antimperialiste.
Di conseguenza, più che ad avanzare nella discussione per elevare livello di unità, mobilitazione e scontro, l’assemblea doveva servire per tenere tutti assieme, tenendo fermi i punti posti dall’appello per la manifestazione, senza andare troppo al di là, né nella critica delle posizioni, né nelle proposte di forme e organizzate e iniziative. La stessa superficialità notarile con cui è stato redatto il report ufficiale dell’assemblea che cita appena alcuni argomenti, lo dimostra.
Nei nostri interventi abbiamo cercato di mettere al centro la necessità del sostegno delle rivolte, invece che alla loro valutazione geopolitica, alla lotta all’imperialismo e governo italiani, qui e ora, invece che rincorrere scenari strategici futuribili per porsi all’altezza delle nuove sfide lanciate dal nuovo protagonismo dell’imperialismo europeo, all’allargamento ed elevamento dello scontro sul “fronte interno della guerra”, a partire dalle forze già in campo, invece che a una ricomposizione del movimento contro la guerra, per smuovere gli incerti.
Abbiamo ottenuto ascolto e rispetto, ma senza fare breccia.
Infatti, l’unica decisione assunta è quella di riconvocarsi tra un mese a Roma, in occasione della manifestazione per la Freedom Flotilla, senza indicare un percorso concreto di lotta in cui impegnarsi collettivamente, chiosando: ogni realtà deciderà se e come partecipare a: 1) Manifestazione nazionale di sostegno alla Freedom Flottilla, 14 maggio a Roma; 2) Giornata nazionale di lotta presso il campo di Manduria, intorno al 18-19 giugno.
Prevale ancora la gestione del possibile sulla coscienza del salto necessario da fare.
Stralci dei principali interventi
La discussione è stata introdotta da Salvatore (Cau), con una sintetica valutazione della manifestazione del giorno prima, valorizzata come manifestazione “particolare”, che si è realizzata superando sbarramenti e un vero fuoco di sbarramento. Il giorno dopo si può dire che il corteo ha dimostrato che “era possibile”, risultato niente affatto scontato, come pure questa stessa assemblea, che si pone come nuovo punto di partenza per una nuova fase di coordinamento e scambio di analisi e proposte.
Roberto (redlink)
Possiamo parlare di una manifestazione dai numeri dignitosi, una buona premessa cui dare continuità. Per questo è bene avere chiari i problemi che hanno impedito di realizzare una mobilitazione più tempestiva e più grossa e con ci continueremo a fare i conti.
C’è quella che possiamo chiamare “assuefazione” alla guerra. Questa volta non è stato necessario scatenare una grossa campagna che per dare enfasi al “dramma umanitario” per legittimare l’intervento. Si è fatta strada, nei settori che tradizionalmente si oppongono alle guerre come tra le masse, una sostanziale accettazione della legittimità degli “interessi nazionali”, specie in una situazione in cui questi si oppongono a un regime massacratore del proprio popolo e in competizione e, una volta tanto non al carro dell’imperialismo americano ma in competizione con gli altri imperialismi europei. Prevale la condizione di precarietà, che costringe sempre più masse ad agitarsi ogni giorno per rincorrere il reddito per sopravvivere e impedisce di cogliere il senso degli avvenimenti. Si è diffuso sempre più il “disincanto”, che fa guardare a questa guerra e fa vedere, a differenza dalle precedenti, non l’orrore e l’arroganza imperialista neocoloniale ma il “minor rischio” di perdite e ripercussioni che essa comporta per gli italiani.
Tutto questo ha prodotto uno sbandamento anche tra gli attivisti e nelle file della sinistra, tra quelli che ritengono mobilitarsi contro la guerra un atto dovuto, anche solo testimoniale, che ancora di più sono disorientati sbandato presenza di “rivoltosi” che combattono il regime di Gheddafi contemporaneamente all’intervento militare della Nato.
Per questi motivi è importante chiarire prima di tutto e con forza che l’intervento militare non aiuta nessuna rivolta, ma serve anzi a dare un monito contro tutte le rivolte del mondo arabo, quelle che ancora non si sono sopite del tutto o che ancora non sono state sconfitte.
L’intervento non serve ad abbattere Gheddafi ma a pilotare un cambio di regime e/o a smembrare la Libia in accordo con i nuovi equilibri di forza negli interessi delle potenze interventiste.
Per questo è stato importante per costruire la manifestazione di Napoli e resta importante per continuare a lotta contro la guerra non fare alcuna concessione a tutti quelli che pongono sullo stesso piano la critica e la denuncia del regime Gheddafi e quelle dell’imperialismo italiano.
Molti sono anche in buona fede, qualcuno ha perfino sfilato con noi in corteo con lo slogan né con Gheddafi né con l’imperialismo, ma ciò non toglie che qualsiasi cedimento verso questa “equidistanza” ci spingerebbe in una spirale di concessioni che inevitabilmente toglierebbe forza alla lotta alla guerra e all’imperialismo: più si mette in primo piano l’inaccettabilità del regime di Gheddafi più diventa accettabile, almeno parzialmente, l’intervento per abbatterlo.
Una rete che, a partire da questi punti, sviluppi coordinamento e comunicazione stabile, che faccia circolare informazione sulle iniziative e porti avanti il dibattito e l’analisi è la proposta cui lavorare da qui ai prossimi mesi.
Sergio (rete dei comunisti)
Siamo oggi al primo momento di confronto nazionale sulla guerra, in corso già da più di un mese e in tutto questo tempo tutti gli appuntamenti di mobilitazione contro la guerra che sono stati messi in campo finora sono stati modesti. Questo dà ancora più valore all’iniziativa che abbiamo preso e dobbiamo essere soddisfatti sia dalla quantità, abbiamo raggiunto gli obiettivi di partecipazione previsti, sia dalla qualità della manifestazione, che ha indicato con chiarezza e senza ambiguità il bersaglio contro cui mobilitarsi, la base di Napoli che è il comando strategico che dirige l’intervento Nato.
Circa le difficoltà che abbiamo dovuto superare e che abbiamo ancora di fronte, aggiungo a quanto già detto che in questo paese buona parte dei movimenti ragionano “da governo”: non si spendono con forze e tempestività per ostacolarne piani e politica, ma stanno a chiedersi: che avrebbe fatto il “nostro governo”?
Altro problema, molto sensibile in prospettiva, è che questa guerra è una guerra “europea”, in cui per la prima volta l’imperialismo USA ha un ruolo defilato rispetto alle potenze europee e il pregiudizio positivo che guarda ancora all’Europa come qualcosa di più progressivo rispetto pesa: è più reagire all’imperialismo quando i governi europei sono in posizione servile.
Inquadrando strategicamente la situazione, la Libia ha una posizione e ruolo importanti per il controllo su fonti energetiche e il controllo sui flussi di migranti.
Nel particolare, il regime libico è quello che ha imposto il vincolo più forte sulle royalties sul petrolio estratto: fino ad oggi il 90% delle royalties sul petrolio libico deve restare in Libia, proporzione comunque remunerativa per la bassa profondità dei giacimenti, che comporta minori costi di estrazione; e per l’alta qualità del greggio estratto, che comporta minori costi di raffinazione.
In Libia c’è dunque uno spazio enorme per far lievitare i profitti sulle fonti energetiche ed è questo che ha mosso immediatamente gli imperialisti europei, specie quelli finora marginali nel paese a intervenire non appena la rivolta da destabilizzato il paese e aperto nuovi scenari.
Circa le rivolte, va ribadito ancora che non sono tutte uguali, ci sono rivolte che cambiano sia le forme politiche che le relazioni economiche, riducendo o eliminando ingiustizia sociale e dipendenza nazionale, altre che portano riforme ma lasciando intatte le relazioni economiche o addirittura le peggiorano, cambiando solo padrone.
Circa i migranti, abbiamo tutti di fronte la dimensione del problema creato dal venir meno del filtro dei regimi arabi, e che col prosieguo della guerra in Libia non può che accentuarsi. È questione decisiva perché “avvicina” la guerra, la rende qualcosa che si vede e si tocca nella vita quotidiana, non un lontano problema di politica estera.
Per concludere, abbiamo una situazione in cui, a dispetto della passività della sinistra e dei movimenti, il 60% degli italiani è contrario alla guerra. Occorre capitalizzare questo potenziale consenso per noi di opinione pubblica dandoci gli strumenti per rendere capillare la nostra informazione e denuncia.
Sull’altra parte abbiamo da approfondire l’analisi, imparare a maneggiare la “guerra europea”, che è il lavoro cui saremo impegnati nei prossimi anni, come bene indica l’opuscolo realizzato dai compagni del CAU.
E bene cominciare subito, ponendosi come prospettiva quella di lavorare a una grossa manifestazione internazionale da tenersi a Bruxelles, per colpire, allo stesso modo in cui abbiamo fatto ieri qui, quello che il centro politico che detta le strategie di questa e probabilmente delle prossime guerre.
Infine, due parole in morte di un compagno. L’assassinio di Vittorio rivela oggi la dimensione assunta dalla questione palestinese e la nuova e sempre più stretta alleanza tra Arabia Saudita e Israele. Questa non può lasciare nessuno internazionalizzazione della questione, nessuno deve intromettersi dall’esterno. Per dare questo messaggio hanno assassinato Vittorio Arrigoni, proprio mentre stava per tornare per partecipare alla preparazione della nuova Freedom Flotilla. In un certo senso possiamo considerare Vittorio come l’undicesimo caduto della prima Flotilla.
Questo rende ancora più importante per tutti qui partecipare il prossimo 14 maggio alla manifestazione nazionale per la Palestina e la Flotilla, occasione che potremo utilizzare per tenere il giorno dopo, una nuova assemblea nazionale contro la guerra e proseguire il lavoro e il confronto iniziati oggi.
Walter (Rete Disarmiamoli Pisa)
Non abbiamo partecipato alla manifestazione di ieri perché impegnati in un convegno sul progetto di hub militare a Pisa a cui stavamo lavorando da tempo e che abbiamo vissuto idealmente come una forma di essere presenti qui. Abbiamo anche elaborato un documento che vorremmo proporre all’assemblea, se ci sarà il tempo.
Il progetto di hub militare, che da Pisa raggiunge il porto di Livorno, è il piano più avanzato ed esteso di integrazione e fusione di civile e militare di economia di guerra che pervade tutto un territorio. Non è un caso che abbia luogo in una regione “rossa”. Abbiamo visto tutti che mentre Berlusconi ancora nicchiava sull’intervento Napolitano e l’opposizione parlamentare salutavano l’aggressione come giusta e necessaria.
Il PD è più interventista di Berlusconi e questo riflette i contrasto tra due borghesie, quella al governo, che si regge sull’alleanza politica con la Lega, espressione prevalentemente piccolo borghese e bottegaia, e quella all’opposizione con più spiccati interessi internazionali e legata all’Europa rappresentata dal PD.
Per questo è europea la rete di coordinamento e mobilitazione che dobbiamo costruire e la grossa mobilitazione internazionale cui dobbiamo lavorare.
[A fine dibattito il documento uscito dal convegno è stato letto all’assemblea, in un roimo tempoo sembrava perché lo approvasse. Il ripetuto richiamo alla Costituzione, non solo all’art.11, e una visione riduttiva dell’imperialismo italiano, visto esclusivamente come subalterno agli USA, hanno portato diversi compagni a intervenire per opporsi con decisione alla sua sottoscrizione. Alla fine il, contrasto è stato ricomposto, da una parte richiedendo solo che il testo fosse citato nel report e incluso tra i contenuti a disposizione del sito, dall’altra dicendo, quali che siano le differenze che emergono, non è ancora il momento di “trarre sintesi” dal dibattito, fermo restando i paletti posti dall’appello del 16.]
Red Block
Ci troviamo oggi in una situazione in cui il movimento contro la guerra è molto più ristretto che anni fa. Questo ha un aspetto negativo, minore forza oggettiva. Ma c’è anche un aspetto positivo, dovrebbe avere, o per lo meno potrebbe, maggiore chiarezza di analisi e coerenza di azione e sono queste che possono farlo crescere in dimensione e rafforzarlo.
Per questo serve approfondire l’analisi, in primo luogo delle rivolte e dell’imperialismo, senza limitarsi all’apparenza: l’imperialismo è ed è sempre stato multipolare e in ogni caso il nostro compito è lottare in primo luogo contro l’imperialismo italiano, la borghesia imperialista italiana e il governo che la rappresenta.
Questo è il primo obiettivo che ci siamo posti anche localmente, realizzando iniziative immediate contro l’aggressione e che sono ancora più importanti in un territorio che è in prima linea nel decollo dei bombardieri che nell’arrivo dei migranti. Iniziative nazionali su questo sono assolutamente necessarie, prendendo esempio dalle esperienze avanzate che su questo ci sono state e che abbiamo ascoltato ieri a fine corteo.
Infine, come antimperialisti, volevamo segnalare una ricorrenza importante, i 10 anni dal g8 di Genova e dall’assassinio di Carlo Giuliani. Riconosciamo tutti il carattere antimperialista del movimento per cui Carlo è stato assassinato e nel decennale proponiamo a tutti i movimenti, giovanili e contro la guerra e la globalizzazione imperialista a di tornare a Genova non per la commemorazione che Agnoletto e soci stanno preparando ma riprendendoci le strade, con spirito combattivo e di rivalsa.
Giosue (CAU)
Durante i giorni delle rivolte nel mondo arabo, volendo approfondire reazioni e atteggiamento dalla parte dell’imperialismo, scoprimmo con sorpresa che le borse e i titoli delle imprese interessate all’area, invece che precipitare per effetto della destabilizzazione dei governi, salivano, come se intravvedessero nuove prospettive di profitto dall’apertura e liberalizzazione economica invece che rischi da instabilità politica. Ci è venuto allora un dubbio. Per dirla con una battuta: come è possibile che tanti compagni, che giustamente salutano le rivolte, ragionano come Tremonti?
Nelle settimane successive le cose sono state più chiare: è stato evidente da una parte che il crollo dei regimi in Tunisia ed Egitto non ha aperto uno scenario di crisi per l’imperialismo ma, anzi, va riconosciuto chiaramente che l’intervento militare in Libia sarebbe stato impensabile senza la situazione prodotta dalla precedente destabilizzazione di tutta l’area.
L’altro elemento che emerge chiaramente è il ruolo, la maturazione e il protagonismo dell’imperialismo europeo, il cui blocco, in questa occasione è riuscito a mantenersi coeso, anche se con contraddizioni ed è ben chiaro il ruolo decisivo della Libia nella penetrazione dell’UE verso il mediterraneo e che questo è la prospettiva cui tematizzare l’analisi e le lotte da qui al futuro.
Proletari comunisti
Per quanto riguarda la manifestazione sono d’accordo nel ritenerla un’iniziativa corretta e complessivamente riuscita, ma solo a patto che sia un punto di partenza di un nuovo percorso collettivo. Senza questa continuità definirla una vittoria sarebbe trionfalismo parolaio.
Serve la rete per approfondire l’analisi, il dibattito e il coordinamento fra noi, ma solo se ciò serve ad avanzare nell’iniziativa e costruire fatti concreti che ostacolino la guerra mettano in difficoltà il governo, che evochino in qualche misura la rivolta che anche in Italia è necessaria per abbattere un regime odioso.
Apprezzo lo sforzo di analisi che alcuni compagni hanno prodotto per disegnare le tendenze di sviluppo dell’imperialismo oggi, ma non mi convincono. Come è già stato detto, da sempre esistono collusione e lotta tra i vari poli imperialisti come all’interno di uno stesso polo. Il prevalere di fase in fase di un aspetto o dell’altro non deve indurci a trarre conclusioni infondate.
Soprattutto non credo che ci serva rincorrere l’imperialismo europeo in ascesa, fino a indicare come principale prospettiva di lavoro la costruzione di una grande mobilitazione internazionale a Bruxelles, quando, comunque la si pensi sulle sue sorti, il nostro compito resta batterci qui e ora contro il “nostro” imperialismo, allargare quello che in altri interventi è stato definito il “fronte interno” dell’aggressione alla Libia.
E, prima ancora, nelle nostre analisi dovremmo mettere al centro le rivolte, come appoggiarle per favorire la sconfitta del “nostro” imperialismo e quale contributo dare per trasformarle in rivoluzioni.. È vero che non tutte le rivolte sono uguali, ma questo non significa giudicarle sulla base della loro direzione attuale per rivolgere lo sguardo altrove.
Venendo alle proposte, oggi è il Sud del paese zona di guerra, qui si concentrato le basi da cui partono i raid e i campi in cui i migranti sono ammassati. E, come è stato già detto, sono proprio i migranti quelli che “ci portano la guerra in casa”, che la rendono un fatto tangibile nelle vita quotidiana delle masse e perciò un fattore decisivo per la costruzione e ampliamento della lotta sul “fronte interno”.
Ma ce’è modo e modo di intervenire tra i migranti. C’è la mera solidarietà, che, al di là delle buone intenzioni, li riduce a soggetto passivo da assistere e difendere, al massimo da aiutate a fuggire. C’è l’unità di classe, che li chiama a essere soggetto attivo di lotta e ribellione, a organizzarsi prima di tutto tra loro e poi in unità coi proletari e disoccupati italiani. Ecco questa strada abbiamo percorso a Manduria, come documentato da tanti video in rete e dal pannello che abbiamo portato. Il 2 aprile il nostro tentativo di forzare il blocco ed entrare nel campo è stata la scintilla che ha innescato una grandiosa rivolta dall’interno che ha cambiato la situazione come dalla sera alla mattina spazzando via i controlli asfissianti che l’avevano trasformato in un CIR/Lager e le ronde razziste che nei primi giorni avevano avuto spazio, per la verità più sui media che nella realtà. Questa via proponiamo di percorrere insieme, con una manifestazione nazionale da tenere al campo di Manduria la seconda metà di giugno, orientativamente il 18-19, a seconda dei tempi e sviluppi della guerra in Libia e di conseguenza della situazione del campo, al momento non del tutto chiara.
Pensiamo a una manifestazione che preveda un momento di forzatura, non un presidio pacifico, per proseguire lungo la strada della rivolta e della trasformazione dei migranti in risorsa della lotta sul “fronte interno”, in arma molto più forte ed efficace dell’unità coi cosiddetti pacifisti sulla base degli equilibrismi di formule.
USB
Non eravamo presenti nazionalmente a Napoli perché impegnati territorialmente, ma abbiamo voluto essere qui oggi perché sappiamo bene guerra e attacchi ai lavoratori sono due facce della stessa medaglia, due aggressioni da combattere e sconfiggere insieme.
Da una parte il movimento contro la guerra senza i lavoratori non va da nessuna parte. Dall’altra i lavoratori senza fermare la guerra saranno i primi a pagarne i costi sia in termini economici che politici, con nuovi attacchi, sacrifici, restrizione di diritti e libertà.
20 luglio Palermo
Stentiamo a diventare movimento di massa perche ci mancano l’analisi e quegli strumenti di ricomposizione che invece l’imperialismo si è dato di fronte alla crisi, accelerando guerre e sfruttamento dei territori, nucleare, “militarizzazione” del sapere. Contro tutti questi occorre mobilitarci, per quanto ci riguarda a partire dalla prossima manifestazione a Trapani, dove insistono sia la base da cui partono gli aerei per la Libia, sia io campo in cui sono concentrati i migranti.
Non tutte le realtà napoletane che avevano aderito al corteo del giorno prima erano presenti o hanno preso la parola.
In particolare non sono intervenuti Carc (nemmeno presente), Conf Cobas (probabilmente sentendosi rappresentata da redlimk- rete anticapitalista campana, ma di fatto defilata), Studenti federico II altri gruppi studenteschi e partecipanti alla riunione rednet, tranne Cau, Red block e 20 luglio Palermo.
Da fuori Napoli sono arrivati compagni la rete Disarmiamoli Pisa, reduci dal convegno contro l’hub militare, USB, altri della rete dei comunisti, e uno da Bari della Conf Cobas.
Sui muri c’erano solo i nostri materiali, pannello Manduria, mostra e manifesti India e, a parte l’opuscolo del CAU, erano nostre le sole pubblicazioni distribuite.
L’impressione generale è che gli organizzatori considerino la manifestazione del 16 il massimo risultato possibile, ottenuto sì per la tenacia e lo sforzo per superare resistenze e ostilità, ma soprattutto grazie alla priorità data ai punti condivisi rispetto alla critica e lotta per far avanzare linea e pratica più coerentemente antimperialiste.
Di conseguenza, più che ad avanzare nella discussione per elevare livello di unità, mobilitazione e scontro, l’assemblea doveva servire per tenere tutti assieme, tenendo fermi i punti posti dall’appello per la manifestazione, senza andare troppo al di là, né nella critica delle posizioni, né nelle proposte di forme e organizzate e iniziative. La stessa superficialità notarile con cui è stato redatto il report ufficiale dell’assemblea che cita appena alcuni argomenti, lo dimostra.
Nei nostri interventi abbiamo cercato di mettere al centro la necessità del sostegno delle rivolte, invece che alla loro valutazione geopolitica, alla lotta all’imperialismo e governo italiani, qui e ora, invece che rincorrere scenari strategici futuribili per porsi all’altezza delle nuove sfide lanciate dal nuovo protagonismo dell’imperialismo europeo, all’allargamento ed elevamento dello scontro sul “fronte interno della guerra”, a partire dalle forze già in campo, invece che a una ricomposizione del movimento contro la guerra, per smuovere gli incerti.
Abbiamo ottenuto ascolto e rispetto, ma senza fare breccia.
Infatti, l’unica decisione assunta è quella di riconvocarsi tra un mese a Roma, in occasione della manifestazione per la Freedom Flotilla, senza indicare un percorso concreto di lotta in cui impegnarsi collettivamente, chiosando: ogni realtà deciderà se e come partecipare a: 1) Manifestazione nazionale di sostegno alla Freedom Flottilla, 14 maggio a Roma; 2) Giornata nazionale di lotta presso il campo di Manduria, intorno al 18-19 giugno.
Prevale ancora la gestione del possibile sulla coscienza del salto necessario da fare.
Stralci dei principali interventi
La discussione è stata introdotta da Salvatore (Cau), con una sintetica valutazione della manifestazione del giorno prima, valorizzata come manifestazione “particolare”, che si è realizzata superando sbarramenti e un vero fuoco di sbarramento. Il giorno dopo si può dire che il corteo ha dimostrato che “era possibile”, risultato niente affatto scontato, come pure questa stessa assemblea, che si pone come nuovo punto di partenza per una nuova fase di coordinamento e scambio di analisi e proposte.
Roberto (redlink)
Possiamo parlare di una manifestazione dai numeri dignitosi, una buona premessa cui dare continuità. Per questo è bene avere chiari i problemi che hanno impedito di realizzare una mobilitazione più tempestiva e più grossa e con ci continueremo a fare i conti.
C’è quella che possiamo chiamare “assuefazione” alla guerra. Questa volta non è stato necessario scatenare una grossa campagna che per dare enfasi al “dramma umanitario” per legittimare l’intervento. Si è fatta strada, nei settori che tradizionalmente si oppongono alle guerre come tra le masse, una sostanziale accettazione della legittimità degli “interessi nazionali”, specie in una situazione in cui questi si oppongono a un regime massacratore del proprio popolo e in competizione e, una volta tanto non al carro dell’imperialismo americano ma in competizione con gli altri imperialismi europei. Prevale la condizione di precarietà, che costringe sempre più masse ad agitarsi ogni giorno per rincorrere il reddito per sopravvivere e impedisce di cogliere il senso degli avvenimenti. Si è diffuso sempre più il “disincanto”, che fa guardare a questa guerra e fa vedere, a differenza dalle precedenti, non l’orrore e l’arroganza imperialista neocoloniale ma il “minor rischio” di perdite e ripercussioni che essa comporta per gli italiani.
Tutto questo ha prodotto uno sbandamento anche tra gli attivisti e nelle file della sinistra, tra quelli che ritengono mobilitarsi contro la guerra un atto dovuto, anche solo testimoniale, che ancora di più sono disorientati sbandato presenza di “rivoltosi” che combattono il regime di Gheddafi contemporaneamente all’intervento militare della Nato.
Per questi motivi è importante chiarire prima di tutto e con forza che l’intervento militare non aiuta nessuna rivolta, ma serve anzi a dare un monito contro tutte le rivolte del mondo arabo, quelle che ancora non si sono sopite del tutto o che ancora non sono state sconfitte.
L’intervento non serve ad abbattere Gheddafi ma a pilotare un cambio di regime e/o a smembrare la Libia in accordo con i nuovi equilibri di forza negli interessi delle potenze interventiste.
Per questo è stato importante per costruire la manifestazione di Napoli e resta importante per continuare a lotta contro la guerra non fare alcuna concessione a tutti quelli che pongono sullo stesso piano la critica e la denuncia del regime Gheddafi e quelle dell’imperialismo italiano.
Molti sono anche in buona fede, qualcuno ha perfino sfilato con noi in corteo con lo slogan né con Gheddafi né con l’imperialismo, ma ciò non toglie che qualsiasi cedimento verso questa “equidistanza” ci spingerebbe in una spirale di concessioni che inevitabilmente toglierebbe forza alla lotta alla guerra e all’imperialismo: più si mette in primo piano l’inaccettabilità del regime di Gheddafi più diventa accettabile, almeno parzialmente, l’intervento per abbatterlo.
Una rete che, a partire da questi punti, sviluppi coordinamento e comunicazione stabile, che faccia circolare informazione sulle iniziative e porti avanti il dibattito e l’analisi è la proposta cui lavorare da qui ai prossimi mesi.
Sergio (rete dei comunisti)
Siamo oggi al primo momento di confronto nazionale sulla guerra, in corso già da più di un mese e in tutto questo tempo tutti gli appuntamenti di mobilitazione contro la guerra che sono stati messi in campo finora sono stati modesti. Questo dà ancora più valore all’iniziativa che abbiamo preso e dobbiamo essere soddisfatti sia dalla quantità, abbiamo raggiunto gli obiettivi di partecipazione previsti, sia dalla qualità della manifestazione, che ha indicato con chiarezza e senza ambiguità il bersaglio contro cui mobilitarsi, la base di Napoli che è il comando strategico che dirige l’intervento Nato.
Circa le difficoltà che abbiamo dovuto superare e che abbiamo ancora di fronte, aggiungo a quanto già detto che in questo paese buona parte dei movimenti ragionano “da governo”: non si spendono con forze e tempestività per ostacolarne piani e politica, ma stanno a chiedersi: che avrebbe fatto il “nostro governo”?
Altro problema, molto sensibile in prospettiva, è che questa guerra è una guerra “europea”, in cui per la prima volta l’imperialismo USA ha un ruolo defilato rispetto alle potenze europee e il pregiudizio positivo che guarda ancora all’Europa come qualcosa di più progressivo rispetto pesa: è più reagire all’imperialismo quando i governi europei sono in posizione servile.
Inquadrando strategicamente la situazione, la Libia ha una posizione e ruolo importanti per il controllo su fonti energetiche e il controllo sui flussi di migranti.
Nel particolare, il regime libico è quello che ha imposto il vincolo più forte sulle royalties sul petrolio estratto: fino ad oggi il 90% delle royalties sul petrolio libico deve restare in Libia, proporzione comunque remunerativa per la bassa profondità dei giacimenti, che comporta minori costi di estrazione; e per l’alta qualità del greggio estratto, che comporta minori costi di raffinazione.
In Libia c’è dunque uno spazio enorme per far lievitare i profitti sulle fonti energetiche ed è questo che ha mosso immediatamente gli imperialisti europei, specie quelli finora marginali nel paese a intervenire non appena la rivolta da destabilizzato il paese e aperto nuovi scenari.
Circa le rivolte, va ribadito ancora che non sono tutte uguali, ci sono rivolte che cambiano sia le forme politiche che le relazioni economiche, riducendo o eliminando ingiustizia sociale e dipendenza nazionale, altre che portano riforme ma lasciando intatte le relazioni economiche o addirittura le peggiorano, cambiando solo padrone.
Circa i migranti, abbiamo tutti di fronte la dimensione del problema creato dal venir meno del filtro dei regimi arabi, e che col prosieguo della guerra in Libia non può che accentuarsi. È questione decisiva perché “avvicina” la guerra, la rende qualcosa che si vede e si tocca nella vita quotidiana, non un lontano problema di politica estera.
Per concludere, abbiamo una situazione in cui, a dispetto della passività della sinistra e dei movimenti, il 60% degli italiani è contrario alla guerra. Occorre capitalizzare questo potenziale consenso per noi di opinione pubblica dandoci gli strumenti per rendere capillare la nostra informazione e denuncia.
Sull’altra parte abbiamo da approfondire l’analisi, imparare a maneggiare la “guerra europea”, che è il lavoro cui saremo impegnati nei prossimi anni, come bene indica l’opuscolo realizzato dai compagni del CAU.
E bene cominciare subito, ponendosi come prospettiva quella di lavorare a una grossa manifestazione internazionale da tenersi a Bruxelles, per colpire, allo stesso modo in cui abbiamo fatto ieri qui, quello che il centro politico che detta le strategie di questa e probabilmente delle prossime guerre.
Infine, due parole in morte di un compagno. L’assassinio di Vittorio rivela oggi la dimensione assunta dalla questione palestinese e la nuova e sempre più stretta alleanza tra Arabia Saudita e Israele. Questa non può lasciare nessuno internazionalizzazione della questione, nessuno deve intromettersi dall’esterno. Per dare questo messaggio hanno assassinato Vittorio Arrigoni, proprio mentre stava per tornare per partecipare alla preparazione della nuova Freedom Flotilla. In un certo senso possiamo considerare Vittorio come l’undicesimo caduto della prima Flotilla.
Questo rende ancora più importante per tutti qui partecipare il prossimo 14 maggio alla manifestazione nazionale per la Palestina e la Flotilla, occasione che potremo utilizzare per tenere il giorno dopo, una nuova assemblea nazionale contro la guerra e proseguire il lavoro e il confronto iniziati oggi.
Walter (Rete Disarmiamoli Pisa)
Non abbiamo partecipato alla manifestazione di ieri perché impegnati in un convegno sul progetto di hub militare a Pisa a cui stavamo lavorando da tempo e che abbiamo vissuto idealmente come una forma di essere presenti qui. Abbiamo anche elaborato un documento che vorremmo proporre all’assemblea, se ci sarà il tempo.
Il progetto di hub militare, che da Pisa raggiunge il porto di Livorno, è il piano più avanzato ed esteso di integrazione e fusione di civile e militare di economia di guerra che pervade tutto un territorio. Non è un caso che abbia luogo in una regione “rossa”. Abbiamo visto tutti che mentre Berlusconi ancora nicchiava sull’intervento Napolitano e l’opposizione parlamentare salutavano l’aggressione come giusta e necessaria.
Il PD è più interventista di Berlusconi e questo riflette i contrasto tra due borghesie, quella al governo, che si regge sull’alleanza politica con la Lega, espressione prevalentemente piccolo borghese e bottegaia, e quella all’opposizione con più spiccati interessi internazionali e legata all’Europa rappresentata dal PD.
Per questo è europea la rete di coordinamento e mobilitazione che dobbiamo costruire e la grossa mobilitazione internazionale cui dobbiamo lavorare.
[A fine dibattito il documento uscito dal convegno è stato letto all’assemblea, in un roimo tempoo sembrava perché lo approvasse. Il ripetuto richiamo alla Costituzione, non solo all’art.11, e una visione riduttiva dell’imperialismo italiano, visto esclusivamente come subalterno agli USA, hanno portato diversi compagni a intervenire per opporsi con decisione alla sua sottoscrizione. Alla fine il, contrasto è stato ricomposto, da una parte richiedendo solo che il testo fosse citato nel report e incluso tra i contenuti a disposizione del sito, dall’altra dicendo, quali che siano le differenze che emergono, non è ancora il momento di “trarre sintesi” dal dibattito, fermo restando i paletti posti dall’appello del 16.]
Red Block
Ci troviamo oggi in una situazione in cui il movimento contro la guerra è molto più ristretto che anni fa. Questo ha un aspetto negativo, minore forza oggettiva. Ma c’è anche un aspetto positivo, dovrebbe avere, o per lo meno potrebbe, maggiore chiarezza di analisi e coerenza di azione e sono queste che possono farlo crescere in dimensione e rafforzarlo.
Per questo serve approfondire l’analisi, in primo luogo delle rivolte e dell’imperialismo, senza limitarsi all’apparenza: l’imperialismo è ed è sempre stato multipolare e in ogni caso il nostro compito è lottare in primo luogo contro l’imperialismo italiano, la borghesia imperialista italiana e il governo che la rappresenta.
Questo è il primo obiettivo che ci siamo posti anche localmente, realizzando iniziative immediate contro l’aggressione e che sono ancora più importanti in un territorio che è in prima linea nel decollo dei bombardieri che nell’arrivo dei migranti. Iniziative nazionali su questo sono assolutamente necessarie, prendendo esempio dalle esperienze avanzate che su questo ci sono state e che abbiamo ascoltato ieri a fine corteo.
Infine, come antimperialisti, volevamo segnalare una ricorrenza importante, i 10 anni dal g8 di Genova e dall’assassinio di Carlo Giuliani. Riconosciamo tutti il carattere antimperialista del movimento per cui Carlo è stato assassinato e nel decennale proponiamo a tutti i movimenti, giovanili e contro la guerra e la globalizzazione imperialista a di tornare a Genova non per la commemorazione che Agnoletto e soci stanno preparando ma riprendendoci le strade, con spirito combattivo e di rivalsa.
Giosue (CAU)
Durante i giorni delle rivolte nel mondo arabo, volendo approfondire reazioni e atteggiamento dalla parte dell’imperialismo, scoprimmo con sorpresa che le borse e i titoli delle imprese interessate all’area, invece che precipitare per effetto della destabilizzazione dei governi, salivano, come se intravvedessero nuove prospettive di profitto dall’apertura e liberalizzazione economica invece che rischi da instabilità politica. Ci è venuto allora un dubbio. Per dirla con una battuta: come è possibile che tanti compagni, che giustamente salutano le rivolte, ragionano come Tremonti?
Nelle settimane successive le cose sono state più chiare: è stato evidente da una parte che il crollo dei regimi in Tunisia ed Egitto non ha aperto uno scenario di crisi per l’imperialismo ma, anzi, va riconosciuto chiaramente che l’intervento militare in Libia sarebbe stato impensabile senza la situazione prodotta dalla precedente destabilizzazione di tutta l’area.
L’altro elemento che emerge chiaramente è il ruolo, la maturazione e il protagonismo dell’imperialismo europeo, il cui blocco, in questa occasione è riuscito a mantenersi coeso, anche se con contraddizioni ed è ben chiaro il ruolo decisivo della Libia nella penetrazione dell’UE verso il mediterraneo e che questo è la prospettiva cui tematizzare l’analisi e le lotte da qui al futuro.
Proletari comunisti
Per quanto riguarda la manifestazione sono d’accordo nel ritenerla un’iniziativa corretta e complessivamente riuscita, ma solo a patto che sia un punto di partenza di un nuovo percorso collettivo. Senza questa continuità definirla una vittoria sarebbe trionfalismo parolaio.
Serve la rete per approfondire l’analisi, il dibattito e il coordinamento fra noi, ma solo se ciò serve ad avanzare nell’iniziativa e costruire fatti concreti che ostacolino la guerra mettano in difficoltà il governo, che evochino in qualche misura la rivolta che anche in Italia è necessaria per abbattere un regime odioso.
Apprezzo lo sforzo di analisi che alcuni compagni hanno prodotto per disegnare le tendenze di sviluppo dell’imperialismo oggi, ma non mi convincono. Come è già stato detto, da sempre esistono collusione e lotta tra i vari poli imperialisti come all’interno di uno stesso polo. Il prevalere di fase in fase di un aspetto o dell’altro non deve indurci a trarre conclusioni infondate.
Soprattutto non credo che ci serva rincorrere l’imperialismo europeo in ascesa, fino a indicare come principale prospettiva di lavoro la costruzione di una grande mobilitazione internazionale a Bruxelles, quando, comunque la si pensi sulle sue sorti, il nostro compito resta batterci qui e ora contro il “nostro” imperialismo, allargare quello che in altri interventi è stato definito il “fronte interno” dell’aggressione alla Libia.
E, prima ancora, nelle nostre analisi dovremmo mettere al centro le rivolte, come appoggiarle per favorire la sconfitta del “nostro” imperialismo e quale contributo dare per trasformarle in rivoluzioni.. È vero che non tutte le rivolte sono uguali, ma questo non significa giudicarle sulla base della loro direzione attuale per rivolgere lo sguardo altrove.
Venendo alle proposte, oggi è il Sud del paese zona di guerra, qui si concentrato le basi da cui partono i raid e i campi in cui i migranti sono ammassati. E, come è stato già detto, sono proprio i migranti quelli che “ci portano la guerra in casa”, che la rendono un fatto tangibile nelle vita quotidiana delle masse e perciò un fattore decisivo per la costruzione e ampliamento della lotta sul “fronte interno”.
Ma ce’è modo e modo di intervenire tra i migranti. C’è la mera solidarietà, che, al di là delle buone intenzioni, li riduce a soggetto passivo da assistere e difendere, al massimo da aiutate a fuggire. C’è l’unità di classe, che li chiama a essere soggetto attivo di lotta e ribellione, a organizzarsi prima di tutto tra loro e poi in unità coi proletari e disoccupati italiani. Ecco questa strada abbiamo percorso a Manduria, come documentato da tanti video in rete e dal pannello che abbiamo portato. Il 2 aprile il nostro tentativo di forzare il blocco ed entrare nel campo è stata la scintilla che ha innescato una grandiosa rivolta dall’interno che ha cambiato la situazione come dalla sera alla mattina spazzando via i controlli asfissianti che l’avevano trasformato in un CIR/Lager e le ronde razziste che nei primi giorni avevano avuto spazio, per la verità più sui media che nella realtà. Questa via proponiamo di percorrere insieme, con una manifestazione nazionale da tenere al campo di Manduria la seconda metà di giugno, orientativamente il 18-19, a seconda dei tempi e sviluppi della guerra in Libia e di conseguenza della situazione del campo, al momento non del tutto chiara.
Pensiamo a una manifestazione che preveda un momento di forzatura, non un presidio pacifico, per proseguire lungo la strada della rivolta e della trasformazione dei migranti in risorsa della lotta sul “fronte interno”, in arma molto più forte ed efficace dell’unità coi cosiddetti pacifisti sulla base degli equilibrismi di formule.
USB
Non eravamo presenti nazionalmente a Napoli perché impegnati territorialmente, ma abbiamo voluto essere qui oggi perché sappiamo bene guerra e attacchi ai lavoratori sono due facce della stessa medaglia, due aggressioni da combattere e sconfiggere insieme.
Da una parte il movimento contro la guerra senza i lavoratori non va da nessuna parte. Dall’altra i lavoratori senza fermare la guerra saranno i primi a pagarne i costi sia in termini economici che politici, con nuovi attacchi, sacrifici, restrizione di diritti e libertà.
20 luglio Palermo
Stentiamo a diventare movimento di massa perche ci mancano l’analisi e quegli strumenti di ricomposizione che invece l’imperialismo si è dato di fronte alla crisi, accelerando guerre e sfruttamento dei territori, nucleare, “militarizzazione” del sapere. Contro tutti questi occorre mobilitarci, per quanto ci riguarda a partire dalla prossima manifestazione a Trapani, dove insistono sia la base da cui partono gli aerei per la Libia, sia io campo in cui sono concentrati i migranti.
mercoledì 20 aprile 2011
<< VOGLIAMO VEDERE CHI COLLEZIONA PIU' DENUNCE? >>
RIGIRIAMO DAL BLOG DEL CAIL:
http://cail-pa.blogspot.com/
Ieri mattina gli studenti del CAIL collettivo autorganizzato dell'Accademia di Belle Arti di Palermo sono stati nuovamente minacciati di denuncia dall'amministrazione dell'Accademia.
Conclusa l'occupazione dell'Accademia di Palermo durata un mese e 10 giorni col blocco totale di tutta la didattica abbiamo deciso di occupare un'aula del plesso centrale necessaria per poter svolgere un'attività costante di un collettivo. Consci dei problemi strutturali degli edifici in cui siamo costretti a lavorare (con seri rischi d'infortuni) abbiamo deciso di occupare un' aula poco frequentata didatticamente per cercare di arrecare meno danno possibile agli studenti e contemporaneamente è stata scelta proprio perchè particolarmente inadeguata allo svolgimento della didattica e riteniamo sia vergognoso che corsi affollati numericamente potessero svolgere lezione in quell'aula nonostante altre aule più consone allo svolgimento della didattica fossero libere.
L'aula in questione è l'ormai più citata dell'Accademia, l'aula 5 occupata dal CAIL!
Da quel 8 Gennaio scorso (data dell'occupazione dell'aula 5) mentre noi studenti ci sbattiamo tra attività del collettivo e lo stress derivante dall'obbligo di frequenza delle lezioni, la Direzione, il Consiglio Accademico e il Consiglio di Amministrazione non hanno fatto altro che ostacolarci (non ci stupiamo ovviamente) non ascoltando nemmeno le nostre richieste prettamente sindacali.
Poi si chiedono forse lor signori perchè li veniamo a visitare in massa ai loro fruttuosi consigli Accademici? la risposta è sottointesa!
Più di una volta ci hanno minacciato di denuncia, le ultime due a distanza di solo una settimana per lo stesso motivo. Riportiamo stralci della discussione:
Una rappresentante dell'amministrazione con aria altezzosa viene a trovarci nell'aula 5 dicendoci che "dobbiamo fornirle le chiavi dell'aula perchè è inaccettabile questa situazione", la nostra risposta è stata "non esiste proprio, quest'aula è occupata, a cosa vi servono le chiavi?"
"Questa è casa mia, vuoi vedere che non posso essere libera di avere le chiavi ... incredibile..."
A toni accesi rispondiamo in egual modo: " vuole vedere che l'Accademia è più casa nostra che sua? facciamo il conto di quante ore passa lei nel suo ufficio e noi a sbatterci tra una lezione e l'altra?"
La discussione poi si è conclusa con la minaccia di denuncia per occupazione mentre si rintanava nel suo ufficio ai "piani alti".
Ieri telefonicamente la stessa rappresentante dell'amministrazione ci chiede perchè non le abbiamo ancora portato le chiavi e un nostro rappresentante tranquillamente le spiega che non daremo le chiavi perchè non esistono ragioni opportune tanto meno le sbandierate ragioni di sicurezza. Tra uno sfottò e l'altro ritorna la minaccia, "bene adesso porto la questione al Consiglio Accademico perchè il fatto è perseguibile penalmente e quindi denunciabile".
"procedete pure legalmente"- rispondiamo noi - " poi vediamo appena ci arriva una sola denuncia quante ve ne arriveranno a voi per disapplicazione della normativa 626 in tema di sicurezza sui posti di lavoro e poi ancora magari facciamo a gara a chi colleziona più denunce!".
Siamo arrivati al capolinea della sopportazione, come possono parlare di sicurezza se all'Accademia non vi è un solo plesso a norma e noi studenti ogni giorno rischiamo di fare la fine di Vito Scafidi studente morto in una scuola a Torino per il crollo del soffitto.
L'indignazione ci lascia senza parole ...
CAIL
COLLETTIVO AUTORGANIZZATO ACCADEMIA IN LOTTA
http://cail-pa.blogspot.com/
Ieri mattina gli studenti del CAIL collettivo autorganizzato dell'Accademia di Belle Arti di Palermo sono stati nuovamente minacciati di denuncia dall'amministrazione dell'Accademia.
Conclusa l'occupazione dell'Accademia di Palermo durata un mese e 10 giorni col blocco totale di tutta la didattica abbiamo deciso di occupare un'aula del plesso centrale necessaria per poter svolgere un'attività costante di un collettivo. Consci dei problemi strutturali degli edifici in cui siamo costretti a lavorare (con seri rischi d'infortuni) abbiamo deciso di occupare un' aula poco frequentata didatticamente per cercare di arrecare meno danno possibile agli studenti e contemporaneamente è stata scelta proprio perchè particolarmente inadeguata allo svolgimento della didattica e riteniamo sia vergognoso che corsi affollati numericamente potessero svolgere lezione in quell'aula nonostante altre aule più consone allo svolgimento della didattica fossero libere.
L'aula in questione è l'ormai più citata dell'Accademia, l'aula 5 occupata dal CAIL!
Da quel 8 Gennaio scorso (data dell'occupazione dell'aula 5) mentre noi studenti ci sbattiamo tra attività del collettivo e lo stress derivante dall'obbligo di frequenza delle lezioni, la Direzione, il Consiglio Accademico e il Consiglio di Amministrazione non hanno fatto altro che ostacolarci (non ci stupiamo ovviamente) non ascoltando nemmeno le nostre richieste prettamente sindacali.
Poi si chiedono forse lor signori perchè li veniamo a visitare in massa ai loro fruttuosi consigli Accademici? la risposta è sottointesa!
Più di una volta ci hanno minacciato di denuncia, le ultime due a distanza di solo una settimana per lo stesso motivo. Riportiamo stralci della discussione:
Una rappresentante dell'amministrazione con aria altezzosa viene a trovarci nell'aula 5 dicendoci che "dobbiamo fornirle le chiavi dell'aula perchè è inaccettabile questa situazione", la nostra risposta è stata "non esiste proprio, quest'aula è occupata, a cosa vi servono le chiavi?"
"Questa è casa mia, vuoi vedere che non posso essere libera di avere le chiavi ... incredibile..."
A toni accesi rispondiamo in egual modo: " vuole vedere che l'Accademia è più casa nostra che sua? facciamo il conto di quante ore passa lei nel suo ufficio e noi a sbatterci tra una lezione e l'altra?"
La discussione poi si è conclusa con la minaccia di denuncia per occupazione mentre si rintanava nel suo ufficio ai "piani alti".
Ieri telefonicamente la stessa rappresentante dell'amministrazione ci chiede perchè non le abbiamo ancora portato le chiavi e un nostro rappresentante tranquillamente le spiega che non daremo le chiavi perchè non esistono ragioni opportune tanto meno le sbandierate ragioni di sicurezza. Tra uno sfottò e l'altro ritorna la minaccia, "bene adesso porto la questione al Consiglio Accademico perchè il fatto è perseguibile penalmente e quindi denunciabile".
"procedete pure legalmente"- rispondiamo noi - " poi vediamo appena ci arriva una sola denuncia quante ve ne arriveranno a voi per disapplicazione della normativa 626 in tema di sicurezza sui posti di lavoro e poi ancora magari facciamo a gara a chi colleziona più denunce!".
Siamo arrivati al capolinea della sopportazione, come possono parlare di sicurezza se all'Accademia non vi è un solo plesso a norma e noi studenti ogni giorno rischiamo di fare la fine di Vito Scafidi studente morto in una scuola a Torino per il crollo del soffitto.
L'indignazione ci lascia senza parole ...
CAIL
COLLETTIVO AUTORGANIZZATO ACCADEMIA IN LOTTA
Libertà per i prigionieri politici in Marocco
Gli studenti, detenuti e detenute politici e politiche del movimento studentesco della via democratica di base (MarxistaLeninistaMaoista)
Foglio di presentazione degli studenti prigionieri politici, attualmente detenuti e membri del movimento studentesco marocchino che sono separati attualmente in due prigioni: Marrakech e Essaouira.
Gli arresti sono cominciati il 14 maggio 2008, il giorno che è stato segnato dalla storica rivolta degli studenti all'università Cadi Ayyad Marrakech, in concomitanza con la battaglia del popolo marocchino per la gratuità dell'insegnamento, dei servizi pubblici e per il rifiuto della loro privatizzazione, la battaglia nella quale il popolo ha subito dei numerosi martiri e centinaia di detenuti politici.
Il 14 maggio 2008, gli studenti in seno all'Unione Nazionale degli Studenti del Marocco (UNEM), sotto il comando della Via Democratica di Base (VDB), la corrente politica studentesca marxista leninista maoista, hanno organizzato diverse manifestazioni al fine d'ottenere alcune rivendicazioni politiche e sindacali, quali la liberazione delle/dei detenute/i politiche/i, il miglioramento delle condizioni di vita (il prezzo dei prodotti alimentari, degli alloggi), l'ottenimento delle borse di studio e per mettere fine al campo delle forze di repressione all'università come altre rivendicazioni pedagogiche...
Il regime reazionario semi-feudale-coloniale che esiste in Marocco, non ha esitato a reprimere questo movimento e di conseguenza ha avuto luogo una larga operazione di arresti e di detenzioni. La prima vittima è stato un gruppo di studenti composto da 7 militanti detenuti il 14 maggio 2008 e un secondo gruppo di 11 militanti (gruppo di Zahra Boudkour) detenuto il 15 maggio di cui due di essi sono ancora in prigione (Mourad Chouini: 4 anni di prigione a Essaouira e Khaled Miftah: 3 anni di prigione a Marrakech).
La lotta del popolo marocchino è continuata dopo il 14 maggio 2008 e il movimento ha perseguito la sua marcia per le rivendicazioni legittime sopracitate, per le libertà politiche e sindacali come anche la liberazione degli studenti detenuti e per questo, il movimento ha subito durante due anni numerosi sacrifici, in particolare il martirio di "Abderrazak El Gadiri" e di altri detenuti politici.
Il 10 ottobre 2010 le forze di repressione hanno rapito un altro militante di base, Youssef El Hamdia, dalla sua casa a Marrakech (condannato a 2 anni dal tribunale di prima istanza, poi un anno e mezzo di prigione dalla corte d'appello per la sua partecipazione al movimento), prigioniero a Essaouira.
Due giorni dopo le forze di repressione hanno rapito la militante Ilham EL HASNOUNI dalla sua casa a Essaouira, il 13 ottobre 2010, e la procedura prosegue fino ad ora davanti il giudice istruttore per la sua partecipazione alle manifestazioni del 2008.
Successivamente, il 18 e il 24 novembre 2010 le forze di repressione hanno rapito altri due militanti: Abderrahem Abouhane, dalla sua casa a Chichaoua e Mohamed El Mouaddine alla stazione degli autobus CTM a Marrakech, condannati tutti e due a 6 mesi dal tribunale di prima istanza, e dopo a 4 mesi di prigione in appello.
I militanti di base sono rimasti sempre attivi all'università, soprattutto si uniscono alle masse popolari all'interno e all'esterno dell'università; hanno giocato un ruolo principale nel movimento del 20 febbraio 2011 in piazza, e 4 militanti sono stati arrestati dal 23 febbraio 2001 presso il campus universitario. Si tratta di: ‘’Loubna AFRIATE’’, ‘’Fatima Zahra FAIZ’’, ‘’Adbelhak ELTALHAOUI’’ e ‘’Jalal KOUTBI’’, arrestati per distribuzione di volantini, l'indomani Mohamed El Aarbi Jeddi è stato detenuto nel centro città e Nasser Hessain il 25 febbraio 2011 e il 9 marzo fu detenuto anche il militante Hicham El Maskini, come anche la militante Safae Issam il 16 marzo; si sa che c'è una lunga lista di procedimenti che hanno di mira altri studenti da poter detenere da un momento all'altro.
Il regime non ha il coraggio di ammettere l'esistenza di detenuti politici in Marocco e condanna i militanti per violazioni di primo e secondo grado (delitti e crimini) allo scopo di criminalizzare il movimento politico e sindacale, come fu nel caso degli anni 70 e 80, conosciuti sotto il nome di "anni di piombo". Il regime marocchino a voluto far credere, come anche i media internazionali dominanti, che questa pagina della storia era finita. Ma, sotto la vernice delle riforme, l'oppressione è rimasta la medesima, il regime è sempre torturatore.
Malgrado le pressioni, malgrado le detenzioni, il movimento studentesco resterà sempre attivo fino a quando ci saranno delle rivendicazioni da raggiungere, fino a quando esisteranno le disuguaglianze e violazioni ai diritti del popolo da parte del regime, e lotterà sempre per la dignità a fianco del popolo marocchino di cui fa parte.
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FOGLIO RED BLOCK
ON-LINE IL NUOVO FOGLIO DI RED BLOCK;
APRI IL LINK SUL SIDEBAR LATERALE NEL NOSTRO BLOG.
IN QUESTO NUMERO:
APPELLO VERSO GENOVA 2011
APPELLO PER UN'ASSEMBLEA NAZIONALE STUDENTESCA
CAIL ALL'ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO
"ZONA ROSSA", ASSESSORI COMUNALI E CAMERATI DA ROMA E CATANIA PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI CASAPOUND ... TUTTI ASSEDIATI COME TOPI IN TRAPPOLA DAGLI ANTIFASCISTI!
ACCADEMIA DI BELLE ARTI, SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA
APRI IL LINK SUL SIDEBAR LATERALE NEL NOSTRO BLOG.
IN QUESTO NUMERO:
APPELLO VERSO GENOVA 2011
APPELLO PER UN'ASSEMBLEA NAZIONALE STUDENTESCA
CAIL ALL'ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO
"ZONA ROSSA", ASSESSORI COMUNALI E CAMERATI DA ROMA E CATANIA PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI CASAPOUND ... TUTTI ASSEDIATI COME TOPI IN TRAPPOLA DAGLI ANTIFASCISTI!
ACCADEMIA DI BELLE ARTI, SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA
RESOCONTO MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA IN LIBIA DEL 16 APRILE A NAPOLI
RIGIRIAMO DA PROLETARI COMUNISTI:
Oltre 2000 compagni hanno partecipato ieri a Napoli alla manifestazione
contro la guerra di aggressione dell'imperialismo verso la Libia e in
solidarietà con i migranti giunti sul nostro territorio.
La manifestazione indetta a livello nazionale ha visto però una
partecipazione essenzialmente napoletana con alcune delegazioni provenienti
da Roma, Taranto, Palermo, Cosenza, e qualche altra. Anche a livello
napoletano vi sono state, nonostante le numerose adesioni alla
manifestazione, diverse realtà che non hanno effettivamente partecipato.
Questo da valore al carattere di avanguardia di massa della manifestazione,
al ruolo di prima fila svolto da numerosi giovani, universitari e studenti
medi, che costituivano oltre un quarto della manifestazione; una
manifestazione necessaria che si assunta il ruolo di rappresentare
nazionalmente tutto il movimento di opposizione alla guerra imperialista,
alternativo al pacifismo, ben intenzionato o di maniera, che peraltro non
aveva portato che poco più di 500 persone alla manifestazione di Roma,
anch'essa giusta e opportuna, convocata da Emergency.
Il corteo si è svolto con combattività, ha attraversato quartieri popolari
di Fuorigrotta e Bagnoli, ottenendo attenzione e sostegno, grazie anche alla
denuncia che legava la guerra alle condizioni di vita dei proletari e delle
masse; ha realizzato durante il suo percorso azioni di denuncia verso
Unicredit e Fiat.
Forte è stata la presenza solidale per l'attivista pacifista
internazionalista Vittorio Arrigoni, così come la solidarietà alla lotta del
popolo palestinese.
Proletari comunisti, Red Block, Disoccupati Organizzati dello Slai cobas per
il sindacato di classe hanno costituito una significativa delegazione da
Taranto e Palermo, dietro lo striscione "Via il governo della guerra, della
repressione e della disoccupazione"; hanno portato pannelli e opuscoli di
informazione sulla lotta degli immigrati al Campo di Manduria (TA) e diffuso
massicciamente Proletari comunisti, con la nostra posizione sulla guerra,
sulla Libia e a sostegno delle rivolte arabe.
Contro le posizioni pacifiste e falso antimperialiste, è stato riportato
nella manifestazione lo slogan "La guerra imperialista si può fermare solo
se avanza la guerra popolare". E in questo quadro i manifesti della recente
campagna a sostegno della guerra popolare in India, esprimevano fino in
fondo la linea e la pratica di questo slogan.
La manifestazione si è conclusa all'imbocco del vialone che porta alla Base,
bloccata come era prevedibile da forti contingenti polizieschi.
Dal camion della manifestazioni sono intervenuti i compagni di Napoli, di
Roma, dell'Università di Bologna, Roma e Palermo, della Sardegna.
Per noi, è intervenuta una compagna di Proletari comunisti di Taranto che ha
ripreso e raccontato la lotta con gli immigrati del Campo di Manduria,
portato il saluto di una parte di essi alla manifestazione, lanciato un
nuovo appuntamento al Campo di Manduria per Giugno.
Un compagno di Red Block ha raccontato l'attività svolta a Palermo in
preparazione della manifestazione, ha ripreso la denuncia contro guerra e i
campi di migranti, e riportato ancora una volta le ragioni del sostegno alla
guerra popolare in India nel quadro dell'opposizione al sistema imperialista
e alle sue guerre.
I contenuti della manifestazione espressi anche nelle conclusioni danno
forza alle ragioni del suo svolgimento, che deve essere considerato non la
conclusione di un percorso, ma l'inizio di un percorso del movimento contro
l'imperialismo e la guerra, contro i governi imperialisti europei, contro
l'imperialismo italiano. Temi che vengono affrontati nell'assemblea di oggi,
domenica, e che daranno vita a nuove iniziative
Oltre 2000 compagni hanno partecipato ieri a Napoli alla manifestazione
contro la guerra di aggressione dell'imperialismo verso la Libia e in
solidarietà con i migranti giunti sul nostro territorio.
La manifestazione indetta a livello nazionale ha visto però una
partecipazione essenzialmente napoletana con alcune delegazioni provenienti
da Roma, Taranto, Palermo, Cosenza, e qualche altra. Anche a livello
napoletano vi sono state, nonostante le numerose adesioni alla
manifestazione, diverse realtà che non hanno effettivamente partecipato.
Questo da valore al carattere di avanguardia di massa della manifestazione,
al ruolo di prima fila svolto da numerosi giovani, universitari e studenti
medi, che costituivano oltre un quarto della manifestazione; una
manifestazione necessaria che si assunta il ruolo di rappresentare
nazionalmente tutto il movimento di opposizione alla guerra imperialista,
alternativo al pacifismo, ben intenzionato o di maniera, che peraltro non
aveva portato che poco più di 500 persone alla manifestazione di Roma,
anch'essa giusta e opportuna, convocata da Emergency.
Il corteo si è svolto con combattività, ha attraversato quartieri popolari
di Fuorigrotta e Bagnoli, ottenendo attenzione e sostegno, grazie anche alla
denuncia che legava la guerra alle condizioni di vita dei proletari e delle
masse; ha realizzato durante il suo percorso azioni di denuncia verso
Unicredit e Fiat.
Forte è stata la presenza solidale per l'attivista pacifista
internazionalista Vittorio Arrigoni, così come la solidarietà alla lotta del
popolo palestinese.
Proletari comunisti, Red Block, Disoccupati Organizzati dello Slai cobas per
il sindacato di classe hanno costituito una significativa delegazione da
Taranto e Palermo, dietro lo striscione "Via il governo della guerra, della
repressione e della disoccupazione"; hanno portato pannelli e opuscoli di
informazione sulla lotta degli immigrati al Campo di Manduria (TA) e diffuso
massicciamente Proletari comunisti, con la nostra posizione sulla guerra,
sulla Libia e a sostegno delle rivolte arabe.
Contro le posizioni pacifiste e falso antimperialiste, è stato riportato
nella manifestazione lo slogan "La guerra imperialista si può fermare solo
se avanza la guerra popolare". E in questo quadro i manifesti della recente
campagna a sostegno della guerra popolare in India, esprimevano fino in
fondo la linea e la pratica di questo slogan.
La manifestazione si è conclusa all'imbocco del vialone che porta alla Base,
bloccata come era prevedibile da forti contingenti polizieschi.
Dal camion della manifestazioni sono intervenuti i compagni di Napoli, di
Roma, dell'Università di Bologna, Roma e Palermo, della Sardegna.
Per noi, è intervenuta una compagna di Proletari comunisti di Taranto che ha
ripreso e raccontato la lotta con gli immigrati del Campo di Manduria,
portato il saluto di una parte di essi alla manifestazione, lanciato un
nuovo appuntamento al Campo di Manduria per Giugno.
Un compagno di Red Block ha raccontato l'attività svolta a Palermo in
preparazione della manifestazione, ha ripreso la denuncia contro guerra e i
campi di migranti, e riportato ancora una volta le ragioni del sostegno alla
guerra popolare in India nel quadro dell'opposizione al sistema imperialista
e alle sue guerre.
I contenuti della manifestazione espressi anche nelle conclusioni danno
forza alle ragioni del suo svolgimento, che deve essere considerato non la
conclusione di un percorso, ma l'inizio di un percorso del movimento contro
l'imperialismo e la guerra, contro i governi imperialisti europei, contro
l'imperialismo italiano. Temi che vengono affrontati nell'assemblea di oggi,
domenica, e che daranno vita a nuove iniziative
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domenica 10 aprile 2011
ASSEMBLEA CITTADINA CONTRO LA GUERRA IN LIBIA
MERCOLEDI' 13 APRILE ORE 17.00 NELL'AULA 5 OCCUPATA DELL'ACCADEMIA DI BELLE ARTI SI TERRA' UN'ASSEMBLEA CITTADINA PER ORGANIZZARE LA PARTENZA PER NAPOLI DI SABATO 16 APRILE IN OCCASIONE DEL CORTEO NAZIONALE CONTRO LA GUERRA IN LIBIA. VISITA IL SITO: www.stopwar.altervista.org
sabato 9 aprile 2011
Campagna di sostegno alla guerra popolare in India
Dalla mattina di ieri, 8 aprile 2011, l’appello e la mozione di solidarietà alla guerra popolare in India sta circolando nelle mani degli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese con i quali, durante l’ingresso al primo turno, si sono scambiate battute sui rapporti tra operai delle fabbriche dei cosiddetti paesi civili come l’Italia e paesi “in via di sviluppo” come l’India. Alla Fincantieri dove la maggioranza degli operai è in cassa integrazione è stata fatta l’affissione del manifesto e delle locandine con invito alle due iniziative, quella all’Accademia delle Belle Arti che si è tenuta il 7 aprile e quella presso la sede sindacale dello Slai Cobas per il sindacato di classe prevista per il pomeriggio dell’8. Ieri pomeriggio quindi si è tenuta l’assemblea con lavoratori, precari e alcuni disoccupati. Sono stati spiegati, grazie anche all’ausilio della mostra, di filmati e diapositive, e dei documenti presenti sul banchetto, i motivi della campagna di solidarietà internazionale. È stata sottolineata la necessità dell’informazione praticamente negata dai mezzi di stampa e di comunicazione ufficiali e la differenza di fondo tra la guerra popolare guidata dal partito comunista indiano maoista e le altre “guerre”, Iraq, Afghanistan… o le rivolte cui assistiamo in questi giorni principalmente nei paesi arabi. In particolare si è parlato degli aspetti legati al mondo del lavoro, fabbriche, call center, e alle strette relazioni anche tra le politiche di svendita e privatizzazione del settore pubblico dei vari paesi “sviluppati” ed “emergenti” che peggiorano, o rendono impossibili, le condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse. Sono stati riportati esempi di come i compagni indiani guidano le lotte sindacali organizzando gli operai, i lavoratori, i grandi scioperi e le manifestazioni di massa che vengono messe in campo contro i padroni, il governo indiani. Sempre particolarmente toccante in questi momenti è, all’interno delle condizioni generali, il racconto/denuncia delle condizioni delle donne ma soprattutto la risposta in senso rivoluzionario che queste stesse donne sempre di più danno, aderendo come protagoniste in prima linea nella lotta alla guerra popolare, al governo reazionario indiano che attraverso l’operazione Green Hunt sta commettendo un genocidio contro il proprio popolo. Tra i documenti citati, che denunciano questa operazione e che è stato anche utilizzato un po’ come “guida” nel percorso del sostegno alla guerra popolare, vi è il resoconto di Arundhaty Roy “In marcia con i compagni” che i presenti e in particolare le donne lavoratrici e precarie hanno richiesto con molta curiosità ed interesse. Alla fine è stata letta la mozione di solidarietà che è stata sottoscritta da tutti i presenti. ***** TESTO DELLA MOZIONE India, il paese dove “gli operai bruciano i padroni” Noi operai, lavoratori, precari, disoccupati salutiamo la lotta delle masse popolari indiane contro il regime reazionario indiano e l’imperialismo che lo sostiene.In India le masse lottano contro i padroni che licenziano e sfruttano, contro il carovita, la corruzione e il terrorismo di Stato, con grandi scioperi e manifestazioni, occupazioni di fabbriche, attacchi ai padroni.In India il governo è deciso a vendere le risorse naturali e umane alle multinazionali imperialiste occidentali, ai nuovi monopoli dei padroni delle grandi fabbriche automobolistiche e siderurgiche, come Tata, Essar, Jindal, Mittal, ecc., che traggono dallo sfruttamento selvaggio di operai, spesso donne e bambini, i profitti che permettono loro di divenire acquirenti e partecipanti dei grandi monopoli internazionali del settore, in alleanza anche con i padroni italiani.Contro tutto questo le masse popolari indiane si ribellano e sviluppano una guerra di popolo guidata dal partito della classe operaia indiana, il Partito Comunista dell’India maoista.Il governo indiano e l’imperialismo scatenano contro le masse ribelli una repressione che, sotto il nome di “operazione Green Hunt”, è fatta di massacri, esecuzioni sommarie, repressione verso interi villaggi e settori della popolazione, per cercare di cancellare quello che i padroni del mondo definiscono “la più grave minaccia interna e un pericolo per il sistema internazionale”, la guerra di popolo che ha invece per obiettivo quello di stabilire un governo popolare basato sull’unità di operai e contadini, rovesciando gli imperialisti, la borghesia e le classi feudali.La lotta per i diritti dei lavoratori e dei popoli, la lotta per il lavoro, i salari, le condizioni di vita; la lotta per la libertà, per la democrazia; la lotta per rovesciare il potere dei padroni e per il potere nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari, è una lotta internazionale che ci unisce in ogni angolo del mondo.Per questo esprimiamo la massima solidarietà alle masse popolari indiane, al Partito che le guida, perchè respingano gli attacchi del nemico e avanzino fino alla vittoria. proletari comunisti - PCm Italy campagna di sostegno internazionale alla guerra popolare in India 2-9 aprile diffuso in fabbriche, posti di lavoro, organizzazioni sindacali, lotte proletarie
venerdì 8 aprile 2011
MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA GUERRA IL 16 APRILE A NAPOLI!
L’Italia che a parole ripudia la guerra si è lanciata in una nuova aggressione militare a senso unico, come le precedenti, questa volta contro la Libia che rappresenta la “nostra” quarta sponda. La quinta in vent’anni, la terza nel giro di un decennio in cui si è persa ogni remora nei confronti dell’intervento bellico. Ma a differenza delle altre occasioni pochi sembrano indignarsi, pochi alzano la voce per gridare che questa, come già altre guerre, ha dei motivi ben precisi: le immense ricchezze del sottosuolo libico, il gas, il petrolio, gli affari delle grandi aziende e della grande finanza. Motivi che stanno causando già centinaia di morti fra i libici, e che ne causeranno ancora di più, appena l’uranio impoverito, sganciato in quantità, comincerà a fare effetto. Motivi che potrebbero portare, come già successo nei Balcani, in Afghanistan o in Iraq, alla devastazione della Libia, alla fine della sua sovranità, all’occupazione militare di un territorio-chiave per controllare e addomesticare tutte le rivolte che stanno agitando il Nord Africa e il mondo arabo. Come al solito, la prima vittima della guerra è stata la verità: per giustificare l’uso della forza abbiamo visto squadernarsi tutte le retoriche guerrafondaie, nelle varianti di destra e di “sinistra”. Da un ritrovato e sfacciato spirito colonialista (“dobbiamo intervenire perché la Libia è casa nostra”) al ritornello della guerra umanitaria (“dobbiamo proteggere la popolazione contro il tiranno”), passando ovviamente per i cliché razzisti (“dobbiamo intervenire per portare la democrazia ai popoli sottosviluppati”). Soprattutto si è cercato di neutralizzare l’impatto emotivo di una nuova guerra, di farla sparire dalla nostra percezione, di inserirla nel tessuto della quotidianità, parlando di “no-fly zone”, “pattugliamento umanitario”, “sostegno ai ribelli”. Dovremmo sapere bene cosa si nasconde dietro questi eufemismi: il profitto delle multinazionali dell’energia, il desiderio delle potenze occidentali di accaparrarsi, anche dopo il disastro nucleare giapponese, risorse preziose in tempo di crisi, la voglia di controllare un pezzo di mondo che si è risvegliato e cerca da sé la sua libertà. Si interviene in Libia proprio come si sono sostenuti fino alla fine i regimi di Ben Alì o Mubarack, o come si appoggia la repressione dei movimenti popolari in Bahrein o nello Yemen… Ancora una volta il “diritto internazionale” si rivela nei fatti solo la legge del più forte. Giusto otto anni fa, contro analoghe menzogne, eravamo in milioni a scendere in piazza. Oggi il silenzio dei pacifisti e dei movimenti è assordante, mentre la sinistra istituzionale si nasconde dietro ad una risoluzione ONU scritta, come già altre volte, ad uso e consumo di USA, Gran Bretagna e Francia, mentre a spingere per l’intervento ci sono in prima fila il PD ed il Presidente Napolitano… Ad “opporsi” alla guerra c’è solo la destra estrema della Lega, che parla di “invasione dei clandestini”, lascia marcire i profughi a Lampedusa, crea strumentalmente un’emergenza umanitaria, esaspera l’odio contro i più deboli e i “dannati della terra” per rastrellare voti sotto elezioni. Forse è giunto il momento di riscattare questa vergognosa Italia, che dal baciamano a Gheddafi, il “nostro miglior alleato”, è passata alle bombe, per paura di perdere i propri affari in Libia. È giunto il momento di dire la nostra, mentre riscrivono la storia del Mediterraneo attraverso le bombe, la violazione dei diritti dei migranti e la continua militarizzazione del nostro e del loro territorio. È giunto il momento di affermare che non esistono interessi “nazionali”, ma solo gli interessi degli sfruttati e dei dominati di tutto il mondo contro quelli dei dominanti e dei regimi di tutto il mondo. È giunto il momento di proclamare che i popoli, e lo hanno scritto in questi giorni proprio i tunisini e gli egiziani in rivolta, o si liberano da soli o non si liberano affatto. Tutto questo lo vogliamo dire chiaro e forte proprio a Napoli, dove è appena passato il comando dell’operazione ora a guida NATO. Ed è per questo che facciamo appello ai movimenti, alle associazioni, ai comitati, alle forze politiche e sindacali, a tutti i pacifisti coerenti ed a tutti i cittadini a far crescere in tutta Italia la mobilitazione contro la guerra e costruire insieme una grande manifestazione nazionale proprio a Napoli, sabato 16 aprile. Una manifestazione che, schierandosi a fianco del popolo libico e di tutte le popolazioni in rivolta dell'area, chieda: • La fine immediata dei bombardamenti e dell'aggressione militare; • La fine di ogni ingerenza straniera, compresa l’ipotesi di embargo e di sequestro dei beni libici non meno criminale dell’aggressione militare; • Il diritto d'asilo per tutti i profughi e i migranti in fuga; • Il taglio delle spese militari e l’utilizzo di fondi e mezzi per le vere priorità sociali di un’Italia in crisi: casa, lavoro, servizi sociali, reddito garantito, provvedimenti a difesa del territorio e dell’ambiente; Chiediamo a tutte e tutti di diffondere e sottoscrivere quest’appello, per cercare nelle due settimane che abbiamo davanti di costruire insieme una grande e determinata manifestazione contro la guerra! Nel caso questo appello dovesse incontrare come speriamo, il sostegno delle più significative realtà impegnate nella lotta contro la guerra proponiamo di tenere il giorno successivo alla manifestazione, domenica 17 aprile, una Assemblea nazionale del movimento contro la guerra per discutere insieme come proseguire la lotta contro questa infame politica che va a seminare in nome dell’umanità e della democrazia morte e distruzione presso altri popoli, con la vigliacca consapevolezza che questi paesi non hanno nemmeno le armi per potersi difendere adeguatamente di fronte alle micidiali armi di distruzione di massa utilizzate. ASSEMBLEA NAPOLETANA CONTRO LA GUERRA per info, adesioni e contatti: assembleanowar.na@gmail.com Visita il sito per vedere le adesioni (in aggiornamentob continuo)
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giovedì 7 aprile 2011
Palermo accademia di belle arti ..SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA
PALERMO 7 APRILE:
Il Cail, Collettivo Autorganizzato dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, ha ospitato i rappresentanti locali del Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India nell'aula 5 occupata di Palazzo Santa Rosalia, edificio situato in pieno centro a Palermo e adiacente al quartiere popolare "Capo".
La settimana di propaganda in città con attacchinaggi estesi del manifesto nazionale e volantinaggi dell’appello, è sfociata in questa prima iniziativa oggi che ha visto la partecipazione di studenti e lavoratori all'assemblea di informazione accompagnata dalla proiezione di immagini e video sulla guerra popolare in corso in India.
Una buona partecipazione è venuta anche da alcuni studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia che si stanno avvicinando alla politica e sono stati coinvolti dalla propaganda effettuata dall'organizzazione giovanile Red Block .
I temi approfonditi sono stati molteplici: l'India paese complesso definito dalla borghesia “emergente” - le condizioni di vita degli operai e delle masse contadine - la guerra popolare in corso guidata dal Pci maoista con accenni storici sulla sua formazione e sviluppo della guerra popolare - la repressione del governo indiano contro le masse rivoluzionarie con approfondimenti in merito all'operazione Salwa Judum e l'attuale operazione Green Hunt (caccia verde)- le condizioni di vita delle donne soggette ad un’oppressione “di lunga durata” di classe, di genere e feudale soprattutto per le donne che vivono nelle zone dell’entroterra, la loro ribellione e adesione crescente alla guerra popolare, la lotta delle compagne contro il maschilismo e patriarcalismo nella società e all'interno del partito - la via del maoismo e della guerra popolare.
Sono stati messi a disposizione e quindi presentati alcuni materiali scritti per approfondire la questione, tra questi l'opuscolo pubblicato dalla rivista "Internazionale” della scrittrice Arundathi Roy "Nella giungla con i maoisti" e la rivista “Maoist Road”.
Nell'aula è stata anche visionata per la prima volta a Palermo la mostra concettuale fornita dal comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India.
Tutti i partecipanti hanno dimostrato interesse per l'iniziativa visto che non capita tutti i giorni, fino ad ora, di sentire parlare di guerre di popolo all'interno dei luoghi della "formazione" che siano scuole, Università, Accademie di Belle Arti o altro ancora.
L'iniziativa si è conclusa con un aperitivo sociale in un clima piacevole tra i partecipanti che sono stati messi a conoscenza dell’altra iniziativa prevista per domani, una assemblea proletaria presso la sede dello Slai Cobas per il sindaacto di classe.
Il Cail, Collettivo Autorganizzato dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, ha ospitato i rappresentanti locali del Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India nell'aula 5 occupata di Palazzo Santa Rosalia, edificio situato in pieno centro a Palermo e adiacente al quartiere popolare "Capo".
La settimana di propaganda in città con attacchinaggi estesi del manifesto nazionale e volantinaggi dell’appello, è sfociata in questa prima iniziativa oggi che ha visto la partecipazione di studenti e lavoratori all'assemblea di informazione accompagnata dalla proiezione di immagini e video sulla guerra popolare in corso in India.
Una buona partecipazione è venuta anche da alcuni studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia che si stanno avvicinando alla politica e sono stati coinvolti dalla propaganda effettuata dall'organizzazione giovanile Red Block .
I temi approfonditi sono stati molteplici: l'India paese complesso definito dalla borghesia “emergente” - le condizioni di vita degli operai e delle masse contadine - la guerra popolare in corso guidata dal Pci maoista con accenni storici sulla sua formazione e sviluppo della guerra popolare - la repressione del governo indiano contro le masse rivoluzionarie con approfondimenti in merito all'operazione Salwa Judum e l'attuale operazione Green Hunt (caccia verde)- le condizioni di vita delle donne soggette ad un’oppressione “di lunga durata” di classe, di genere e feudale soprattutto per le donne che vivono nelle zone dell’entroterra, la loro ribellione e adesione crescente alla guerra popolare, la lotta delle compagne contro il maschilismo e patriarcalismo nella società e all'interno del partito - la via del maoismo e della guerra popolare.
Sono stati messi a disposizione e quindi presentati alcuni materiali scritti per approfondire la questione, tra questi l'opuscolo pubblicato dalla rivista "Internazionale” della scrittrice Arundathi Roy "Nella giungla con i maoisti" e la rivista “Maoist Road”.
Nell'aula è stata anche visionata per la prima volta a Palermo la mostra concettuale fornita dal comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India.
Tutti i partecipanti hanno dimostrato interesse per l'iniziativa visto che non capita tutti i giorni, fino ad ora, di sentire parlare di guerre di popolo all'interno dei luoghi della "formazione" che siano scuole, Università, Accademie di Belle Arti o altro ancora.
L'iniziativa si è conclusa con un aperitivo sociale in un clima piacevole tra i partecipanti che sono stati messi a conoscenza dell’altra iniziativa prevista per domani, una assemblea proletaria presso la sede dello Slai Cobas per il sindaacto di classe.
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martedì 5 aprile 2011
PALERMO A SOSTEGNO DELLA GUERRA POPOLARE IN INDIA!
VISITA IL BLOG DEL COMITATO INTERNAZIONALE DI SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA:
www.guerrapopolare-india.blogspot.com
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domenica 3 aprile 2011
CAMPAGNA INTERNAZIONALE DI SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA
I giovani maoisti di Red Block, organizzazione giovanile di proletari comunisti- Pcm Italia, aderisce alla Campagna Internazionale di Sostegno alla Guerra Popolare in India.
In india è in corso una Guerra Popolare combattuta dall’eroico Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione e diretto dal glorioso Partito Comunista Indiano (maoista) che sta cambiando il volto del secondo paese più popolato al mondo.
Nella “più grande democrazia del mondo” dove in realtà la gran parte del popolo vive nella miseria ed espropriato dei propri diritti fondamentali per il profitto del capitalismo indiano asservito all’imperialismo, nelle zone liberate si sta sviluppando la democrazia popolare delle masse povere, contadine, adivasi e tribali, delle donne, un vero e proprio embrione dello stato di nuova democrazia preludio del socialismo. Lo stato reazionario indiano vuole stroncare sul nascere tutto ciò e l’anno scorso ha lanciato l’operazione green hunt, una vera e propria guerra contro i popoli che lottano in India con impiego di centinaia di migliaia di paramilitari, una campagna genocida e criminale a cui il popolo sta resistendo con eroismo sia nel “Corridoio Rosso” che nel resto dell’India dove trova la solidarietà dell’intellighenzia democratica nelle università e nelle città in generale.
Con genuino spirito internazionalista appoggiamo la Guerra Popolare in India perché è determinante per l’avanzamento della rivoluzione mondiale, per noi giovani rivoluzionari maoisti operanti nelle cittadelle e metropoli imperialiste, la Guerra Popolare in India è fonte d’ispirazione e di incoraggiamento nel nostro lavoro rivoluzionario.
Per questo saremo impegnati,in particolare durante la campagna, nell’informazione e mobilitazione dei giovani a sostegno della Guerra Popolare in India nelle scuole, università e nei quartieri proletari dove siamo presenti.
Viva il marxismo-leninismo-maoismo!
Viva la Guerra Popolare in India!
Viva le masse indiane dirette dal PCI(m)!
Viva l'eroico EGLP!
Per un secolo di Guerre Popolari!
Red Block
2 aprile 2011
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